Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33350 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33350 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 19/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5466/2021 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della SICILIA-SEZ.DIST. CATANIA n. 3717/2020 depositata il 08/07/2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/09/2024 dal
Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Dalla sentenza in epigrafe emerge che con sentenza n. 204/02/2013 la CTP di Ragusa ‘accoglieva, in conseguenza di carenza di motivazione dell’atto impositivo, il ricorso proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE contro l’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Ragusa – per l’annullamento di avviso di accertamento IVA-II.DD. anno 2006 a seguito scostamento derivante dall’applicazione dello studio di settore di riferimento dei ricavi dichiarati, per l’attività di commercio all’ingrosso di apparecchi e accessori per impianti idraulici, con quelli risultanti dall’applicazione degli studi di settore di cui all’art. 62-sexies del D.L. n. 331/1993, per incoerenza dell’indice di rotazione del magazzino’.
Proponeva appello l’Ufficio, accolto dalla CTR della Sicilia, con la sentenza in epigrafe, sulla base della seguente letterale motivazione:
all’esame degli atti e della normativa, si evincono le ragioni dell’A.F. nel sostenere la legittimità dell’accertamento, che ha tratto origine dallo scostamento dei ricavi dichiarati con quelli risultanti dall’applicazione degli studi di settore , evidenziando l’incongruenza dei ricavi e della redditività reiterata nel tempo e l’incoerenza degli indicatori della rotazione di magazzino.
‘atto impositivo risulta sufficientemente motivato e riporta gli altri elementi a supporto delle risultanze dello studio
di settore, avendo fatto riferimento alla reiterazione negli anni dell’incongruenza dei ricavi dichiarati e del risultato di esercizio, con una perdita di esercizio che non risulta giustificata, oltre alla situazione personale dei soci con consistenti acquisti immobiliari.
Dal canto suo, la società, nonostante l’impegno argomentativo, poco ha aggiunto, sostanzialmente, a sostengo delle sue motivazioni, dilungandosi, essenzialmente, su astratte considerazioni sugli studi di settore senza, però, soffermarsi adeguatamente sul caso concreto e documentare e chiarire la reale situazione dell’attività e non allargando, così, la visione sulla effettiva capacità impositiva scaturente dalla gestione, non riuscendo a confutare adeguatamente l’operato dell’Ufficio e dimostrare le proprie ragioni partendo dal dato della scarsa redditività e dei risultati d’esercizio negativi; soprattutto, infatti, non è riuscita a fornire valide argomentazioni sui redditi negativi a suo tempo dichiarat a fronte di tutti gli elementi che emergono dalle risultanze contabili e, principalmente, sui volumi d’affari sempre notevolmente crescenti.
L’accertamento si appalesa, quindi, legittimo e fondato .
La contribuente propone ricorso per cassazione con tre motivi; resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso. La contribuente deposita memoria, anche in chiave di replica alle argomentazioni agenziali in controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo si denuncia: ‘Nullità della sentenza per omessa motivazione in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 36
e 61 e dell’art. 118 disp. att. c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4′.
