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Studi di settore: coerenza e accertamento fiscale

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9481/2024, ha stabilito che l’adeguamento ai soli ricavi previsti dagli studi di settore non è sufficiente a precludere un accertamento fiscale da parte dell’Agenzia delle Entrate. Per beneficiare della protezione contro gli atti impositivi, il contribuente deve essere non solo congruo ma anche coerente con gli specifici indicatori di normalità economica. Nel caso esaminato, una pizzeria, sebbene avesse adeguato i ricavi, risultava incoerente con altri parametri, legittimando così la ricostruzione induttiva del maggior reddito da parte del Fisco.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Studi di settore: la coerenza è la chiave per evitare l’accertamento

L’adeguamento ai ricavi indicati dagli studi di settore è sempre stato visto da molti imprenditori come uno scudo contro possibili accertamenti fiscali. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 9481 del 9 aprile 2024) ha ribadito un principio fondamentale: la sola congruità dei ricavi non basta. Per essere al riparo dal potere impositivo del Fisco, è necessario che l’attività economica sia anche ‘coerente’ con specifici indicatori di normalità. Vediamo insieme cosa significa e quali sono le implicazioni pratiche di questa decisione.

I Fatti: Il caso della pizzeria e l’accertamento fiscale

Il caso ha origine da un avviso di accertamento notificato a una società di persone che gestiva una pizzeria da asporto. L’Agenzia delle Entrate, a seguito di un controllo sul numero di imballaggi utilizzati, aveva ricostruito induttivamente i ricavi dell’attività per l’anno d’imposta 2008, contestando un maggior reddito non dichiarato per oltre 36.000 euro.

La società e i soci si erano opposti, sostenendo di essersi adeguati ai ricavi previsti dagli studi di settore per la loro attività e che questo avrebbe dovuto impedire all’Ufficio di procedere con ulteriori accertamenti. Mentre in primo grado le ragioni dei contribuenti non erano state accolte, la commissione tributaria regionale aveva dato loro ragione, affermando che l’adeguamento comportasse l’inibizione del potere impositivo dell’Amministrazione Finanziaria. L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso per Cassazione.

La questione giuridica: Congruità e coerenza negli studi di settore

Il cuore della controversia ruotava attorno all’interpretazione della normativa sugli studi di settore applicabile all’annualità 2008. La domanda era: per beneficiare della ‘protezione’ dagli accertamenti basati su presunzioni, è sufficiente che un’impresa dichiari ricavi ‘congrui’ (cioè in linea con quanto previsto dallo studio), oppure è richiesta anche la ‘coerenza’ con altri indicatori economici?

L’Amministrazione Finanziaria sosteneva che l’effetto inibitorio del potere impositivo scattasse solo in presenza di entrambi i requisiti. Nel caso specifico, la pizzeria, pur avendo dichiarato ricavi congrui, risultava non coerente rispetto a diversi indicatori, tra cui il valore aggiunto per addetto, il margine operativo lordo e il ricarico. Questo, secondo il Fisco, legittimava pienamente l’accertamento induttivo.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto la tesi dell’Agenzia delle Entrate, fornendo un’importante chiave di lettura della normativa. I giudici hanno chiarito che, per l’anno d’imposta 2008, la legge (in particolare la Legge n. 146/1998 e le successive modifiche) richiedeva un doppio controllo. Non era sufficiente adeguarsi ai maggiori ricavi risultanti dagli studi di settore, ma era altresì necessario rispettare gli ‘indicatori di normalità economica’ (poi definiti ‘indicatori di coerenza’).

La Corte ha specificato che la finalità della norma è quella di premiare i contribuenti che non solo raggiungono una soglia minima di reddito, ma che dimostrano anche una gestione economicamente logica e in linea con le prassi del proprio settore. L’incoerenza rispetto a indici come il ricarico o il margine operativo può essere un sintomo di anomalie gestionali o di un’errata dichiarazione dei dati, che giustifica un approfondimento da parte dell’Ufficio.

Di conseguenza, la Corte ha stabilito che la commissione tributaria regionale aveva sbagliato nel ritenere che il solo adeguamento dei ricavi fosse sufficiente a paralizzare l’azione del Fisco. Poiché la società contribuente non era risultata coerente, l’accertamento induttivo, basato su elementi concreti come il consumo degli imballaggi, era da considerarsi legittimo.

Conclusioni: cosa insegna questa sentenza

La decisione della Cassazione ribadisce un principio cruciale per tutti i contribuenti soggetti agli ISA (Indici Sintetici di Affidabilità Fiscale), che hanno sostituito gli studi di settore: la compliance fiscale non è un mero esercizio numerico sui ricavi. È un’analisi complessiva della gestione aziendale. Per evitare contestazioni, non basta dichiarare un reddito ‘sufficiente’, ma è fondamentale che tutti i dati comunicati al Fisco siano coerenti e riflettano una gestione economicamente plausibile. Questa sentenza serve da monito: l’Amministrazione Finanziaria ha il potere di guardare oltre il singolo dato dei ricavi e di utilizzare presunzioni qualora emergano significative anomalie gestionali, anche se il contribuente risulta formalmente ‘congruo’.

Adeguarsi ai ricavi previsti dagli studi di settore è sufficiente per evitare un accertamento fiscale?
No, secondo la Corte non è sufficiente. Oltre alla congruità dei ricavi, il contribuente deve dimostrare anche la coerenza con specifici indicatori di normalità economica previsti dagli stessi studi per essere protetto da accertamenti basati su presunzioni semplici.

L’Agenzia delle Entrate può usare un accertamento induttivo se un’azienda è congrua ma non coerente con gli studi di settore?
Sì. La sentenza afferma che se un’azienda non risulta coerente con gli indicatori di normalità economica (come margine operativo, ricarico, ecc.), l’Amministrazione Finanziaria ha il potere legittimo di procedere con una ricostruzione induttiva del reddito, basandosi su altri indici ed elementi rilevati.

Qual era il regime normativo applicabile per l’anno d’imposta 2008 in materia di studi di settore?
Per l’anno d’imposta 2008, la normativa prevedeva che per beneficiare della protezione dagli accertamenti basati su presunzioni semplici, il contribuente dovesse essere non solo congruo (in termini di ricavi dichiarati) ma anche coerente con gli indicatori di normalità economica. La sola congruità non inibiva il potere impositivo dell’Ufficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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