Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26196 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26196 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1453/2025 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME con domicilio eletto presso il proprio indirizzo di posta elettronica certificata;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici è elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, n. 4476/2024, depositata il 10 giugno 2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’8 luglio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. -La RAGIONE_SOCIALE esercita l’attività di ‘Costruzione di edifici residenziali e non residenziali’. In particolare , la società opera nell’ambito delle costruzioni edili acquisendo commesse in appalto sia pubbliche che private. In data 20 marzo 2015, la Direzione provinciale di Catania, Ufficio territoriale di Caltagirone, notificava alla società l’invito a comparire n. CODICE_FISCALE/2015 ai fini dell’instaurazione del contraddittorio in relazione alle risultanze dello studio di settore VG69U, anno di imposta 2012. Con tale invito la società veniva chiamata a giustificare l’incongruenza tra i ricavi dichiarati ( euro 448.528,00) e quelli accertati (euro 594.620,00) sulla base delle risultanze dello studio di settore relativo all ‘ attività esercitata. In data 5 maggio 2015 veniva instaurato ii contraddittorio presso l’Ufficio controlli di Caltagirone, nel corso del quale la società evidenziava che per l’anno 2012 lo studio di settore non rappresentava la reale situazione della società. Già in quella sede, la società spiegava di svolgere la propria attività attraverso la stipula di contratti di appalto e che nell’anno 2012 nessun contratto era stato stipulato, ma che l’impresa aveva provveduto solo al completamento di appalti aggiudicati negli anni precedenti, sostenendo inevitabilmente i costi fissi e variabili di gestione (circa euro 200.000) legati alla struttura dell’azienda, da cui era scaturita una perdita. In particolare, la società rappresentava che nell’anno d’imposta 2012 aveva partecipato a 55 gare di appalto senza
tuttavia aggiudicarsene alcuna. In ragione di tali accadimenti chiedeva l’abbattimento del 90% dei maggiori ricavi accertabili in parziale disapplicazione dello studio di settore. In quella sede, la società esibiva la documentazione attestante quanto sostenuto in seno al verbale di contraddittorio. L’Ente impositore riteneva tale giustificazione non sufficiente per l’inapplicabilità dello studio di settore, né per la riduzione dei maggiori ricavi calcolati. In data 13 maggio 2015 la Direzione provinciale di Catania, Ufficio territoriale di Catania, notificava alla RAGIONE_SOCIALE l’avviso di accertamento n. CODICE_FISCALE/2015, relativo all’anno 2012 con il quale venivano quantificati, sulla base dello studio di settore VG69U, maggiori ricavi per complessivi euro 146.092,00 e, conseguentemente, venivano rideterminati i redditi imponibili ai fini dell’IRES e dell’IRAP e il volume d’affari ai fini dell’IVA. Da tali maggiori redditi imponibili non scaturiva alcun debito di imposta ai fini IRES e IRAP, mentre ai fini IVA veniva determinata la maggiore imposta di euro 30.679,00, oltre sanzioni e interessi.
avverso l’avviso di accertamento.
La società proponeva ricorso L’Ufficio contestava la fondatezza del ricorso.
Con sentenza n. 10143/16, la Commissione tributaria provinciale di Catania ha accolto, compensando le spese, il ricorso.
-Avverso tale pronuncia l’Ufficio Si costituiva la contribuente.
proponeva atto di appello.
La Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, con la sentenza n. 4476/2024, depositata il 10 giugno 2024, ha accolto l’appello dell’Ufficio.
-La contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
L’Agenzia delle entrate si è costituta con controricorso.
4. -Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo si deduce , ai sensi dell’art . 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione delle norme che disciplinano l’accertamento standardizzato alla luce dei principi sanciti dalla Corte di cassazione a SS. UU., per avere il giudice tributario di appello ritenuto legittimo l’avviso di accertamento n. TYSO3W101204/2015 fondato sulle risultanze dello studio di settore, sostenendo che contenesse solo l’elencazione analitica delle giustificazioni rese dal contribuente in sede di contraddittorio endoprocedimentale, ma non anche la motivazione del mancato accoglimento; che il contribuente non avesse assolto l’onere dimostrativo neppure parzialmente, ignorando che agli atti del giudizio risultano depositati 52 documenti nel giudizio di primo grado e 10 in quello di secondo grado; che la mancata aggiudicazione nell’anno 2012 di 55 commesse pubbliche fosse un dato fisiologico non straordinario, richiamando a sostegno due elementi sviluppati dall’Ente impositore solo in sede di gravame, di cui il contribuente ha illustrato e dimostrato l’irrilevanza dell’incidenza sullo scostamento accertato .
Con il secondo motivo si prospetta, ai sensi dell’ art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. per violazione dell’art. 115 c.p.c., laddove i giudici tributari di appello hanno erroneamente sostenuto che il contribuente non avesse contestato quanto rilevato in seno all’atto di appello dall’Ente impositore con riguardo alle commesse private aggiudicate dalla società nel 2011, ignorando quanto esposto dallo stesso in seno all’atto di controdeduzioni in sede di gravame.
