Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15512 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15512 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8336/2018 R.G. proposto da
COGNOME in qualità di erede di COGNOME rappresentato e difesa dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, gia RAGIONE_SOCIALE
-intimata – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia n. 2897/12/17 depositata il 3 agosto 2017
Udita la relazione svolta nella udienza del 29 aprile 2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Oggetto:
L’ oggetto della controversia è l’ avviso di intimazione (n. NUMERO_CARTA, notificato il 15.1.2013 con i relativi atti presupposti, cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA e avviso di accertamento ad essa sotteso, notificato da RAGIONE_SOCIALE oggi RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi intimata) nei confronti di NOME COGNOME (d’ora in poi dante causa dell’odierna ricorrente). La CTP ha rigettato il ricorso e la CTR ha confermato la pronuncia di primo grado, per quello che ancora oggi rileva, sulla base delle seguenti ragioni:
-l’appello è infondato in quanto si tratta di un’impugnativa avverso l’intimazione di pagamento per una precedente cartella esattoriale che risulta ritualmente notificata;
-non può pertanto essere fatta valere alcuna eccezione in riferimento all’intimazione di pagamento che costituisce solo un ulteriore avviso prima dell’esecuzione forzata;
-in conformità a quanto affermato dal giudice di primo grado, si deve ritenere legittima la procedura di notificazione della cartella consegnata a mani di persona di famiglia, legata, quindi, al destinatario da vincolo di parentela che legittima la presunzione di futura consegna al reale destinatario dell’appello;
-ugualmente da condividere sono le argomentazioni esposte dalla sentenza di primo grado avverso le eccezioni riguardanti la mancanza di qualifica dell’agente di riscossione e tutte le altre che avrebbero potuto essere svolte solo nei confronti degli atti prodromici che invece non sono stati impugnati nei termini prescritti.
Il ricorrente ha proposto ricorso fondato su sei motivi e con memoria si è costituita NOME COGNOME in qualità di erede di NOME COGNOME (d’ora in poi ricorrente), mentre Riscossione Sicilia s.p.a. è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente si osserva che il ricorso è tempestivo ed è stato regolarmente notificato. La sentenza oggi impugnata è stata depositata il 3 agosto 2017 e non è stata notificata. La notifica, effettuata a mezzo pec è stata consegnata e accettata dall’odierna intimata il 28 febbraio 2018, nel rispetto del termine semestrale previsto dall’art. 327, primo comma
c.p.c., come richiamato dall’art. 38, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992 , tenuto conto della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale (art. 16, comma 1, del d.l. n. 132 del 2014, conv., con modif., dalla l. n. 162 del 2014).
Si ricorda che nel computo dei termini processuali mensili o annuali, fra i quali è compreso quello di decadenza dall’impugnazione ex art. 327 c p.c., per effetto degli artt. 155, comma 2, c.p.c., e 2963, comma 4, c.c., il sistema della computazione civile va effettuato non ex numero bensì ex nominatione dierum , nel senso che il decorso del tempo si ha, indipendentemente dall’effettivo numero dei giorni compresi nel rispettivo periodo, allo spirare del giorno corrispondente a quello del mese iniziale; analogamente si deve procedere quando il termine di decadenza interferisca con il periodo di sospensione feriale dei termini, sicché per calcolare i termini di decadenza dal gravame non occorre tenere conto dei giorni compresi tra il primo e trentunesimo giorno agosto di ciascun anno (Cass., Sez. 6 – 1, n. 17640 /2020, Rv. 658722 – 01).
Con il primo motivo il ricorrente prospetta , in relazione all’art. 360 , primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 112, 132 c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., nonché degli artt. 1, comma 2, n.4, d ell’art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992. Contesta che la sentenza impugnata si è limitata a rinviare alla pronuncia di primo grado senza riportarne i passi salienti, non consentendo di conoscere quale sia il dato probatorio che è stato ritenuto preponderante e quali siano gli elementi di prova posti a fondamento della decisione.
3.Con il secondo motivo il ricorrente prospetta , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c., 2697 c.c. e dell’art. 39 della l. n. 112 del 1999. Deduce che la sentenza abbia omesso qualsiasi pronuncia sull’eccezione relativa all’onere a carico della parte ricorrente di chiamata in causa dell’ente impositore.
Con il terzo motivo la ricorrente prospetta , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la violazione e falsa applicazione de ll’art. 112 c.p.c., nonché dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 26 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 60
del d.P.R. n. 602 del 1973. Contesta che la sentenza impugnata abbia omesso di pronunciarsi sull’eccezione relativa alla mancata la notifica dell’avviso di accertamento, atto presupposto e sulla illegittimità o irregolarità della procedura di notifica.
