Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4366 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4366 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/02/2024
ordinanza
sul ricorso iscritto al n. 19293/2016 R.G. proposto da
COGNOME NOME, rappresentato e difeso da ll’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, presso il cui studio in Potenza, INDIRIZZO, è elettivamente domiciliato, come da procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Basilicata n. 45/3/2016, depositata il 27.01.2016.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 13 febbraio 2024.
RILEVATO CHE
La CTP di Potenza rigettava il ricorso proposto da COGNOME NOME , esercente l’attività di fabbricazione di manufatti metallici per
Oggetto:
Tributi
l’edilizia abitativa , avverso l’avviso di accertamento, per imposte dirette ed IVA, in relazione a ll’anno 2008, con il quale erano stati determinati maggiori ricavi sulla base degli studi di settore;
con la sentenza indicata in epigrafe, la Commissione tributaria regionale della Basilicata rigettava l’appello proposto dal contribuente, osservando, in sintesi, che:
-l’RAGIONE_SOCIALE aveva prodotto nel giudizio di primo grado copia degli ordini di servizio, da cui si evinceva che il funzionario che aveva sottoscritto l’avviso di accertamento impugnato era stato regolarmente delegato a tale adempimento;
non era stato violato il principio del contraddittorio preventivo, atteso che il contribuente era stato convocato più volte presso gli uffici dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per interloquire in ordine all’accertamento, non dando seguito poi alla proposta dell’Ufficio di definire i maggiori ricavi in € 39.482,00 ;
-se l’atto impositivo fosse stato carente di taluni elementi, il contribuente non avrebbe predisporre un ricorso così articolato;
-l’atto impositivo era correttamente motivato, avendo ben spiegato tutte le circostanze che giustificavano la fondatezza dell’applicazione degli studi di settore, ivi compresa la reiterata incongruenza dei redditi indicati nelle dichiarazioni per gli anni dal 2006 al 2010, non potendosi ritenere verosimili redditi così esigui o, addirittura, redditi pari a zero, come nell’anno 2008;
il contribuente impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, illustrati con memoria;
-l’RAGIONE_SOCIALE resisteva all’impugnazione con controricorso .
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione de ll’a rt. 42, commi 1 e 3, del d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., sostenendo che
la delega è legittima solo se indica il nominativo del funzionario delegato, le ragioni della delega e il termine di validità, non essendo sufficiente la sola indicazione della qualifica professionale, e deve essere allegata all’atto impositivo ;
– il motivo è infondato;
– secondo un recente e costante orientamento di questa Corte, al quale questo Collegio intende dare continuità, la delega alla sottoscrizione dell’avviso di accertamento ad un funzionario diverso da quello istituzionalmente competente ex art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 ha natura di delega di firma – e non di funzioni – poiché realizza un mero decentramento burocratico senza rilevanza esterna, restando l’atto firmato dal delegato imputabile all’organo delegante, con la conseguenza che, nell’ambito dell’organizzazione interna dell’ufficio, l’attuazione di detta delega di firma può avvenire anche mediante ordini di servizio, senza necessità di indicazione nominativa, essendo sufficiente l’individuazione della qualifica rivestita dall’impiegato delegato, la quale consente la successiva verifica della corrispondenza tra sottoscrittore e destinatario della delega stessa. Con la delega di firma, dunque, il delegato non esercita alcun potere o competenza riservata al delegante, trovando titolo il suo agire nei poteri di ordine e direzione, coordinamento e controllo attribuiti al dirigente preposto all’ufficio (art. 11, comma 1, lett. c) e d) Statuto RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, approvato con delibera n. 6 del 2000; art. 14, comma 2, reg. amm. n. 4/2000), nell’ambito dello schema organizzativo della subordinazione gerarchica tra persone appartenenti al medesimo ufficio. Trattandosi di una delega per la sottoscrizione, pertanto, alla stessa non è applicabile la disciplina dettata per la delega di funzioni di cui all’art. 17, comma 1 -bis, del d.lgs. n. 165 del 2001, per cui non è richiesta né la sua temporaneità né una specifica motivazione ( ex multis , Cass. 29.03.2019, n. 8814);
-la CTR ha accertato che erano stati regolarmente prodotti, unitamente alle controdeduzioni depositate dall’Ufficio nel giudizio di primo grado, gli ordini di servizio da cui si evinceva la delega al funzionario che aveva sottoscritto l’avviso di accertamento impugnato;
occorre rilevare, poi, che , ai fini della validità dell’accertamento, non è necessario che la delega sia anche allegata all’atto impositivo;
con il secondo motivo, denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 12 della l. n. 212 del 2000, in relazione all’ art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., sostenendo che l’Ufficio non aveva considerato le ragioni del contribuente ostinandosi a disconoscere i risultati che scaturivano dalla contabilità esibita e le ragioni dello scostamento;
con il terzo motivo, lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 42, comma 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., affermando che l’Ufficio non aveva spiegato per quale motivo non aveva utilizzato la documentazione prodotta dal contribuente e quali erano gli elementi che giustificavano l’accertamento induttivo, non considerando le osservazioni esposte dal contribuente in sede di contraddittorio per giustificare lo scostamento;
-i predetti motivi, che per connessione vanno esaminati unitariamente, sono infondati;
