Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8717 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 8717 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/04/2025
IRES ACCERTAMENTO
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 4537/2016 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rapp.te pro tempore NOME COGNOME, e RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rapp.te pro tempore NOME COGNOME, rappresentate e difese, per procura speciale a margine del ricorso, dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliate in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO;
-ricorrenti – contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv ocatura AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO presso la quale è domiciliata in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 3191/2015, depositata il 10 luglio 2015; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO nella pubblica udienza del 19 marzo 2025; dato atto che il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, ha concluso per il rigetto del ricorso, con correzione della motivazione della sentenza impugnata; sentito l’AVV_NOTAIO per l’amministrazione controricorrente .
FATTI DI CAUSA
L’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Entrate notificò due avvisi di accertamento, rispettivamente alla società RAGIONE_SOCIALE (consolidante) e alla società RAGIONE_SOCIALE (consolidata) con i quali rettificava l’Ires dovuta per l’anno di imposta 2007.
La pretesa erariale traeva origine da un’operazione di stock lending posta in essere dalla consolidata, consistita nell’assunzione in prestito, da tale società RAGIONE_SOCIALE operante nella Repubblica Ceca, di un certo numero di azioni della società portoghese RAGIONE_SOCIALE con sede nell’isola di Madeira, dietro corrispettivo in forma di commissione annua variabile in ragione dei dividendi relativi alle azioni ricevute.
L’Ufficio ritenne che tale contratto fosse, per ipotesi alternative, simulato, nullo per carenza dell’oggetto e concluso in
frode alla legge, in quanto stipulato senza valide ragioni economiche e al solo fine di ottenere un risparmio d’imposta.
Di qui la ripresa a tassazione, che per la consolidata aveva ad oggetto il costo rappresentato dagli oneri finanziari sostenuti e, per la consolidante, il conseguente credito d’imposta indicato nella dichiarazione dei redditi.
Le società impugnarono gli avvisi con distinti ricorsi innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Milano, la quale, riunite le impugnazioni, le rigettò.
Il successivo appello RAGIONE_SOCIALE contribuenti seguì identica sorte.
I giudici regionali, in particolare, respinsero la tesi RAGIONE_SOCIALE contribuenti secondo cui gli atti impositivi erano nulli per contraddittorietà della motivazione, ravvisando un rapporto «gerarchico o di alternatività» tra le contestazioni di nullità del contratto per mancanza di alea o di inefficacia AVV_NOTAIO stesso nei confronti del fisco per la sua finalità unicamente elusiva; rilevarono, in tal senso, che la RAGIONE_SOCIALE aveva comunque ritenuto che il contratto di stock lending fosse assistito dall’unico scopo di ottenere un risparmio di imposta e che, in ogni caso, l’alea del contratto «esisterebbe solo da un punto di vista meramente astratto» e, anche ove sussistenti «limitatissimi margini di ‘scommessa’, questi risulterebbero privi di qualsiasi rilevanza» in quanto «le perdite sarebbero state inferiori agli indebiti vantaggi fiscali».
La sentenza d’appello è stata impugnata dalle società contribuenti con ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.
Ha resistito con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
In prossimità dell’udienza il difensore RAGIONE_SOCIALE ricorrenti ha depositato atto di rinuncia al mandato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo le ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della l. 22 luglio RAGIONE_SOCIALE, n. 212, dell’art. 42 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, degli artt. 3 e 21septies della l. 7 agosto 1990, n. 241 nonché «dei principi generali in tema di motivazione degli atti impositivi».
Sostengono, al riguardo, che i giudici d’appello avrebbero errato nel non rilevare la nullità degli avvisi per contraddittorietà della motivazione, laddove, in particolare, venivano contemporaneamente dedotte la nullità del contratto di stock lending oggetto di verifica da parte dell’Ufficio e la sua elusività, e ciò quantunque si trattasse di vizi fra loro incompatibili perché fondati su elementi contrastanti, atteso che il rilievo della natura abusiva di un contratto sotto il profilo fiscale postula l’affermazione dell’intrinseca validità AVV_NOTAIO stesso .