1.1. ‘La decisione impugnata non risulta minimamente sostenuta dall’espressione di un percorso motivazionale che faccia comprendere le ragioni della conclusione assunta, risolvendosi piuttosto, in un coacervo di mere affermazioni del tutto sganciate dalla fattispecie oggetto del giudizio, in cui la ricorrente aveva evidenziato la abnormità delle risultanze dell’accertamento dovute all’applicazione degli INE , e che la sentenza di primo grado aveva condiviso’. ‘I Giudici di appello travisato i termini della controversia muovendo dalla premessa che il ricorso proposto dalla ricorrente sarebbe stato circoscritto, assai riduttivamente, nella richiesta di ‘annullamento per incoerenza dell’indice di rotazione del magazzino’ , così comprovando come sia stato del tutto trascurato dalla Commissione regionale l’impatto sulle risultanze dello studio di settore TM11U dell’automatica ed immotivata applicazione degli INE e del loro evidente malgoverno. La ricorrente aveva, infatti, evidenziato come nella specie ‘l’applicazione degli INE’ conduceva ad una ‘conclusione decisamente irragionevole ed implausibile’, atteso che, contraddittoriamente, conducono alla rilevazione di una ‘maggiorazione del volume di affari ai fini dell’adeguamento IVA di €. 446.194,00 rispetto ad un maggior ricavo che ai fini dell’adeguamento II.DD. e IRAP risulta circoscritto all’ammontare di €. 42.297,00’ , e che l’incongruenza dei ricavi discendeva soltanto dallo scostamento con gli INE, mentre i ricavi risultavano coerenti alla luce dell’applicazione dello studio di settore e la dichiarazione era congrua ai sensi dell’art. 62-bis d.l. 331/1993 ‘.
1.2. Il motivo è manifestamente infondato.
È sufficiente una semplice lettura della sentenza impugnata per appurare come la stessa esibisca una motivazione effettiva, sia dal punto di vista grafico che contenutistico, dovendosi per l’effetto escludere alcuna ipotesi di omessa motivazione o di motivazione meramente apparente. Quel che il motivo mira a censurare è costituito, non da un’assenza grafica o contenutistica della motivazione, ma piuttosto dalle argomentazioni che la CTR ha profuso per addivenire alla decisione. Nondimeno, la deduzione di un tale vizio non è più consentita, quand’anche si avesse a riqualificare la censura ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. Vale, invero, l’insuperato insegnamento secondo cui ‘la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al ‘minimo costituzionale’ del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella ‘mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico’, nella ‘motivazione apparente’, nel ‘contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili’ e nella ‘motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile’, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ‘sufficienza’ della motivazione’ (Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830 -01).
Con il secondo motivo si denuncia: ‘Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 39 comma 1 lett. d) del d.p.r. 600 del 1973 e
dell’art. 62-sexies del d.l. 331 del 1993 in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 3′.
2.1. ‘Nonostante la ricorrente avesse allegato e comprovato, tanto in sede di contraddittorio, quanto in sede di giudizio, circostanze di fatto afferenti all’inapplicabilità dello strumento statistico al caso di specie, nonché l’abnormità delle risultanze degli INE utilizzati dalla resistente, il giudice di secondo grado ha del tutto omesso di verificare la applicabilità dello standard prescelto al caso concreto, il cui onere era a carico della resistente. Invero, la ricorrente aveva evidenziato l’inattendibilità degli Indici di Normalità Economica utilizzati dalla resistente sotto diversi profili, ossia: a) La circostanza per la quale a seguito dell’applicazione dello studio di settore TM11U prescelto dalla resistente, i ricavi dichiarati dalla odierna ricorrente risultavano perfettamente congrui, mentre lo scostamento discendeva solo ed esclusivamente dai risultati degli INE che conducevano ad un abnorme scostamento . b) Un ulteriore elemento da cui emerge all’evidenza l’inattendibilità degli indici di normalità economica applicati alla fattispecie concreta, risiede nella discrasia tra il maggior volume d’affari ai fini