-occorre premettere che le modalità dell’accertamento a mezzo degli studi di settore sono state precisate dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. Sez. U. 18.12.2009, n. 26635), secondo cui l’applicazione degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards in sé considerati, ma nasce solo in esito al
contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente;
-nell’ambito del contraddittorio, il contribuente ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza RAGIONE_SOCIALE condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli standards o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame;
-l’eventuale avviso di accertamento, emesso all’esito del contraddittorio, deve essere motivato sul rilievo dello scostamento, che deve denotare una grave incongruenza, e deve essere, altresì, integrato con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello standard prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente, sempre che questi abbia partecipato al contraddittorio o che, pur partecipandovi, non si sia astenuto da qualsivoglia attività di allegazione (Cass. 20.09.2017, n. 21754);
la CTR ha correttamente applicato i richiamati principi, atteso che, come si evince dalla sentenza impugnata, il contribuente era stato convocato per ben quattro volte per interloquire con l’Ufficio in ordine all’accertamento, tanto che la rilevazione dell’errore di calcolo , commesso dallo stesso nella compilazione dello studio di settore, era stata riscontrata proprio in quella sede; all’esito d ei predetti incontri, p oi, l’Ufficio aveva formulato una proposta di definizione rideterminando i maggiori ricavi in € 39.482,00 , cui, tuttavia, il contribuente non aveva dato alcun riscontro;
con il quarto motivo, denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 62-bis del d.l. n. 331 del 1993, convertito in l. n. 427 del 1993, e 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., rilevando che l’avviso di accertamento impugnato era nullo perché si fondava esclusivamente sugli studi di settore, non avendo
considerato gli elementi emersi nella fase del contraddittorio; l’Ufficio non aveva applicato le risultanze dello studio evoluto più favorevole al ricorrente e non aveva dimostrato le gravi incongruenze fra i ricavi dichiarati e quelli desunti dallo studio di settore; le risultanze desunte dallo studio di settore applicato non consideravano la fattispecie concreta; gli ulteriori elementi indicati a supporto RAGIONE_SOCIALE risultanze dello studio di settore non erano significativi;
– il motivo è infondato;
come è stato già precisato con riferimento al terzo e al quarto motivo, l’Amministrazione finanziaria ha adempiuto all’onere di convocare il contribuente e ha considerato nella rideterminazione dei maggiori ricavi le risultanze emerse all’esito del contraddittorio, gravando poi su quest’ultimo, come si è detto, l’onere di provare la sussistenza RAGIONE_SOCIALE condizioni che giustificavano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui potevano essere applicati gli standards o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame;
-dalla sentenza impugnata si evince che l’ avviso di accertamento era ‘ben articolato e circostanziato ‘ , in quanto ripercorreva, ‘nella prima parte, tutta la fase prodromica esplicativa e, successivamente, spiega tutte le circostanze che giustificano la fondatezza dell’applicazione degli studi di settore al caso concreto ivi comprese la reiterata incongruenza RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni dei redditi negli anni pregressi ‘dal 2006 al 2010) della redditività dell’impresa onde la non corrispondenza al vero di redditi esigui o, addirittura, pari a zero (2008)’ ;
la CTR ha, quindi, ritenuto che, alla luce dei molteplici elementi indicati dall’RAGIONE_SOCIALE, le circostanze addotte dal contribuente non fossero sufficienti ad escludere l’applicabilità del sistema standardizzato all’attività economica in esame;
con la suddetta doglianza il ricorrente cerca, pertanto, di allegare una erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo RAGIONE_SOCIALE risultanze di causa, sollecitando la Corte ad una verifica del materiale probatorio acquisito nel giudizio di merito, che inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità;
dalla sentenza impugnata si evince, peraltro, che l’accertamento è stato condotto in applicazione degli studi di settore, ma si è fondato anche sul comportamento antieconomico del contribuente, in quanto la bassa reddittività, dichiarata negli anni dal 2006 al 2010, era sintomatica di una gestione antieconomica dell’attività , ciò che porta a disattendere anche il rilievo sulla mancata applicazione dello studio più evoluto, tenuto anche conto della circostanza che il contribuente non ha neppure contestato in modo specifico quanto dedotto dall’Amministrazione finanziaria nel controricorso e, segnatamente, che lo studio applicato costituiva già una evoluzione del precedente studio di settore e contemplava diversi correttivi che consideravano il mutato contesto economico di riferimento;
con il quinto motivo, deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 16 del d.lgs. n. 472 del 1997, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., rilevando la nullità del provvedimento di irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni per carenza di adeguata motivazione;
il motivo è inammissibile per il limite della c.d. “doppia conforme” di cui all’art. 348-ter, comma 5, cod. proc. civ., introdotto dall’articolo 54, comma 1, lett. a), del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134, ed applicabile ratione temporis nel presente giudizio, atteso che l’appello avverso la sentenza di primo grado risulta depositato in data 3.06.2015;
il ricorso va, dunque, rigettato e il ricorrente va condannato al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali che si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di lite, liquidate in euro 4.300,00, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così d eciso in Roma, nell’adunanza camerale del 13 febbraio 2024.