Con il secondo motivo, formulato in via subordinata, è dedotta nullità della sentenza per contrasto con gli artt. 61 e 36, comma 2, num. 4), del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, 132, comma primo, num. 4), cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ. e 111, comma sesto, della Costituzione.
La sentenza d’appello sarebbe affetta da vizio insanabile di motivazione in quanto supportata da affermazioni fra loro inconciliabili, laddove, in particolare, sembra dapprima escludere l’alea del contratto, per poi invece affermare la sussistenza di «limitatissimi margini di scommessa», nonché laddove afferma la sussistenza di «un’alea prevedibile» salvo poi ritenere che l’esito della scommessa fosse irrilevante, perché anche un risultato negativo sarebbe stato foriero di vantaggi fiscali.
In ogni caso, l’affermata coesistenza del vizio di nullità del contratto e della natura fraudolenta dell’operazione rileverebbe anche sotto detto profilo.
Il terzo mezzo, anch’esso formulato in via di subordine, denunzia violazione degli artt. 1325, 1418, comma secondo, e 1469 cod. civ., nonché dell’art. 10, comma 3, della l. n. 212/RAGIONE_SOCIALE.
Ad avviso RAGIONE_SOCIALE ricorrenti, la RAGIONE_SOCIALE avrebbe errato nel far coincidere la causa del contratto con le conseguenze fiscali dell’operazione, anziché con le sue ragioni economiche.
Con il quarto motivo, formulato in via subordinata ai primi due, le ricorrenti deducono la violazione degli artt. 2727 e 2729 cod. civ. «e dei principi in materia di prova per presunzioni».
In tal senso, criticano la sentenza d’appello nella parte in cui ha ritenuto il contratto nullo per assenza di alea sul presupposto che la società ceca mutuante fosse la controllante della società portoghese le cui quote erano state cedute in prestito e avesse mantenuto il diritto di voto, così da determinare i risultati di gestione della controllata; sostengono, infatti, che in tale circostanza non sarebbero ravvisabili i caratteri del ‘fatto noto’ , idonei a fondarne il valore probatorio tipico RAGIONE_SOCIALE presunzioni.
Infine, con il quinto motivo (anch’esso formulato in via di subordine ai primi due), le ricorrenti assumono che la RAGIONE_SOCIALE avrebbe errato in punto all’applicazione del generale divieto di abuso del diritto, avendo ritenuto sussistente tale fattispecie senza indicare quale sarebbe stato il corretto uso AVV_NOTAIO strumento negoziale adottato e in quali termini la loro condotta ne avrebbe comportato un aggiramento.
Il primo motivo non è fondato.
6.1. In relazione alla motivazione degli atti impositivi, la consolidata giurisprudenza di questa Corte -espressa, peraltro, anche dalle decisioni richiamate dalle ricorrenti -afferma che l’art. 42 del d.P.R. n. 600/1973 (già in base al testo originario e, comunque, in virtù dell’art. 3 della l. n. 241/1990 e,
successivamente, della previsione introdotta dall’art. 7 della l. n. 212/RAGIONE_SOCIALE), laddove richiede che l’avviso di accertamento indichi i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che lo hanno determinato, persegue il fine di porre il contribuente in condizione di conoscere la pretesa impositiva in misura tale da consentirgli di valutare l’opportunità di esperire l’impugnazione giudiziale e, in caso positivo, di contestare efficacemente l ‘ an e il quantum debeatur (così da ultimo, e fra le numerose altre, Cass. n. 730/2025).
Tali presupposti, pertanto, vanno forniti all’interessato non solo tempestivamente (e cioè mediante inserimento ab origine nel provvedimento impositivo), ma anche con quel grado di determinatezza ed intelligibilità che permetta al medesimo un esercizio non difficoltoso del diritto di difesa (cfr. Cass. n. 10551/2020; Cass. n. 7056/2014; Cass. n. 23009/2009; Cass. n. 15842/2006).
