Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9561 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9561 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17585/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVAP_IVA che la rappresenta e difende
-controricorrente-
nonché
contro
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE DIREZIONE PROVINCIALE DI LATINA
-intimata- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. del LAZIO -sez. staccata di LATINA – n. 271/2016 depositata il 21/01/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/03/2024 dal Co: COGNOME NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE opera nel settore dell’edilizia in agro di Latina ed era attinta da avviso di accertamento con sistema statistico degli studi di settore sull’anno di imposta 2005.
Non avendo trovato riscontro nel contraddittorio preventivo, adiva il giudice di prossimità protestando la crisi del settore, l’inattendibilità della statistica degli studi di settore, altre sentenze favorevoli sull’anno di imposta precedente, trovando app rezzamento in primo grado, ma con integrale riforma della sentenza in appello che confermava così l’impianto impositivo, affermando l’assenza di critico apprezzamento del giudice di primo grado alle altre sentenze favorevoli alla contribuente, l’autonomia degli atti di imposta, ben giustificata dal diverso andamento societario per la realizzazione degli immobili nel 2004 e nella loro messa in vendita nel 2005, nonché l’irrilevanza dei valori OMI non potendosi equiparare appartamenti usati (OMI) con il nuovo messo in vendita nel caso in oggetto.
Ricorre per cassazione la società contribuente, affidandosi a due mezzi, cui replica il patrono erariale con tempestivo controricorso.
CONSIDERATO
Vengono proposti due motivi di ricorso.
Con il primo motivo si prospetta censura ai sensi dell’art. 360 numero 3 del codice di rito civile, per la violazione degli articoli 115, 116,132 numero 4 dello stesso codice, nonché 118 RAGIONE_SOCIALE disposizioni
di attuazione del medesimo codice di procedura civile, come modificato dalla legge numero 69 del 2009, nonché in violazione dell’articolo 1, secondo comma, del decreto legislativo numero 546 del 1992.
Nel concreto si lamenta che la sentenza qui in scrutinio non abbia fatto propri i principi della succinta motivazione cui dovrebbero attenersi tutte le pronunce giurisdizionali in materia tributaria.
Il motivo non può essere accolto, atteso che altro è la succinta motivazione, altro è il recepimento acritico di diversa pronuncia, in disparte il principio di autonomia degli anni di imposta che esclude l’automatica rilevanza del giudicato esterno fra sentenze aventi ad oggetto la stessa società contribuente, ma inerenti a diversi periodi fiscali.
Infatti, per questa Suprema Corte di legittimità, la motivazione per relationem “è legittima soltanto nel caso in cui a) si riferisca ad una sentenza che abbia già valore di giudicato tra le parti b) ovvero riproduca la motivazione di riferimento, autonomamente ed autosufficientemente recepita e vagliata nel contesto della motivazione condizionata” (Cass., S.U. n.14815/2008).
Inoltre, si è affermato che, nel processo tributario, la motivazione di una sentenza può essere redatta “per relationem” rispetto ad altra sentenza non ancora passata in giudicato, purché resti “autosufficiente”, riproducendo i contenuti mutuati e rendendoli oggetto di autonoma valutazione critica nel contesto della diversa, anche se connessa, causa, in modo da consentire la verifica della sua compatibilità logico – giuridica. La sentenza è, invece, nulla, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., qualora si limiti alla mera indicazione della fonte di riferimento e non sia, pertanto, possibile individuare le ragioni poste a fondamento del dispositivo (Cass. VI -5, n. 107/2015; n. 5209/2018; n. 17403/2018; n. 21978/2018).
Sotto l’altro profilo, l’autonomia degli atti di imposta, che è la regola, può essere superata solo dimostrando la continuità e l’oggettività di determinati elementi caratterizzanti la fattispecie, perché in tema di contenzioso tributario, qualora due giudizi tra le stesse parti facciano riferimento al medesimo rapporto giuridico, l’accertamento compiuto in uno di essi con sentenza passata in giudicato, relativamente a situazioni giuridiche o a soluzioni di questioni di fatto o di diritto in ordine a un punto fondamentale comune ad entrambi, preclude l’esame dello stesso punto nell’altro giudizio, non trovando ostacolo l’efficacia del giudicato nell’autonomia dei periodi d’imposta, ove gli elementi costitutivi della fattispecie, estendendosi a più periodi d’imposta, assumano carattere tendenzialmente permanente (Cass. VI-5, n.18875/2016). Al contrario, nel caso che qui occupa, la sentenza in scrutinio ha ben distinto fra l’anno in cui gli immobili erano in costruzione e quello in cui erano in vendita, diverso essendo lo sforzo economico (e, quindi, il profitto) di una società di costruzioni edili (cfr. pag. 3, secondo capoverso, sentenza impugnata).
Il motivo non può quindi essere accolto.
Con il secondo motivo di ricorso si profila ancora censura in base all’articolo 360 numero 3 del codice di procedura civile per violazione dell’articolo 53 della Costituzione repubblicana, degli articoli 2697 e 2729 del codice civile, nonché degli articoli 113 e 116 del codice di procedura civile, nonché del decreto-legge numero 81 del 2007. Più specificamente, si contesta la rilevanza meramente presuntiva degli studi di settore virgola in suscettibile di assurgere a prova piena.
Il motivo è infondato e non può essere accolto.
Anche recentemente questa Corte regolatrice ha avuto modo di richiamare la natura dell’accertamento mediante sistemi statistici, affermando che la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità,
precisione e concordanza non è “ex lege” determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standards” in sé considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente. In tale sede, quest’ultimo ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli “standards” o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello “standard” prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente. L’esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità degli “standards” al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte, nel qual caso, però, egli assume le conseguenze di questo suo comportamento, in quanto l’Ufficio può motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli “standards”, dando conto dell’impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale invito, ed il giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all’invito (Cass. V, n. 24931/2022).
La fase procedimentale e quella giurisdizionale si sono concluse con una prevalenza probatoria a favore dell’Ufficio, che assurge a prova piena. Pertanto, il motivo non può essere accolto.
In definitiva, il ricorso è infondato e va rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in €.quattromilacento/00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 05/03/2024.