Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3296 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3296 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/02/2025
Avv. Acc. IRES, IVA e IRAP 2008
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12077/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato.
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del rappresentante legale pro tempore.
-intimata -n.
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LAZIO 6980/21/2016, depositata in data 17 novembre 2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 dicembre 2024 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
La direzione provinciale di Rieti dell’Agenzia delle Entrate constatava che RAGIONE_SOCIALE, esercente attività di ristorazione con somministrazione, aveva presentato dichiarazioni fiscali relative ad una pluralità di anni d’imposta (dal
2007 al 2010), con ricavi incongruenti rispetto allo studio di settore pertinentemente applicabile (UG36U). L’Ufficio procedente ha pertanto inoltrato alla detta società l’invito al contraddittorio, segnalando per l’appunto che – con riguardo all’anno d’imposta 2008, qui di interesse – l’applicazione dello studio di settore dovesse comportare ricavi stimati per € 486.591,00, a fronte di ricavi dichiarati per € 379.301,00. Le indicazioni al riguardo fornite dalla Società cooperativa nella successiva fase di contraddittorio hanno consentito di ricomprendere tra i costi di gestione anche i compensi percepiti dai soci, rideterminando cosi il maggior ricavo imputabile per il 2008 dagli originari € 107.290,00 ad € 63.559,00. L’Ufficio ha pertanto emesso l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, recuperando a tassazione i suddetti maggiori ricavi, e recuperando le maggiori imposte dovute (IRES, IRAP ed IVA), oltre interessi e sanzioni.
Avverso l’avviso di accertamento la contribuente proponeva ricorso dinanzi alla C.t.p. di Rieti; si costituiva anche l’Ufficio, chiedendo la conferma del proprio operato.
La C.t.p. di Rieti, con sentenza n. 131/01/2015, rigettava integralmente il ricorso.
Contro tale sentenza proponeva appello la società dinanzi la RAGIONE_SOCIALE Lazio; si costituiva anche l’Agenzia delle Entrate, chiedendo conferma della sentenza impugnata.
Con sentenza n. 6980/21/2016, depositata in data 17 novembre 2016, la C.t.r. adita accoglieva il gravame della società.
Avverso la sentenza della C.t.r . del Lazio, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. La contribuente è rimasta intimata.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 17 dicembre 2024 per la quale l’Avvocatura Generale dello Stato ha depositato memoria.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione degli articoli 62bis e 62sexies del D.L. 30 agosto 1993, n. 331 (convertito con Legge 29 ottobre 1993, n. 427) e dell’articolo 10 della Legge 8 maggio 1998, n. 146, nonché dell’articolo 5 del D.M. Economia e Finanze in data 11 febbraio 2008 e dell’articolo 2 del D.M. Economia e Finanze in data 16 marzo 2011, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.» l’Ufficio lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non ha riconosciuto che l’esenzione delle società a mutualità prevalente dagli accertamenti da studi di settore è automaticamente applicabile solo a partire dagli accertamenti relativi agli anni 2010 e seguenti, non trovando invece applicazione alcuna per gli anni precedenti (e per il 2008 qui di interesse).
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione degli articoli 62bis e 62sexies del D.L. n. 331/1993 (convertito con Legge n. 427/1993) e dell’articolo 10 della Legge n. 146/1998, nonché dell’articolo 2 del D.M. Finanze in data 30 marzo 1999 e dell’articolo 2697 cod. civ., nonché ancora degli artt. 2512, 2513 e 2514 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.» l’Ufficio lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non ha, in ogni caso, considerato che l’esclusione delle società cooperative dall’applicazione degli studi di settore, di cui al D.M. in rubrica, non vale per quelle definibili ‘solo’ a mutualità prevalente, con onere della prova atta a dimostrare la totale mutualità della società che incombe su quest’ultima.
2. Il primo motivo è fondato.
La stessa contribuente, come risulta dalla sentenza impugnata, si definisce cooperativa a mutualità prevalente. Questo tipo di cooperative non era escluso dall’utilizzo degli studi di settore ai sensi della normativa applicabile ratione temporis .
L’art. 5, comma 1, del D.M. Economia e Finanze 11 febbraio 2008 prevede che “nei confronti delle società cooperative a mutualità prevalente di cui all’articolo 2512 del codice civile, i risultati derivanti dall’applicazione degli studi di settore di cui all’articolo 62 -bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito con modificazioni nella legge 29 ottobre 1993, n. 427, non possono essere utilizzati per l’azione di accertamento, di cui all’articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146”; esso è stato introdotto solo con il successivo articolo 2, comma 1, del D.M. Economia e Finanze in data 16 marzo 2011, prevedendosi altresì espressamente (al successivo comma 4 del medesimo articolo 5, da ultimo modificato dall’articolo 6, comma 1, del D.M. Economia e Finanze in data 28 dicembre 2012) che le disposizioni di cui al presente articolo si applicano al periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2010, ( … ) ed a quello in corso alla data del 31 dicembre 2011 ed ai successivi.
