Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9481 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9481 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4203/2015 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVAP_IVA che la rappresenta e difende ex lege
-ricorrente-
contro
QUI RAGIONE_SOCIALE, in persona della legale rappresentante pro tempore NOME COGNOME, COGNOME NOME in proprio e COGNOME NOME, elettivamente domiciliate in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), rappresentate e difese, in virtù di procura in calce al controricorso, dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della Lombardia -Sez. staccata di Brescia – n. 5647/2014, depositata il 03/11/2014, notificata il 3/12/2014
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/03/2024 dal Co: COGNOME NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La società contribuente ‘RAGIONE_SOCIALE era attinta da avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2008 a seguito di riscontro contabile e di magazzino sugli imballaggi per la pizza da asporto. Ne seguiva la ricostruzione induttiva dei ricavi dichiarati, contestando maggior reddito per €.36.297 ,64 non esposto al Fisco.
La società contribuente ed i soci ricorrevano al giudice di prossimità contestando la ritualità dell’applicazione del meccanismo degli studi di settore per essersi essi contribuenti adeguati al valore ritenuto congruo e inoltre contestavano le presunzioni utilizzate dall’Ufficio.
Le ragioni di parte privata non trovavano accoglimento in primo grado, ma erano apprezzate in appello, donde ricorre per Cassazione l’Avvocatura generale dello Stato affidandosi ad unico motivo, cui replicano con tempestivo controricorso le parti private.
CONSIDERATO
Con l’unico motivo di ricorso si prospetta censura a mente dell’articolo 360 numero 3 del codice di procedura civile, per violazione dell’articolo 10, comma quarto bis , della legge numero 146 del 1998 -nel testo vigente ratione temporis – e dell’articolo 32 del decreto legislativo 546 del 1992. In buona sostanza si contesta l’affermazione del collegio di secondo grado dove statuisce che l’adeguamento della parte contribuente agli studi di settore comporti l’inibizione dell’Ufficio di adottare atti impositivi. In altri termini,
l’accertamento induttivo applicato dall’Ufficio sarebbe illegittimo in quanto la norma sopraindicata toglie qualunque potere impositivo allorquando il contribuente si sia adeguato ai maggiori ricavi risultanti dagli studi di settore, ancorché non risulti coerente sulla base degli indicatori di cui all’articolo 10 bis , secondo comma, della legge numero 146 del 1998. In estrema sintesi, la tesi erariale afferma che l’inibizione del potere impositivo vi sia non solo per l’effetto dell’adeguamento dei ricavi o compensi indicanti dagli studi di settore, ma altresì per aver tenuto conto degli indicatori di coerenza, come risultanti dagli specifici indicatori. Nel caso in esame, la società contribuente risultava non coerente rispetto all’indice valore aggiunto per addetto, margine operativo lordo per addetto non dipendente, ricarico, resa dei consumi di energia elettrica.
La questione della corretta esegesi della disposizione di legge qui in rilievo è stata già affrontata da questa Corte con indirizzo cui merita dare continuità. Ed infatti, il divieto di effettuare le rettifiche sulla base di presunzioni semplici, ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 54, comma 2, ultimo periodo, del d.P.R. n. 633 del 1972, nei confronti dei contribuenti che non superino la soglia del quaranta per cento di scostamento tra i ricavi o i compensi non dichiarati e quelli dichiarati, previsto dal comma 4bis dell’art. 10 della l. n. 146 del 1998 (comma inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 296 del 2006), ha avuto efficacia sin dall’anno d’imposta 2006, atteso che il comma 14 dell’art. 1 della stessa l. n. 296 del 2006, nel disporre l’applicazione, per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2006, degli «specifici indicatori di normalità economica», stabilisce, al suo ultimo periodo, che «si applicano le disposizioni di cui al comma 4bis dell’art. 10 della medesima legge» n. 146 del 1998 (cfr. Cass. ord. n. 17990/2019).
Più precisamente, è stato specificato che, ai fini di una ricognizione completa della normativa, deve considerarsi anche quanto disposto al comma 14 dell’art. 1 della legge 27-12- 2006, n.
296. Infatti, solo i “valori di coerenza” di cui al comma 2 dell’art. 10 bis della legge 146/1998, come inserito dal comma 13 dell’art. 1 della legge 27-12-2006, n. 296, risultanti da specifici indicatori definiti da ciascuno studio dovevano essere applicati a decorrere dal 1° gennaio 2007. Nell’anno 2006, invece, non essendo ancora presenti i “valori di coerenza”, dovevano essere applicati gli “indicatori di normalità economica”. Gli indicatori di normalità economica dovevano essere utilizzati proprio nel periodo transitorio relativo all’anno di imposta 2006. Il comma 14 dell’art. 1 della legge 27-12-2006, n. 296, infatti, prevede, nella formulazione vigente ratione temporis , che “fino alla elaborazione e revisione degli studi di settore previsti dall’articolo 62bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, e successive modificazioni, che tengono conto degli indicatori di coerenza di cui al comma 2 dell’articolo 10 bis della legge 8 maggio 1998, n. 146, introdotto dal comma 13, con effetto dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2006, ai sensi dell’articolo 1 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1999, n. 195, si tiene altresì conto di specifici indicatori di normalità economica, di significativa rilevanza, idonei alla individuazione di ricavi, compensi e corrispettivi fondatamente attribuibili al contribuente in relazione alle caratteristiche e alle condizioni di esercizio della specifica attività svolta”. (ancora Cass. V, n. 17990/2019).
Ne consegue che vertendosi dell’anno di imposta 2008 – per sottrarsi al potere impositivo dell’Ufficio, alla società contribuente non era sufficiente adeguarsi alla congruità dell’importo secondo gli studi di settore ma avrebbe dovuto anche essere coerente con i quattro indicatori di normalità economica. Tale non essendo qualificatasi, legittimo era il potere dell’amministrazione finanziaria di ricostruire induttivamente il maggiore reddito sulla scorta degli indici e degli elementi rilevati dall’indagine di magazzino.
Pertanto, il ricorso è fondato e deve essere accolto, la sentenza cassata con rinvio al giudice di merito perché si conformi ai sopraindicati principi.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza; rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 05/03/2024.