6.2. Nel caso di specie, le ricorrenti stigmatizzano il fatto che gli atti impositivi loro notificati recassero, contemporaneamente, la contestazione di un contratto nullo per mancanza di alea e il rilievo di un’operazione costituente abuso del diritto, ci ò che presuppone l’uso di un contratto valido per il perseguimento di uno scopo di mero risparmio d’imposta.
Una tale prospettazione, tuttavia, pur se evidenzia, in linea astratta, l’esistenza di fattispecie non compatibili, non incide sulla valutazione della possibilità, per i destinatari degli avvisi, di comprenderne i presupposti ed esporre, al riguardo, le loro difese.
6.3. I giudici d’appello, in particolare, hanno rilevato che gli atti impositivi recavano la contestazione «di un duplice ordine di conseguenze giuridiche, alternativamente o subordinatamente dedotte», rilevando che tale modalità di contestazione non
risultava contraddittoria, poiché evidenziava con chiarezza i presupposti di entrambe le fattispecie contestate, tanto che poi i giudici di prime cure avevano «abbracciato la tesi dell’esercizio abusivo di diritto».
In altri termini, e come correttamente rilevato dalla C.T.R., gli impositivi hanno posto le società contribuenti nelle condizioni di articolare le loro difese, mettendo in evidenza, in punto di fatto, il loro intento di conseguire indebiti vantaggi fiscali attraverso l’ operazione puntualmente descritta.
Rispetto a tale rilievo, la circostanza che l’attività negoziale posta in essere fosse considerata, alternativamente e non cumulativamente, come invalida o elusiva, mirava unicamente a tracciare diversi percorsi di disconoscimento degli effetti fiscali del contratto, senza offuscare la riconoscibilità RAGIONE_SOCIALE ragioni degli atti da parte RAGIONE_SOCIALE contribuenti, le quali, del resto, li hanno impugnati nel merito con ampiezza di argomentazioni.
Le stesse considerazioni conducono al rigetto del secondo mezzo di ricorso.
Il ragionamento dei giudici d’appello, chiaramente intelligibile dalla lettura della sentenza impugnata, tratteggia infatti la sussistenza di una complessiva operazione a carattere elusivo, laddove, in particolare, stigmatizza «indebiti vantaggi fiscali, i quali diventano finalità principale del negozio in questione».
Anche sotto tale profilo, pertanto, diviene irrilevante la circostanza che il contratto fosse privo di alea oppure riconoscesse «limitatissimi margini di ‘scommessa’», poiché, in ogni caso, anche le pur modestissime perdite riportate dalle contribuenti sarebbero state inferiori ai vantaggi perseguiti e ottenuti.
I tre restanti motivi -da scrutinare congiuntamente in quanto connessi, perché tutti attinenti alla ricostruzione del
rapporto da parte dei giudici regionali -sono parimenti infondati; sul punto, tuttavia, la motivazione della sentenza impugnata dev’essere corretta .
8.1. Con riferimento alle operazioni di stock lending -che consistono nel prestito di azioni con previsione, a favore del mutuatario, del diritto all’incasso dei dividendi dietro versamento al mutuante di una commissione (corrispondente, o meno, all ‘ ammontare dei dividendi riscossi) -si realizza lo stesso fenomeno economico dell ‘ usufrutto di azioni, con l’unica differenza della natura del diritto interessato.
L’operazione in questione, pertanto, è soggetta ai limiti previsti dall’art. 109, comma 8, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), «restando il versamento della commissione costo indeducibile» (cfr. Cass. n. 10551/2020; Cass. n. 11872/2017).
