Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 10448 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 10448 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12368/2021 R.G. proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma alla INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE nuova denominazione di RAGIONE_SOCIALE in qualità di incorporante di RAGIONE_SOCIALE
AVVISO DI ACCERTAMENTO
giusta atto di fusione per incorporazione del 23.12.2024 per notaio dott. NOME COGNOME Rep. N. 81492, Racc. n. 53003, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale in calce al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA, n. 2522/2020, depositata in data 2/11/2020;
Udita la relazione della causa svolta dal consigliere dott. NOME COGNOME nella camera di consiglio del 5 febbraio 2025;
Fatti di causa
L’atto impositivo ebbe origine dal processo verbale di constatazione redatto dall’Agenzia delle Entrate e consegnato alla Liguria Assicurazioni S.p.A. in data 17/7/2012.
La società verificata optò per il consolidato nazionale come consolidata e, pertanto, ai soli fini Ires, ai sensi dell’art. 117 Tuir, il suo reddito concorse alla determinazione di un’unica base imponibile in capo alla consolidante, la UnipolSai Assicurazioni S.p.A. (d’ora in avanti, anche ‘la contribuente’ ).
Con l’avviso di accertamento, l’Ufficio , ai sensi degli artt. 40 bis e 41 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, accertò, ai fini Ires, il maggior reddito imponibile di euro 109.939 e la maggiore imposta di euro 30.233, rilevando la violazione degli artt. 101, comma 5 e 106, comma 5, Tuir, ed irrogò le sanzioni per dichiarazione infedele.
Su ricorso della contribuente, la C.T.P. di Milano confermò l’avviso di accertamento.
Su appello della contribuente, nel contraddittorio con l’Ufficio, la C.T.R. riformò la sentenza di primo grado, annullando l’avviso di accertamento.
Avverso la sentenza di appello, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
La contribuente resiste con controricorso.
Essa ha depositato una memoria difensiva in vista dell ‘adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis.1. c.p.c.
Ragioni della decisione
1.Con il primo motivo di ricorso, rubricato ‘Nullità della sentenza per violazione dell’art. 1 della legge n. 742/1969 e dell’art. 6, comma 11 del d.l. n. 119/2018. Inammissibilità dell’appello della società in quanto tardivamente proposto . Denuncia ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c.’ , l’Agenzia delle Entrate censura la sentenza impugnata per non aver dichiarato inammissibile l’appello della contribuente per tardività.
In particolare, rileva che, nel caso di specie, si applica il comma 11 dell’art. 6 del d.l. n. 119 del 2018, che prevede che, per le controversie soggette potenzialmente a definizione agevolata, sono sospesi per nove mesi i termini di impugnazione delle pronunce giurisdizionali che spirano tra il 24 ottobre 2018 e il 31 luglio 2019.
Orbene, secondo l’Agenzia, essendo stata la sentenza della C.T.P. depositata il 9 aprile 2018, considerando i sei mesi dal deposito (termine lungo per impugnare) a cui si sommano i trentuno giorni del periodo di sospensione feriale del 2018 , l’appello andava a scadere il 9 novembre 2018 , termine di scadenza che, dunque, ai sensi dell’art. 6 del citato decreto – legge, era sospeso fino al 9 agosto 2019.
La C.T.R. avrebbe errato nel ritenere che l’intero periodo feriale del 2019 doveva essere scomputato dal termine per impugnare: la sospensione ex lege dei termini di impugnazione non potrebbe cumularsi con la sospensione dei termini feriali, sicché, essendo venuto a scadere il termine in data 9 agosto 2019, avrebbe dovuto operare un semplice differimento dello stesso al 2 settembre successivo (essendo il 1° settembre un giorno festivo).
1.1. Il motivo è infondato.
La sezione ha chiarito che in caso di sospensione del termine per impugnare recata dalla disciplina in tema di definizione agevolata, essa assorbe la sospensione dei termini feriali, che dunque non si cumula alla prima, a meno che il termine, tenendo conto della sospensione recata dalla disciplina in tema di definizione agevolata, non venga a scadere all’interno del periodo di sospensione feriale, perché in tal caso esso deve essere integralmente scomputato (Cass., Sez. 5 -, Ordinanza n. 10252 del 29/05/2020, Rv. 657875 – 01).
