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Studi di settore: accertamento e definizione agevolata

Un professionista ha ricevuto un avviso di accertamento fiscale per Irpef, Irap e Iva basato sugli studi di settore, che evidenziavano un reddito dichiarato inferiore alle medie statistiche. La Commissione Tributaria Regionale ha confermato la validità dell’accertamento. Tuttavia, giunto in Cassazione, il professionista ha richiesto l’estinzione del giudizio per aver aderito a una definizione agevolata. La Corte ha sospeso la decisione, emettendo un’ordinanza interlocutoria per consentire all’Agenzia delle Entrate di verificare la regolarità della procedura di sanatoria.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Studi di settore: la Cassazione sospende il giudizio per definizione agevolata

L’applicazione degli studi di settore come strumento di accertamento fiscale è da sempre al centro di un acceso dibattito legale. Questi strumenti statistici, se da un lato mirano a contrastare l’evasione, dall’altro possono generare contestazioni quando non riescono a cogliere le specificità dell’attività di un singolo contribuente. Una recente ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione mette in luce un ulteriore aspetto: l’interferenza delle procedure di sanatoria, come la definizione agevolata, nei giudizi tributari in corso. Analizziamo il caso di un medico del lavoro il cui ricorso è stato momentaneamente sospeso proprio per verificare l’avvenuta regolarizzazione del debito.

I Fatti del Caso: un accertamento basato su dati statistici

Un medico del lavoro si è visto recapitare avvisi di accertamento per gli anni 2006 e 2007, con i quali l’Agenzia delle Entrate rettificava il suo reddito imponibile ai fini Irpef, Irap e Iva. La contestazione si fondava principalmente sull’applicazione degli studi di settore. Secondo il Fisco, il professionista dichiarava un reddito notevolmente inferiore rispetto alla media del suo cluster di riferimento.

In particolare, l’Agenzia evidenziava due principali anomalie:
1. Incoerenza nell’indice di resa oraria: il rapporto tra i compensi dichiarati e le ore lavorate dal medico (13,3) era drasticamente inferiore alla media del settore, che oscillava tra un minimo di 37,99 e un massimo di 170,73.
2. Anomalia nella clientela: il professionista dichiarava di svolgere il 98% della sua attività per le aziende, mentre la media dei medici del lavoro nel suo cluster era del 71% a favore di società e il resto verso privati.

Inoltre, per l’anno 2007, veniva contestata la deduzione di costi e la detrazione dell’Iva relativi a una fattura per “servizi di segreteria” emessa da una società di cui lo stesso medico era socio accomandatario. Secondo l’Ufficio, tali costi erano indeducibili perché non documentati e non inerenti all’attività.

La Commissione Tributaria Regionale accoglieva le ragioni dell’Agenzia delle Entrate, ritenendo legittimo l’accertamento. Contro questa decisione, il professionista ha proposto ricorso in Cassazione.

Le censure del contribuente sugli studi di settore

Il ricorso del contribuente si articolava in sei motivi, volti a smontare la decisione dei giudici di secondo grado. Le critiche principali vertevano su:

* Errata applicazione degli studi di settore: secondo la difesa, la Commissione Tributaria Regionale aveva motivato in modo illogico e contraddittorio, ignorando le peculiarità dell’attività del professionista che lo rendevano non confrontabile con il cluster di riferimento.
Inversione dell’onere della prova: il contribuente lamentava che lo scostamento dagli studi di settore era stato considerato, erroneamente, una presunzione legale sufficiente a giustificare l’accertamento, ribaltando su di lui l’onere di una prova contraria quasi impossibile da fornire (probatio diabolica*).
* Omesso esame di fatti decisivi: i giudici d’appello non avrebbero considerato elementi cruciali, come il tentativo di adesione a una definizione in fase amministrativa, che dimostrava la consapevolezza dell’Ufficio circa l’inadeguatezza dello strumento statistico utilizzato.
* Illegittimità della ripresa dei costi: la contestazione sulla fattura per servizi di segreteria era stata motivata in giudizio con argomenti nuovi e diversi rispetto a quelli indicati nell’avviso di accertamento originario, violando le norme procedurali e il diritto di difesa.

La Svolta Procedurale: la Definizione Agevolata

Poco prima della discussione in Cassazione, il contribuente ha depositato una memoria con cui chiedeva di dichiarare l’estinzione del giudizio. La ragione? Aver perfezionato la “definizione agevolata dei carichi”, una procedura di sanatoria prevista dalla legge che permette di chiudere le pendenze con il Fisco.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

Di fronte a questa nuova circostanza, la Corte di Cassazione non è entrata nel merito dei motivi di ricorso relativi agli studi di settore. Ha invece ritenuto prioritario verificare l’effettiva estinzione della materia del contendere. L’adesione a una definizione agevolata, se regolarmente perfezionata, fa infatti venir meno l’interesse delle parti a una pronuncia giudiziale, poiché il debito tributario è stato saldato secondo le modalità previste dalla legge speciale.

La Corte ha quindi emesso un’ordinanza interlocutoria, ovvero un provvedimento che non chiude il processo ma ne gestisce lo svolgimento. Con questa ordinanza, ha rilevato la necessità di accertare se la definizione agevolata si riferisse proprio agli avvisi di accertamento oggetto del giudizio e se la procedura si fosse conclusa correttamente. Per fare ciò, ha rinviato la causa a nuovo ruolo, invitando l’Agenzia delle Entrate a prendere posizione formale entro sessanta giorni sulla regolarità della definizione agevolata invocata dal contribuente.

Le conclusioni

Questa ordinanza dimostra come le procedure di sanatoria fiscale possano avere un impatto diretto sui processi tributari in corso, anche quando questi sono arrivati al massimo grado di giudizio. La decisione della Cassazione è improntata a un principio di economia processuale: prima di analizzare complesse questioni di merito, come la legittimità di un accertamento basato sugli studi di settore, è fondamentale verificare se la lite esista ancora. Se la definizione agevolata risulterà valida e completa, il giudizio si estinguerà per cessata materia del contendere, senza che la Corte debba pronunciarsi sulla fondatezza delle pretese originarie del Fisco. In caso contrario, il processo riprenderà il suo corso e i giudici dovranno affrontare le questioni sollevate dal ricorrente.

Qual è il motivo principale dell’accertamento fiscale contro il professionista?
L’accertamento si basa sull’applicazione degli studi di settore, i quali hanno evidenziato una significativa discrepanza tra il reddito dichiarato dal contribuente e la media statistica del suo gruppo di riferimento (cluster), in particolare per quanto riguarda l’indice di resa oraria.

Perché la Corte di Cassazione non ha deciso subito il caso?
La Corte ha sospeso la decisione perché il contribuente ha presentato un’istanza per l’estinzione del giudizio, affermando di aver saldato il debito tramite una “definizione agevolata” (una forma di sanatoria fiscale). La Corte ha ritenuto necessario verificare prima la validità di tale procedura.

Cosa ha ordinato la Corte di Cassazione?
La Corte ha emesso un’ordinanza interlocutoria con cui ha rinviato la causa e ha ordinato all’Agenzia delle Entrate di verificare, entro 60 giorni, la regolarità della procedura di definizione agevolata presentata dal contribuente e di comunicarne l’esito. La decisione sul merito del ricorso è quindi subordinata a questa verifica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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