IVA accertato dall’Ufficio e i maggiori ricavi accertati ai fini Ires ed Irap . c) Un ulteriore elemento che incideva sull’attendibilità dello studio applicato e degli INE, afferiva al cluster dell’attività svolta preso in considerazione nello studio di settore. In particolare, veniva rilevato che ‘l’attività svolta, identificata con il codice 51542 non corrisponde al cluster 8 in cui viene automaticamente inserita dallo studio di settore e che il disallineamento era imputabile ad una mal governata … …. interferenza degli INE, introdotti, peraltro in via transitoria e sperimentale, dall’art. 1, comma 14, della finanziaria 2007’ (v. ricorso pag. 23). Invero, il cluster 8 descrive i ‘punti vendita di termoidraulica per utilizzatori professionali’ (avviso di accertamento
pag. 4), laddove invece, l’attività effettivamente svolta dalla società è ‘la commercializzazione di prodotti finalizzati … … alla realizzazione e/o alla manutenzione di impianti per il condizionamento, non direttamente contemplati dallo studio’ (v. pag. 3 memorie illustrative in primo grado dell’8 febbraio 2013); d) Ancora, la ricorrente evidenziava la società era ‘stata costituita nel corso dell’anno 2004 (durante il quale sono stati effettuati solo acquisti e nessuna vendita) ed è entrata in attività nell’anno 2005, conseguendo un volume di affari di € 141.333,00. Nel corso dell’esercizio 2006, oggetto dell’accertamento, il volume di affari è stato più che raddoppiato in € 288.152,00. Invece, secondo le risultanze dello studio di settore applicato, la società avrebbe dovuto conseguire un volume di ricavi di € 734.346,00 ovverossia avrebbe dovuto più che quadruplicare il volume di affari, rispetto a quello conseguito nell’esercizio precedente: il che, all’evidenza, è semplicemente irragione vole ed implausibile’ (v. ricorso pag. 23). e) Ancora, veniva evidenziato che ‘dallo studio di settore applicato emerge la coerenza dell’indice di , del e del mentre … si rivela incoerente solo l’indice di , dovuto al fatto che la società è stata ‘ (pag. 3 ricorso, nota 4) f) Veniva altresì contestato il riferimento, contenuto nell’avviso di accertamento, alla ‘posizione reddituale dei singoli soci’ (v. pag. 7 avviso di accertamento) NOME e NOMECOGNOME dal momento che i predetti soci ‘sono entrambi cittadini maltesi e residenti a Malta’ (v. pag. 2 ricorso), per cui non si vede come la posizione reddituale dei singoli soci di una società a responsabilità limitata possa ritenersi non coerente rispetto alla
capacità di spesa individuata dagli elementi indicati nell’atto impugnato’. La CTR ‘ha confermato l’avviso di accertamento impugnato senza fare minimamente riferimento alle specifiche e dettagliate contestazioni della ricorrente sull’applicabilità dello studio di settore al caso concreto. Piuttosto, ha ritenuto legittimo e fondato l’accertamento sulla scorta di mere asserzioni circa la legittimità dell’accertamento, omettendo il necessario esame dell’applicabilità dello studio di settore e degli INE alla fattispecie in esame ‘.
2.2. Il motivo è inammissibile e comunque manifestamente infondato.
È inammissibile in quanto fa insistito riferimento ad elementi di fatto che dà per acquisiti, senza indicare le fonti donde evincerli nella loro riferita consistenza e senza, viepiù, riportare, almeno nelle parti rilevanti, l’avviso di accertamento, gli eventuali ulteriori documenti prodotti (neppure localizzati agli atti dei fascicoli di merito) e finanche -al di là di fugaci stralci del solo ‘ricorso’ (i.e., dell’atto introduttivo del giudizio) -le controdeduzioni della contribuente in appello, fondanti le devoluzioni al corrispondente giudice.
Ad ulteriore specificazione di quanto precede, esso non dimostra l’asserita ‘mal governata … …. interferenza degli INE’, cui sembra attribuire per intero, ma solo locutoriamente, una rappresentazione dei risultati economici dell’attività d’impresa non corrispondente alla realtà: una realtà, a sua volta, non minimamente circostanziata, sia nelle sue caratterizzazioni essenziali sia, ‘a fortiori’, nella restituzione di risultati insuscettivi -per non esplicitate ragioni -di essere inquadrati nello studio di settore e negli indici di normalità economica che -in tesi -avrebbero sovvertito le risultanze dello studio stesso.
