Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20245 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20245 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 19/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4507/2021 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DEL LAZIO SEZ.ST. LATINA n. 2039/18/20 depositata il 02/07/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 2039/18/20 del 02/07/2020, la Commissione tributaria regionale del Lazio – Sezione staccata di Latina (di seguito CTR) respingeva l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE
(di seguito Coprital) avverso la sentenza n. 267/04/17 della Commissione tributaria provinciale di Latina (di seguito CTP), che aveva rigettato il ricorso della società contribuente nei confronti di un avviso di accertamento per IRES, IRAP e IVA relative all’anno d’imposta 2011 .
1.1. Come emerge dalla sentenza impugnata, l’avviso di accertamento era stato emesso in applicazione degli studi di settore.
1.2. La CTR respingeva l’appello proposto dalla società contribuente evidenziando che: a) il contraddittorio con Coprital era stato regolarmente instaurato con conseguente legittimità dell’accertamento , effettuato tenendo conto dello studio di settore evoluto; b) «la contribuente, nel contraddittorio, si limitata a censurare il metodo di accertamento tralasciando di documentare, anche attraverso la documentazione appropriata di una coerente analisi della produzione, contestualizzata agli anni di riferimento, che invece rimasta affidata a mere proteste generaliste».
Coprital impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, illustrati con memoria ex art. 380 bis .1 cod. proc. civ.
NOME resisteva con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va pregiudizialmente disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso formulata da AE: i rilievi della società contribuente sono infatti, tesi a denunciare proprio il mancato rispetto della legge per come interpretata dalla giurisprudenza di questa Corte.
Il ricorso proposto da COGNOME è affidato a tre motivi, di seguito riassunti.
2.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione ed errata interpretazione dell’art. 2697 cod. civ., dell’art. 36, comma 2, d.lgs.
31 dicembre 1992, n. 546 e dell’art. 62 bis d.l. 30 agosto 1993 n. 331, conv. nella l. 29 ottobre 1993 n. 427, per avere la CTR ritenuto adempiuto l’onere della prova gravante sull’Amministrazione finanziaria, la quale, invece, non avrebbe chiarito le ragioni per le quali alla fattispecie sarebbe applicabile lo studio di settore UD17U e il cluster 14 , fondando l’accertamento unicamente sullo scostamento dallo standard.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, costituito dalla circostanza che l’anno d’imposta 2010 avrebbe dovuto ritenersi congruo, posto che l’Amministrazione finanziaria sarebbe decaduta dal potere di accertamento.
2.3. Con il terzo motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, costituito dalla radicale nullità dell’avviso di accertamento per non avere l’Ufficio preso in considerazione le circostanze dedotte dalla società contribuente.
Il primo motivo di ricorso, con il quale si denuncia il mancato rispetto dell’onere probatorio gravante sull’Amministrazione finanziaria, è in parte inammissibile e in parte infondato.
3.1. Va, prima di tutto, ricordato che gli accertamenti a mezzo studi di settore sono stati introdotti dall’art. 62 sexies , comma 3, del d.l. n. 331 del 1993, secondo il quale «gli accertamenti di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), (…) e del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, (…) possono essere fondati anche sull’esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica
attività svolta, ovvero dagli studi di settore elaborati ai sensi dell’art. 62 bis, del presente decreto».
3.1.1. La menzionata disposizione autorizza, pertanto, l’Ufficio finanziario, allorché ravvisi siffatte «gravi incongruenze», a procedere all’accertamento induttivo anche fuori delle ipotesi previste dalla legge e, in particolare, anche in presenza di una tenuta formalmente regolare della contabilità, e senza obbligo di ispezione dei luoghi, se non assolutamente necessaria (cfr. Cass. n. 5977 del 14/03/2007; Cass. n. 8643 del 06/04/2007; Cass. n. 3302 del 13/02/2014). Ed infatti, la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore differisce dalla procedura di accertamento di cui al d.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, rispetto alla quale costituisce uno strumento alternativo disponibile per l’Amministrazione finanziaria, proprio in quanto -al contrario di questa -è del tutto indipendente dall’analisi dei risultati delle scritture contabili (Cass. n. 23096 del 14/12/2012; Cass. n. 20060 del 24/09/2014).