2.1. In considerazione del dettato normativo vigente ratione temporis , devono ritenersi inapplicabili alla fattispecie in oggetto (relativa ad accertamento per l’anno 2008) i DDMM Economia e Finanze dell’11 febbraio 2008 e del 16 marzo 2011 che hanno esteso la preclusione ad accertamenti fondati su studi di settore anche alle società cooperative a mutualità prevalente, ma solo a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data del 31 Dicembre 2010.
Deve quindi formularsi il seguente principio di diritto: ‘L’articolo 2, comma 1, del D.M. Economia e Finanze 16 marzo 2011, che ha introdotto l’art. 5, comma 1, del D.M. Economia e Finanze 11 febbraio 2008, che ha previsto che anche nei confronti delle società cooperative a mutualità prevalente di cui all’articolo 2512 del codice civile, i risultati derivanti dall’applicazione degli studi di settore di cui all’articolo 62 -bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito con
modificazioni nella legge 29 ottobre 1993, n. 427, non possono essere utilizzati per l’azione di accertamento, è applicabile a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data del 31 Dicembre 2010’.
Il secondo motivo parimenti è fondato.
Invero, in ragione della normativa applicabile ratione temporis , soltanto le cooperative che svolgevano attività rivolte esclusivamente a favore dei propri soci erano escluse dall’applicabilità degli studi di settore, i quali, per converso, trovavano applicazione – di regola – alle società cooperative a c.d. mutualità prevalente (cioè quelle società la cui attività è svolta a favore dei soci o associati e degli utenti, ma non in via esclusiva).
3.1. La sussistenza del requisito della mutualità ‘ esclusiva ‘ deve dunque essere rigorosamente dimostrata dalla Società che pretenda la propria esclusione all’applicazione del metodo accertativo fondato sugli studi di settore, onde evitare che detta esclusione venga indebitamente estesa a realtà economiche non autenticamente mutualistiche, e ciò sulla base dei criteri del codice civile di individuazione di tale presupposto (articoli 2512, 2513 e 2514 cod. civ).
3.2. In proposito, l’orientamento di questa Corte in ordine al valore presuntivo degli studi di settore si mantiene consolidato nel senso di ritenere il contribuente onerato di allegare, ed anche di provare ancorché senza limitazioni di mezzi e di contenuto – la sussistenza di circostanze di fatto tali da allontanare la sua attività dal modello normale al quale i parametri fanno riferimento, sì da giustificare un reddito inferiore a quello che sarebbe stato normale secondo la procedura di accertamento tributario standardizzato, mentre sull’ente impositore quello di dimostrare l’applicabilità dello standard prescelto al caso concreto oggetto di accertamento (Cass. 02/10/2023, n. 27747; Cass. 21/12/2021).
3.3. Ancora costituisce giurisprudenza consolidata (Cass. SS.UU. 18/12/2009, n. 26635) quella secondo cui ‘La procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è “ex lege” determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standards” in sé considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente. In tale sede, quest’ultimo ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli “standards” o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello “standard” prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente. L’esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità degli “standards” al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte. In tal caso, però, egli assume le conseguenze di questo suo comportamento, in quanto l’Ufficio può motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli “standards”, dando conto dell’impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale
invito, ed il giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all’invito’.
3.4. Nella fattispecie in esame, la C.t.r. ha fatto malgoverno dei superiori principi allorquando ha affermato che ‘nella specie si trattava di una cooperativa di produzione e lavoro e, pertanto, tutti i dipendenti andavano considerati necessariamente soci, con la conseguente inapplicabilità automatica degli studi di settore’; così opinando ha ipotizzato un automatismo tra la natura di società di cooperativa e lavoro e la sua mutualità ‘completa’, a prescindere dalla verifica in concreto dei presupposti, piuttosto conferendo apoditticamente importanza alla coincidenza tra ‘soci’ e ‘dipendenti’. La C.t.r. ha, peraltro, errato anche nella distribuzione dell’onere della prova, poiché il contribuente ha l’onere di provare, sin dal contraddittorio preventivo, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli “standards” o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame.
Vieppiù che la prova dei presupposti occorrenti per l’esclusione dell’utilizzo degli studi di settore per l’anno d’imposta 2008 avrebbe dovuto essere fornito dalla stessa Società contribuente, onerata ‘di provare, senza limitazioni di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustifichino l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli «standars» oppure la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo considerato’ (Cass. 30/04/2024, n. 11686).
4. In conclusione, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata ed il giudizio va rinviato innanzi al giudice a quo , affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio del giudizio innanzi alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 17 dicembre 2024.