Ulteriormente, il motivo è in buona sostanza inteso a sollecitare a questa SRAGIONE_SOCIALE. un nuovo e più favorevole, per la contribuente, giudizio di merito, in violazione di canoni e limiti del giudizio di legittimità, come momento di controllo della sola legalità degli atti impugnati.
Siffatte considerazioni rendono conto della ragione per cui il motivo è, altresì e comunque, manifestamente infondato.
Invero, quel che la CTR mette in chiara evidenza, con congrua motivazione, nella sentenza impugnata è che -a fronte del quadro obiettivo, e di per se stesso non contestato, della ‘reiterazione negli anni dell’incongruenza dei ricavi dichiarati e del risultato di esercizio, con una perdita di esercizio che non risulta giustificata’: quadro viepiù confermato ‘ab estrinseco’ dai consistenti acquisti immobiliari dei due soci (in riferimento ai quali il ricorso non comprova esser stata offerta alla CTR evidenza di ulteriori lecite disponibilità a Malta) -la contribuente non ha adempiuto all’onere della prova contraria incombentele, giacché, opponendo argomentazioni solo astratte, non ha concretamente chiarito e documentato ‘la reale situazione dell’attività’, ‘partendo dal dato della scarsa redditività e dei risultati d’esercizio negativi’, né ha giustificato, non solo di per se stessi i ‘redditi negativi a suo tempo dichiarat’ al cospetto delle ‘risultanze contabili’, ma neppure la contraddizione di essi rispetto a ‘volumi d’affari sempre notevolmente crescenti’.
In tal guisa, la CTR ha fatto piena ed ineccepibile applicazione delle norme infondatamente denunciate come violate, tratteggiando un’accurata e puntuale ricostruzione in fatto della complessiva, strutturale e protratta nel tempo situazione di incoerenza economica dei risultati negativi dell’attività della contribuente, pur proiettata a costante e notevole crescita: ricostruzione con cui la medesima, ancora nel motivo, omette alcun franco ed obiettivo confronto,
limitandosi ad additare gli INE – in tesi difensiva acriticamente, ma senza spiegazione del perché, applicati dall’Ufficio e quindi recepiti dalla CTR – quali causa di storture rispetto al risultato dello studio di settore: ciò senza considerare che gli INE, a termini dell’art. 1, comma 14, l. n. 296 del 2006, non sono altro dallo studio di settore, bensì (come correttamente osservato in controricorso) sono parte della funzione del ricavo dello studio stesso, mirando al perfezionamento dei risultati restituiti dal programma di calcolo proprio per verificare situazioni di effettiva ‘incoerenza’ a fronte di pur formali ‘congruità’ sulla base dei dati dichiarati; ed in quanto tali gli INE – come altrettanto correttamente dato finanche per scontato dalla CTR seguono la medesima disciplina degli studi di settore .
Fermo quanto precede, ancor più nello specifico, nella specie, a seguito dell’applicazione dello studio di settore con gli INE, è giust’appunto emersa l’ anomalia dell ‘indice di rotazione del magazzino : anomalia di per se stessa significativa, tenuto conto che gli INE sono volti proprio a farla affiorare , nonostante la congruità , quale fattore sintomatico di incoerenza (al pari delle seguenti altre anomalie: sproporzione tra costo e valore dei beni mobili strumentali, insufficiente redditività di questi e, sul piano del costo per personale, inadeguato valore aggiunto per addetto) ; anomalia riconosciuta dalla stessa contribuente, la cui giustificazione, imperniata sull’avvio dell’attività nel 2004, si infrange al cospetto della sottolineata, dalla CTR, ‘incongruenza dei ricavi e della redditività reiterata nel tempo’ nonostante volumi d’affari in crescita: talché, a termini della concreta analisi dell’attività della contribuente compiuta dalla CTR, passati due anni dal 2004, posto che l’accertamento si riferisce al 2006, la sproporzione del magazzino avrebbe dovuto riassorbirsi.
