Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13769 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13769 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 22/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22914/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO CAMPANIA n. 4805/13/23 depositata il 07/08/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 03/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 4805/13/23 del 07/08/2023, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania (di seguito
CGT2), confermava, in sede di rinvio, la sentenza n. 10215/38/16 della Commissione tributaria provinciale di Napoli (di seguito CTP), che aveva accolto il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (di seguito RAGIONE_SOCIALE) avverso un avviso di accertamento per IRES, IRAP e IVA relative all’anno d’imposta 2011 .
1.1. Come si evince dalla sentenza impugnata, l’atto impositivo era stato emesso in applicazione degli studi di settore.
1.2. La CTR rigettava l’originario appello proposto da AE, evidenziando che: a) «nel primo sostanziale anno di attività, come definirsi l’anno 2011, se la società si costituì nel luglio 2010, un’impresa non ad esprimere tutte le sue potenzialità, che pono anche tradursi in assenza di ricavi se i beni propri sui quali doveva svolgere la propria attività erano di fatto inutilizzabili, come il fabbricato in Arzano (per cause di forza maggiore) e quello in Due Carrare (per difficoltà e vischiosità burocratiche)»; b) «il profilo della antieconomicità, sul quale l’Agenzia fatto leva per superare le implicazioni dei dati di fatto dedotti dalla GAR, non regge ad una più attenta analisi, visto che la presenza di un costo per lavoro dipendente stata adeguatamente giustificata sia in riferimento al dato quantitativo (si tratta della retribuzione di un solo dipendente) e sia al suo licenziamento avvenuto nell’anno 2012»; c) «alla luce anche della regola sancita dall’art. 7, comma 5bis, D.Lgs. n.546/1992, secondo cui il giudice annullare l’atto impositivo qualora la prova offerta dall’ente impositore circa la fondatezza della sua pretesa creditoria si rivela insufficiente a provare le ragioni che la sosten (il che ancor più doveroso quando la prova in tal senso natura indiziaria ed basata su fattori statistici predeterminati), questa Corte perv alla conclusione che tale pretesa non sufficientemente provata, avendo la GAR offerto e provato
significative circostanze che fano della sua attività esercitata nell’anno 2011 un qualcosa di decisamente atipico e, come tale, non rientrante ne prefigurazioni statistiche dello studio di settore invocato».
Avverso la sentenza di appello AE proponeva ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
GAR resisteva in giudizio con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso di AE è affidato a due motivi, di seguito brevemente illustrati.
1.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 62 sexies del d.l. 30 agosto 1993, n. 331, conv. con modif. nella l. 29 ottobre 1993, n. 427, dell’art. 2967 cod. civ. e dell’art. 115 cod. proc. civ., per avere il giudice del rinvio erroneamente applicato il principio di non contestazione, ritenendo che l’asserita assenza di confutazione delle giustificazioni addotte dalla società contribuente valesse a destituire di fondamento la ripresa a tassazione.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 111, sesto comma, Cost, dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. e dell’art. 36 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per avere la CGT2 reso motivazione apparente aderendo acriticamente alle tesi sostenute dalla società contribuente, senza che sia possibile desumere dal testo della sentenza impugnata le ragioni concrete del rigetto dell’appello proposto dall’Ufficio.
I due motivi, da esaminare congiuntamente per ragioni di connessione, vanno disattesi.
2.1. Secondo la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte, si è in presenza di una motivazione apparente allorché la
motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice. Sostanzialmente omogenea alla motivazione apparente è poi quella perplessa e incomprensibile: in entrambi i casi, invero -e purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali -l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo e, in quanto tale, comporta la nullità della sentenza impugnata per cassazione (Cass. S.U. n. 22232 del 03/11/2016; Cass. S.U. n. 16599 del 05/08/2016).
2.1.1. Determina, infine, una violazione di legge costituzionalmente rilevante anche la motivazione contraddittoria, nella misura in cui esprima un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, mentre deve escludersi la possibilità di sindacare in sede di legittimità la semplice motivazione insufficiente (Cass. S.U. n. 8053 del 07/04/2014).
2.2. Nel caso di specie, non può dirsi che la motivazione resa dalla CGT2 sia apparente, atteso che il giudice del rinvio: a) ha preso in considerazione una serie di fatti (la data di inizio dell’attività imprenditoriale, la sostanziale inutilizzabilità di due complessi immobiliari) allegati dalla società contribuente a giustificazione della sussistenza di ricavi incongrui rispetto alle risultanze dello studio di settore; b) ha evidenziato come detti fatti, non oggetto di contestazione da parte di AE, siano in grado di giustificare la sostanziale assenza di ricavi; c) ha, infine, motivato con riferimento
alle ragioni che giustificano il superamento della contestazione di antieconomicità della gestione (l’intervenuto licenziamento, nell’anno 2012, dell’unico dipendente).
2.3. Orbene, dalle indicazioni della CTR è chiaramente evincibile la ratio decidendi , con conseguente infondatezza del secondo motivo di ricorso.
2.4. Per il resto, va evidenziato che « una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione » (Cass. n. 6774 del 01/03/2022; Cass. n. 1229 del 17/01/2019; Cass. n. 27000 del 27/12/2016).
2.5. Nel caso di specie, la CGT2 ha indicato una serie di circostanze, dedotte dalla società contribuente, che non sono state oggetto di contestazione da parte di AE, sicché correttamente il giudice di appello le ha prese in considerazione ai fini della decisione della controversia al fine di argomentare, nel merito, in ordine al superamento della presunzione conseguente all’applicazione degli studi di settore.
2.6. Il ragionamento compiuto dal giudice del rinvio è del tutto legittimo sotto il profilo delle regole di valutazione degli elementi probatori e non viola nemmeno le regole di ripartizione dell’onere della prova, assolto da GAR sulla base degli elementi di fatto dedotti e allegati in giudizio.
2.7. Per il resto, la ricorrente, pur deducendo apparentemente, una violazione di norme di legge, mira, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. n. 3340 del 05/02/2019; Cass. n. 640 del 14/01/2019; Cass. n. 24155 del 13/10/2017; Cass. n. 8758 del 04/07/2017; Cass. n. 8315 del 05/04/2013).
In conclusione, il ricorso va rigettato e la ricorrente va condannata al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, avuto conto di un valore dichiarato della lite di euro 49.564,00.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente procedimento che si liquidano in euro 4.300,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, ad euro 200,00 per spese borsuali e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 03/12/2024.