Questa Corte, in particolare, ha chiarito che «i vantaggi che il contratto di stock lending consente di conseguire al soggetto che presta i titoli vanno individuati nella possibilità di beneficiare di margini reddituali senza assumere ulteriori rischi di mercato rispetto a quelli già presenti in portafoglio, mantenendo inalterata la flessibilità nella gestione dell’investimento senza ostacolare in alcun modo le scelte operative . […] La fattispecie in esame è di norma caratterizzata dall’assenza di qualsiasi alea contrattuale in ordine al versamento della commissione, ben sapendo le parti sin dalla conclusione del contratto che il prestatario dovrà pagare la fee , sia che l’importo di tale commissione sarà più o meno equivalente al valore dei dividendi distribuiti. Si è, pertanto, ritenuto che, sul piano civilistico, l’operazione sia sostanzialmente ‘neutrale’ per il prestatario , il quale ottiene unicamente un vantaggio fiscale, che gli deriva dalla intassabilità dei dividendi riscossi e dalla integrale deducibilità della commissione versata al
prestatore» (così, in motivazione, Cass. n. 35893/2023; v. anche Cass. n. 9628/2021).
8.2. Ciò premesso, va osservato che i giudici d’appello hanno ricostruito il complessivo meccanismo dell’operazione strutturata dalle contribuenti riconducendolo ad una fattispecie di abuso del diritto.
Essi, in particolare, hanno osservato che la ‘scommessa’ sui titoli dati in mutuo aveva «portata […] ridotta sotto un duplice aspetto», in quanto, in base ad una serie di elementi, «la mutuante sarebbe stata in grado di prevedere con elevata accuratezza i risultati economici della gestione della società avente sede in Madeira» e, d’altra parte, «gli esiti della scommessa poco sarebbero importati […] in quanto il vantaggio fiscale sarebbe stato ad ogni modo superiore rispetto all’esito, anche negativo, dell’ operazione stessa».
Tali rilievi hanno essi hanno poi corroborato con l’indicazione di circostanze fattuali attinenti tanto all’esecuzione del rapporto contrattuale («l’ammontare dei dividendi della società portoghese RAGIONE_SOCIALE era ampiamente prevedibile dalla società ceca mutuante RAGIONE_SOCIALE in ragione del possesso del 100% RAGIONE_SOCIALE quote») quanto alla fase prenegoziale, dai quali ultimi hanno inferito la non sovrapponibilità della presente vicenda al moAVV_NOTAIO di una corretta operazione di stock lending .
8.3. Le conclusioni a cui è giunta la sentenza impugnata appaiono, nelle loro premesse, conformi all’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità nella parte in cui escludono la nullità del contratto per mancanza di causa.
Dalle stesse conclusioni, tuttavia -e sempre in conformità al medesimo orientamento -deve inferirsi la non deducibilità, ex art. 109, comma 8, TUIR, dei costi sostenuti per l’operazione di
stock lending , vale a dire della commissione versata dalla contribuente mutuataria; ed è in tal senso che va integrata la motivazione della sentenza d’appello .
Su tale base, peraltro, va osservato che il fulcro della ripresa a tassazione -pur nel contesto di una diversa qualificazione giuridica dell’operazione ai fini fiscali -continua ad individuarsi nel medesimo presupposto di fatto, ovvero nella contestazione dell’indebita deduzione integrale dal reddito fiscalmente imponibile della commissione corrisposta, ciò che costituisce (al netto RAGIONE_SOCIALE considerazioni svolte per ricondurre la fattispecie in esame a figure negoziali nulle sotto il profilo civilistico, ovvero ad ipotesi elusive) il nucleo della pretesa impositiva.
Pertanto, ricondotto il contratto di stock lending nel perimetro dell’art. 109, comma 8, TUIR, tutte le censure vanno disattese.
In conclusione, il ricorso è complessivamente meritevole di rigetto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
Sussistono i presupposti per il versamento, da parte RAGIONE_SOCIALE ricorrenti, di un importo pari al doppio del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012 .
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna le ricorrenti al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio, che liquida in € 10.000,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte RAGIONE_SOCIALE ricorrenti, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, AVV_NOTAIO stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di