3.1.2. La modalità di una simile tipologia di accertamento è stata precisata dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U. n. 26635 del 18/12/2009), le quali hanno evidenziato che: a) l’applicazione degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards in sé considerati, ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente; b) nell’ambito del contraddittorio, il contribuente ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli standards o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame;
c) l’eventuale avviso di accertamento emesso all’esito del contraddittorio non può essere motivato unicamente sul rilievo dello scostamento, ma deve essere integrato con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello standard prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente; d) in tal caso, è sempre necessario che lo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli studi di settore testimoni una «grave incongruenza»; e) ove, invece, il contribuente non abbia preso parte al contraddittorio al quale sia stato regolarmente convocato, assume le conseguenze di questo suo comportamento, in quanto l’Ufficio può motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli standards ; f) in ogni caso (e, dunque, anche nel caso di mancata partecipazione al contraddittorio), il contribuente mantiene la più ampia facoltà di giustificare, in sede giudiziale, lo scostamento dagli standards (si veda, ex multis , anche Cass. n. 11633 del 15/05/2013; Cass. n. 17646 del 06/08/2014; Cass. n. 9484 del 12/04/2017; Cass. n. 21754 del 20/09/2017; Cass. n. 27617 del 30/10/2018; Cass. n. 16545 del 20/06/2019).
3.1.3. All’esito del contraddittorio instaurato con il contribuente, la necessità che lo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli studi di settore testimoni una «grave incongruenza», deve ritenersi confermata anche a seguito delle modifiche introdotte dapprima con l’art. 10, comma 1, della l. n. 146 del 1998 (Cass. n. 20414 del 26/09/2014; Cass. S.U. n. 26635 del 2009, cit .) e, a far data dal 01/01/2007, dall’art. 1, comma 23, della n. 296 del 2006. In particolare, Cass. n. 20608 del 27/06/2022 ha evidenziato che « il requisito della “grave incongruenza” di cui all’art. 62-sexies, comma 3, d.l. n. 331 del 1993, conv. con mod. dalla l. n. 427 del 1993, costituisce presupposto impositivo necessario per gli avvisi di accertamento su di essi fondati, senza che assuma rilievo, per gli
avvisi notificati successivamente al 1° gennaio 2007, la modifica dell’art. 10, comma 1, l. n. 146 del 1998 operata con l’art. 1, comma 23, l. n. 296 del 2006, in quanto priva di portata innovativa e diretta ad assicurare, secondo una interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata, una funzione di mera semplificazione e coordinamento normativo attesa l’abrogazione dei commi 2 e 3 del medesimo art. 10, ad opera dell’art. 37, comma 2, lett. b, d.l. n. 226 del 2006, e l’estensione della tipologia di accertamento a prescindere dalla contabilità adottata ».
3.1.4. Infine, va sottolineato che, come evidenziato da Cass. S.U. n. 26635 del 2009, cit ., il requisito delle gravi incongruenze ai fini della legittima applicazione degli studi di settore implica la necessità di una significativa divergenza, frequentemente calcolata in termini percentuali, tra il reddito dichiarato e quello calcolato a mezzo dello standard ritenuto applicabile, divergenza il cui apprezzamento integra una questione di fatto, demandata alla discrezionalità del giudice di merito.
3.2. Nel caso di specie, è pacifico che l’accertamento a mezzo studi di settore sia stato espletato previa instaurazione del contraddittorio con il contribuente , sicché l’Amministrazione finanziaria ha l’onere di dimostrare unicamente l’applicabilità dello standard all’impresa verificata e la sussistenza di gravi incongruenze tra il reddito accertato e quello dichiarato, oltre che di motivare espressamente in ordine alle ragioni per le quali le deduzioni della controparte sono state disattese.
