Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 17461 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 17461 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4997/2024 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore, ex lege domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso la SENTENZA della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO della SICILIA n. 1390/2023, depositata il 18/07/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4/06/2025 dal Cons. COGNOME NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La contribuente soc. RAGIONE_SOCIALE , che si occupava di programmi informatici, veniva attinta per l’anno 2004 da rilievo di incongruenza con gli studi di settore. Avviato il confronto endoprocedimentale, la contribuente partecipava agli incontri, con apporto collaborativo documentale, ma non presentava la promessa relazione circa l’andamen to sfavorevole dei propri affari che avrebbe giustificato lo scostamento, donde veniva emesso atto impositivo che era impugnato dalla parte contribuente, il cui ricorso veniva accolto dalla CTP, con pronuncia confermata all’esito del giudizio di appello, a mezzo della sentenza richiamata in epigrafe.
Avverso quest’ultima ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate, affidandosi a due motivi ; è rimasta intimata la parte contribuente.
CONSIDERATO
Vengono proposti due motivi di ricorso.
1.1. Con il primo motivo si denuncia ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c. -il vizio di motivazione apparente della sentenza impugnata.
1.2. Con il secondo motivo si deduce ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. -la violazione di legge sulla normativa dell’accertamento degli studi di settore, segnatamente sul carattere presuntivo che assurge a prova, ove il contribuente non partecipi al contraddittorio a cui è stato invitato, ovvero non produca la documentazione richiesta o promessa.
Il primo motivo non può essere accolto, perché la sentenza in scrutinio si confronta con il sistema degli studi di settore, esplicando le condizioni alle quali si può dire formata la prova, traendola dalle presunzioni. Si tratta quindi di articolazione motivazionale che soddisfa il c.d. ‘minimo costituzionale’ su cui è attestata la giurisprudenza di questa Corte di legittimità.
Costituisce, invero, principio consolidato che ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il
giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento. In tali casi la sentenza resta sprovvista in concreto del c.d. “minimo costituzionale” di cui alla nota pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U, n. 8053/2014, seguita da Cass. VI – 5, n. 5209/2018). In termini si veda anche quanto stabilito in altro caso (Cass. Sez. L, Sentenza n. 161 del 08/01/2009) nel quale questa Corte ha ritenuto che la sentenza è nulla ai sensi dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., ove risulti del tutto priva dell’esposizione dei motivi sui quali la decisione si fonda ovvero la motivazione sia solo apparente, estrinsecandosi in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi (cfr. Cass V, n. 24313/2018).
Donde il motivo non può essere accolto.
3. E’ f ondato, invece, il secondo motivo, con cui l’Ufficio ha evidenziato come la mancata partecipazione sostanziale al contraddittorio, recte , la mancata produzione (come verificatosi nel caso di specie, non essendo certamente idonea allo scopo la mera presentazione di una memoria, come invece sostenuto dalla Corte di secondo grado) della -pur promessa relazione esplicativa sull’andamento delle commesse, a vesse consolidato la presunzione di evasione data dallo strumento statistico.
Ed infatti, la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è “ex lege” determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standards” in sé considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente. In tale sede, quest’ultimo ha
l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli “standards” o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello “standard” prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente. L’esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità degli “standards” al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte, nel qual caso, però, egli assume le conseguenze di questo suo comportamento, in quanto l’Ufficio può motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli “standards”, dando conto dell’impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale invito, ed il giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all’invito (cfr., da ultimo Cass. Sez. V, n. 24931/2022; già in tal senso Cass. SU, n. 26635/2009).
Il motivo è dunque fondato, per cui la sentenza deve essere cassata con rinvio al giudice di merito, che dovrà attenersi ai sopraindicati principi, oltre a provvedere sulla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e rigetta il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa
composizione, cui demanda altresì la regolazione delle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 4 giugno 2025.