Con il terzo motivo si deduce, ai sensi dell’ art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. per violazione delle norme sulla motivazione, laddove i
giudici tributari di appello non hanno spiegato l’iter logico giuridico in relazione al quale hanno ritenuto di legittimare un avviso di accertamento parametrico che contiene solo l’elenco analitico delle giustificazioni rese dal contribuente in sede di contraddittorio endoprocedimentale ma non le motivazioni del mancato accoglimento delle stesse in contrasto con quanto sancito dalla giurisprudenza di codesta Corte di cassazione.
Con il quarto motivo si deduce, ai sensi dell’ art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. per violazione delle norme sulla motivazione, laddove i giudici tributari di appello hanno statuito che il contribuente non ha assolto all’onere dimostrativo neppure parzialmente, senza spiegare l’iter logico giuridico che li ha indotti a ignorare la documentazione allegata dalla contribuente agli atti del giudizio sia di primo che di secondo grado.
Con il quinto motivo la sentenza viene censurata ai sensi dell’ art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. per violazione delle norme sulla motivazione, laddove la statuizione ha un contenuto apparente, in quanto non spiegherebbe l’iter logico seguito per sostenere la non straordinarietà del dato della mancata aggiudicazione delle commesse pubbliche, e contraddittorio con riguardo al dato preso in considerazione dai giudici relativo alla aggiudicazione delle commesse private, in ordine alla rilevata non contestazione da parte del contribuente e alla decisività dell’incidenza delle commesse pubbliche sulla giustificazione addotta dal contribuente.
1.1. -I motivi, da trattarsi congiuntamente, sono in parte inammissibili e in parte infondati.
In tema di accertamento mediante studi di settore, al fine di superare la presunzione di reddito determinata dalla procedura standardizzata, grava sul contribuente l’onere di dimostrare, attraverso informazioni ricavabili da fonti di prova acquisite al
processo con qualsiasi mezzo, la sussistenza di circostanze di fatto tali da far discostare la sua attività dal modello normale al quale i parametri fanno riferimento e giustificare un reddito inferiore a quello che sarebbe stato normale in virtù di detta procedura (Cass. n. 769/2019; Cass. n. 14288/2016).
Nel caso di specie, la Commissione tributaria regionale ha fatto corretta applicazione della normativa in materia, alla luce della giurisprudenza di questa Corte, evidenziando come sull’ ufficio ricada l’onere di dimostrare soltanto l’inerenza dell’attività del contribuente al cluster di riferimento e l’esistenza dello scostamento dai relativi standard, essendo invece il contribuente tenuto a dimostrare elementi idonei a precludere l’applicazione al caso concreto degli studi di settore. Al riguardo, con valutazione di merito non sindacabile in questa sede, la Commissione tributaria regionale ha esplicitato, puntualmente, le ragioni per le quali ha ritenuto non adeguati gli elementi forniti dalla contribuente per dimostrare il contrario e superare l’onere della prova (la mancata aggiudicazione di appalti pubblici, di per sé non sufficiente a fronte di un appalto pubblico nel 2011 aggiudicato per oltre 120.000 euro, circostanza sottaciuta dalla ricorrente; operatività della contribuente anche in favore di clienti privati; incoerenza nel quadro economico-fiscale con gli indicatori degli studi di settore negli anni precedenti, allorché era impegnata in appalti pubblici di ingente valore, dichiarando utili irrisori, se parametrati ai costi sopportati, al valore degli appalti e all’entità del fatturato ).
Non vi è dunque alcuna inversione dell’onere della prova. I giudici tributari hanno motivato sulle deduzioni della contribuente, che mira evidentemente a conseguire una inammissibile rivalutazione del merito.
Sotto altro profilo va evidenziato che non vi è alcuna violazione del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. (Cass. n. 13248/2020; Cass. n. 17196/2020), che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass. n. 7090/2022), risultando nella specie chiaro e coerente il ragionamento della Corte tributaria regionale trasfuso nella pronuncia impugnata.
Infine, il travisamento della prova, per essere censurabile in Cassazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., per violazione dell’art. 115 c.p.c., postula: a) che l’errore del giudice di merito cada non sulla valutazione della prova (“demonstrandum”), ma sulla ricognizione del contenuto oggettivo della medesima (“demonstratum”), con conseguente, assoluta impossibilità logica di ricavare, dagli elementi acquisiti al giudizio, i contenuti informativi che da essi il giudice di merito ha ritenuto di poter trarre; b) che tale contenuto abbia formato oggetto di discussione nel giudizio; c) che l’errore sia decisivo, in quanto la motivazione sarebbe stata necessariamente diversa se fosse stata correttamente fondata sui contenuti informativi che risultano oggettivamente dal materiale probatorio e che sono inequivocabilmente difformi da quelli erroneamente desunti dal giudice di merito; d) che il giudizio sulla diversità della decisione sia espresso non già in termini di possibilità, ma di assoluta certezza (Cass. n. 9507/2023; Cass. n. 37382/2022). Circostanze nella specie non sussistenti alla luce degli elementi richiamati che
emergono dalla lettura della motivazione, stante i limiti del giudizio di legittimità.
-Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato e le spese, liquidate come in dispositivo, vanno regolate secondo soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.700,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria , l’8 luglio 2025.
Il Presidente NOME COGNOME