Ne consegue che, nel caso di specie, essendo venuto a scadere il termine per impugnare, considerando la sospensione ai sensi della disciplina in tema di definizione agevolata, il 9 agosto 2019, all’interno del periodo feriale del 2019, il termine scadeva il 9 settembre successivo, sicché l’appello, proposto il 6 settembre 2019, era tempestivo.
2.Con il secondo motivo di ricorso, rubricato ‘Falsa applicazione degli artt. 101, comma 5, e 106, comma 5, del d.P.R. n. 917 del 1986. Denunzia ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 del c.p.c.’ , l’Agenzia delle Entrate censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che le rettifiche su crediti effettuate da imprese assicurative verso assicurati non sono interessate dal principio contabile OIC 15, e che dunque esse non devono costituire un fondo svalutazione crediti, trovando, i crediti verso gli assicurati, la loro disciplina nell’art. 16,
comma nove, del d.lgs. n. 173/1997, che prevede l’iscrizione dei crediti in bilancio secondo il valore presumibile di realizzazione e l’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 106, commi 3 e 5, del d.P.R. n. 917 del 1986 alle loro svalutazioni.
La C.T.R. avrebbe avallato una operazione di svalutazione di crediti che invece era, sostanzialmente, una appostazione di perdita su crediti senza i requisiti normativi di definitiva inesigibilità previsti per tale appostazione.
2.1. Il motivo è infondato.
Questa Corte ha statuito che in tema di svalutazione dei crediti per la determinazione del reddito d’impresa, è legittima e non costituisce indebito vantaggio fiscale per il contribuente l’imputazione a conto economico di crediti integralmente svalutati che, prescindendo dal criterio quantitativo (nella specie, svalutati al 100 per cento, con loro iscrizione in bilancio con valore pari a zero), a conclusione di un’analisi valutativo-estimativa, poggi esclusivamente sulla riconosciuta sussistenza del rischio d’inesigibilità ragionevolmente prevedibile, ma non ancora definitiva, trattandosi di crediti che non sono venuti meno né giuridicamente né economicamente e sono suscettibili di “ripresa di valore”, per rivalutazione e per incasso, donde la loro deducibilità ai sensi degli artt. 101 e 106 T.U.I.R., che consente agli enti creditizi e finanziari di cui al d.lgs. n. 87 del 1992 di dedurre in ciascun esercizio le perdite se risultanti da elementi certi e precisi (Cass., Sez. 5-, Ordinanza n. 34483 del 16/11/2021, Rv. 663031 -01; cfr. anche Cass., sez. 5-, n. 22763/2021).
Ancora, si è detto che in tema di redditi di impresa, il discrimine tra “perdite sui crediti” e “svalutazione dei crediti” si correla alla definitività del venir meno della posta attiva, nel senso che, alla stregua di un giudizio prognostico, si ha perdita del credito quando esso è divenuto definitivamente inesigibile, mentre si ha svalutazione quando il credito
è solo temporaneamente non realizzabile (Cass., Sez. 5-, Ordinanza n. 10686 del 04/05/2018, Rv. 648070 – 01).
La sentenza impugnata, dunque, non si pone in contrasto con le norme evocate nel motivo di ricorso in esame, il quale, peraltro, nella parte in cui contesta la sussistenza dei presupposti di fatto della operata svalutazione a zero, impinge nel merito del giudizio espresso dalla C.T.R., sconfinando nella inammissibilità.
3.Con il terzo motivo di ricorso, rubricato ‘ Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Denunzia ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c.’ , l’Agenzia delle Entrate censura la sentenza impugnata per non avere esaminato gli elementi indiziari dedotti dall’Ufficio.
In particolare, l’Agenzia aveva contestato il criterio di classificazione adoperato dalla società contribuente, secondo il quale alcuni crediti, fino ad un certo valore nominale, erano stati classificati come ‘persi’ , altri, di importo nominale superiore, erano stati fatti oggetto di una svalutazione a zero.
3.1. Il motivo è inammissibile.
Esso tende ad un sindacato del giudizio di merito espresso dalla C.T.R. sulla ricorrenza dei presupposti fattuali della svalutazione a zero operata dalla società, presupposti ritenuti esistenti dal giudice di appello in base ad un percorso argomentativo ragionevole.
4. Il ricorso è rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento, in favore di UnipolSai Assicurazioni S.p.A., delle spese del giudizio, che si liquidano in euro cinquemiladuecento per compenso, oltre al rimborso delle spese generali, iva e cpa come per legge, ed oltre ad euro duecento per spese vive.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, d à atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5 febbraio 2025.