Con il quarto motivo la ricorrente prospetta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 del d.l. n. 953 del 1982, convertito dalla l. n. 53 del 1983 e dall’art. 112 c.p.c. Contesta l’omessa pronuncia sul motivo riguardante l’eccepita prescrizione del tributo, sollevate in entrambi i gradi del merito (motivo n. 21 del ricorso introduttivo, motivo 21 dell’appello).
Con il quinto motivo la ricorrente prospetta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 18 del d.P.R. n. 45 del 2000, dell’art. 2967 c.c., dell’art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, dell’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 112 c.p.c. Contesta di avere eccepito (motivo 7 c pag. 31 dell’appello) che la RAGIONE_SOCIALE non rivestiva la qualifica di pubblico ufficiale ed anche ammessa tale qualifica, la conformità delle copie all’originale non era stata rilasciata secondo i criteri di legge.
Con il sesto motivo il dante causa dell’odierna ricorrente prospetta, in relazione all’art. 360, primo comma, n n. 3 e 5, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., dell’art. 26 del d.p.r. n. 602 del 1973, dell’art. 60 del d.p.r. n. 600 del 1973 e dell’art. 4 della l. n. 890 del 1982; nonché l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti. Contesta la violazione delle norme relative alla notificazione, in quanto l ‘odierna intimata avrebbe prodotto solamente il lato verso de ll’avviso di ricevimento e non i l lato fronte della notifica della cartella di pagamento sottesa all’a tto oggetto del giudizio.
La ricorrente con la memoria ha chiesto che venisse dichiarata la cessata materia del contendere, invocando l’applicazione dell’art 4, comma 1, del d.l. n. 119 del 2018, convertito dalla l. n. 136 del 2018.
La disposizione prevede lo stralcio ex lege dei debiti tributari che non superano l’importo di € 1.000,00, affidati agli agenti di riscossione nel periodo compreso tra il 2000 e il 2010.
La norma non richiede la presentazione di alcuna domanda da parte degli interessati, perché l’annullamento è automatico. In particolare, il comma 1 dell’art. 4 del d.l. cit. ha stabilito che: «i debiti di importo residuo, alla data di entrata in vigore del presente decreto, fino a mille euro, comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni, risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 10 gennaio 2000 al 31 dicembre 2010, ancorché riferiti alle cartelle per le quali è già intervenuta la richiesta di cui all’articolo 3, sono automaticamente annullati. L’annullamento è effettuato alla data del 31 dicembre 2018 per consentire il regolare svolgimento dei necessari adempimenti tecnici e contabili…».
L’art. 16quater del d.l. n. 34 del 2019, conv. con modif. in l. n. 58 del 2019, ha poi aggiunto che «Gli enti creditori, sulla base dell’elenco trasmesso dall’agente della riscossione, adeguano le proprie scritture contabili entro la data del 31 dicembre 2019, tenendo conto degli eventuali effetti negativi già nel corso della gestione e vincolando allo scopo le eventuali risorse disponibili alla data della comunicazione».
Lo stralcio automatico da parte del Fisco riguarda, con effetto al 31 dicembre 2018, le cartelle esattoriali in cui: a) il carico risulta affidato dall’ente impositore all’agente della riscossione tra il 10 gennaio 2000 e il 31 dicembre 2010; b) i debiti (risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione) alla data del 24 ottobre 2018 sono di importo residuo massimo di € 1000,00 (comprensivo di sanzioni ed interessi).
Ritiene il Collegio di aderire all’orientamento seguito dalla Sezione Tributaria, secondo cui il limite di valore si riferisce ai debiti di importo residuo comprensivi di sorte capitale, interessi e sanzioni. Non si tiene conto, invece, degli interessi di mora e dell’aggio della riscossione. Tale limite è riferito al “singolo carico affidato”, sicché nell’ambito operativo della norma rientrano tutte quelle cartelle, anche di importo complessivo
superiore a € 1000,00, il cui singolo carico affidato all’agente della riscossione non superi l’importo di mille euro. Per “carico” si intende, infatti, la singola partita di ruolo, cioè l’insieme dell’imposta, delle sanzioni e degli interessi accessori. Ne discende che oggetto del condono è il singolo debito e non l’importo complessivo della cartella. Ovviamente l’importo del debito residuo di € 1000,00 per singolo carico va calcolato alla data di entrata in vigore del decreto (24 ottobre 2018) (tra le tante Cass., Sez. 5, n. 11817/2020, Rv. 658928 -01, Sez. 5, n. 17595 del 2024, Sez. n. 658 del 2025).
Nel caso di specie l’ intimazione di pagamento n. NUMERO_CARTA notificata il 15/01/2013 pone a fondamento la cartella n. 29120000003720801 e il ruolo n. 88 dell’anno 2000 dell’importo di € 712,34 (doc. n.1);
Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile per carenza di interesse, stante l’intervenut o annullamento ex lege del titolo contestato. Nulla sulle spese stante la mancata costituzione dell’intimata. Visto l’esito della lite, s i dà atto che non sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso in Roma il 29 aprile 2025