In definitiva, la CTR ha pedissequamente osservato la normativa rubricata, offrendo solida e logica motivazione delle conclusioni, in punto di fatto, sulla base della stessa attinte.
Con il terzo motivo si denuncia: ‘Violazione e/o falsa applicazione degli art. 42 d.p.r. 600/1973 e dell’art. 1 comma 13 e 14 l. 296/2006, in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 3’.
3.1. Nel corso del giudizio, era stata evidenziata la assoluta carenza di motivazione dell’avviso impugnato, dal momento che muoveva ‘genericamente ed esclusivamente -ed anche contraddittoriamente -dalla considerazione che, sulla base dei neonati INE (indici di normalità economica), la società ricorrente, per l’anno di imposta 2006, avrebbe conseguito un maggior volume di affari (ai fini IVA) per € 446.194,00 a fronte di maggiori ricavi accertati ai fini IRES ed IRAP pari a € 42.297,00 (pag. 16 ricorso), laddove, invece, ‘i ricavi effettivamente conseguiti e dichiarati di € 288.152,00 rispetto ai risultati ottenuti con l’applicazione dello studio di settore “TM11U anno modello 2007 (ricavo puntuale di € 298.846,00; ricavo minimo ammissibile € 285.840,00) sono compresi nell’intervallo di confidenza e, pertanto, la dichiarazione è da ritenere congrua ex art. 62 bis del decreto legge 30.8.1993 n. 331′ (v. ricorso pag. 2)’. ‘Il comma 14 dell’art. 1 l. 296/2006, prevede che ai fini dell’accertamento l’Agenzia delle entrate ha l’onere di motivare e fornire elementi di prova per avvalorare l’attribuzione dei maggiori ricavi o compensi derivanti dall’applicazione degli indicatori di normalità economica’. ‘Il comma 14 -bis del citato articolo, introdotto dall’art. 15 comma 3-bis d.l. 8112007, ha chiarito testualmente che i predetti indicatori di normalità economica hanno natura sperimentale e i maggiori ricavi, compensi o corrispettivi da essi desumibili costituiscono presunzioni semplici’. ‘La resistente ha disatteso
totalmente gli oneri su di essa incombenti, in quanto ha omesso di giustificare le ragioni che l’hanno indotta a ritenere attendibile il risultato degli indici piuttosto che quello derivante dai ricavi di riferimento dello studio di settore, e ciò sebbene il rilevante scostamento tra i risultati dei due strumenti statistici già di per sé deponeva loro radicale inadeguatezza alla fattispecie’.
3.2. Il motivo è inammissibile.
Lo è -oltreché per le ragioni già indicate a proposito del motivo precedente -per la considerazione che non riproduce la motivazione dell’avviso di accertamento, così non mettendo questa S.C. nella materiale condizione di delibare la censura.
Esso è, altresì e comunque, manifestamente infondato.
Invero, pretermette l’esplicito accertamento della CTR, a termini del quale ‘l’atto impositivo risulta sufficientemente motivato’, in quanto ‘riporta gli altri elementi a supporto delle risultanze dello studio di settore’, ossia, come già visto, la ‘reiterazione negli anni dell’incongruenza dei ricavi dichiarati e del risultato di esercizio, con una perdita di esercizio che non risulta giustificata, oltre alla situazione personale dei soci con consistenti acquisti immobiliari’. Talché del tutto fuori contesto si palesa l’affermazione della contribuente nel motivo secondo cui l’Ufficio non avrebbe evidenziato gli ulteriori ‘elementi di prova’ atti a corroborare i ‘maggiori ricavi o compensi derivanti’, a titolo di presunzione semplice, ‘dall’applicazione degli indicatori di normalità economica’.
In definitiva, il ricorso va integralmente rigettato, con le statuizioni consequenziali come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere all’Agenzia delle entrate le spese di lite, liquidate in euro 5.900, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, lì 12 settembre 2024.