3.3. Orbene, la prima questione posta con il motivo in esame (applicabilità dello standard e inserimento dell’impresa in un determinato cluster ) è inammissibile, perché Coprital, che ne aveva il relativo onere, non ha dedotto di avere proposto il presente rilievo nelle fasi di merito del giudizio, trascrivendo le parti degli atti dove la
questione sarebbe stata affrontata e indicando specificamente i luoghi in cui detti atti troverebbero collocazione nel fascicolo d’ufficio.
3.4. Deve, pertanto, ritenersi che la censura sia stata proposta per la prima volta in sede di legittimità, con conseguente inammissibilità per novità, involgendo altresì la trattazione di una questione di diritto che presuppone la sussistenza di un fatto mai oggetto di contestazione prima del presente giudizio.
3.5. In ogni caso, la società contribuente non chiarisce quale sia lo studio di settore applicabile e quale sia il cluster di riferimento in cui la stessa possa correttamente inserirsi, sicché il rilievo proposto si rivela generico e aspecifico.
3.6. La seconda questione, concernente la necessaria sussistenza di altri elementi, ulteriori rispetto allo scostamento dalla standard, idonei a giustificare la ripresa, è infondata.
3.7. Posto il significato che deve essere attribuito al requisito delle gravi incongruenze (significativa divergenza tra il reddito dichiarato e quello calcolato a mezzo dello standard ritenuto applicabile), lo stesso non risulta oggetto di contestazione da parte della ricorrente.
3.8. Diversamente da quanto ritenuto da quest’ultima, infatti, non occorrono ulteriori elementi indiziari idonei a giustificare questa peculiare modalità di accertamento, al di là di un significativo scostamento percentuale dallo standard.
Il secondo e il terzo motivo, con i quali si deducono vizi di motivazione della sentenza impugnata, sono inammissibili.
4.1. In primo luogo, va evidenziato che « le disposizioni sul ricorso per cassazione, di cui all’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, circa il vizio denunciabile ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. ed i limiti d’impugnazione della “doppia conforme” ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 348-ter cod. proc. civ., si applicano anche al ricorso avverso
la sentenza della Commissione tributaria regionale, atteso che il giudizio di legittimità in materia tributaria, alla luce dell’art. 62 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, non ha connotazioni di specialità. Ne consegue che l’art. 54, comma 3-bis, del d.l. n. 83 del 2012, quando stabilisce che “le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano al processo tributario di cui al d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546”, si riferisce esclusivamente alle disposizioni sull’appello, limitandosi a preservare la specialità del giudizio tributario di merito » (Cass. S.U. nn. 8053 e 8054 del 07/04/2014).
4.2. Nel caso di specie, v’è una doppia conforme di merito in ordine alla circostanza che lo scostamento dallo standard da parte della società contribuente sia ingiustificato e quest’ultima non ha dimostrato che le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, siano tra loro diverse (Cass. n. 26934 del 20/09/2023; Cass. n. 5947 del 28/02/2023; Cass. n. 8320 del 15/03/2022; Cass. n. 20994 del 06/08/2019; Cass. n. 26774 del 22/12/2016).
4.3. In ogni caso, il secondo motivo è inammissibile perché pone una questione del tutto irrilevante ai fini della decisione: la circostanza che l’Amministrazione finanziaria sia decaduta dal potere di accertamento con riferimento all’anno 2010 non impedisce all’Ufficio di prendere in considerazione lo scostamento intervenuto rispetto agli studi di settore in quell’anno ai fini dell’accertamento concernente l’anno d’imposta 2011, che è quello realmente oggetto di verifica.
4.4. Il terzo motivo è inammissibile perché si deduce una circostanza, l’invalidità dell’accertamento, che non costituisce questione di fatto ma di diritto.
In conclusione, il ricorso va rigettato e la ricorrente va condannata al pagamento in favore della controricorrente, delle spese
del presente procedimento, liquidate come in dispositivo avuto conto di un valore dichiarato della lite compreso tra euro 52.000,01 ed euro 260.000,00.
5.1. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente procedimento, che si liquidano in euro 5.900,00, oltre alle spese di prenotazione a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 12/03/2025.