Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2119 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 2119 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/01/2024
TRIBUTI
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 21034/2015 R.G. proposto da:
NOME COGNOME , rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO e NOME AVV_NOTAIO, in base alla procura in margine al ricorso, elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio del primo;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso la stessa domiciliata in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente –
Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Liguria, n. 740, depositata il 12 giugno 2014.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 10 gennaio 2024 dal consigliere NOME COGNOME
Dato atto che il AVV_NOTAIO Procuratore Generale NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso .
Il difensore della contribuente, AVV_NOTAIO per delega AVV_NOTAIO, ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
L’Avvocatura Generale dello Stato, ha concluso a sua volta per il rigetto del ricorso.
Rilevato che:
L’Agenzia ha recuperato a tassazione le somme percepite negli anni 2001, 2002 e 2003 dalla ricorrente ed erogatele dalla RAGIONE_SOCIALE, in relazione all’attività didattica e di recupero di giovani disagiati, ospitati presso un immobile di proprietà della ricorrente stessa sito in Lecchiore di Dolcedo (IM), presupponendo trattarsi di attività d’impresa ivi svolta. L’adìta CTP accoglieva il ricorso della contribuente, osservando che la stessa aveva svolto attività di recupero dei suddetti giovani e pertanto un servizio sociale essenziale dello stato tedesco, pagando al fisco tedesco le relative imposte, il tutto in applicazione dell’art. 19 della convenzione italo-tedesca contro le doppie imposizioni. La CTR, adìta in sede di gravame dall’Agenzia, ha invece annullato la suddetta sentenza perché il caso non era riferibile a funzioni pubbliche di cui al suddetto art. 19 della convenzione, ma consisteva in attività imprenditoriale organizzata in Italia, ov’era situata una stabile organizzazione.
Ricorre quindi la contribuente in cassazione, affidandosi a diciassette motivi. L’Agenzia resiste a mezzo di controricorso.
Successivamente la ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
Considerato che:
1. Con il primo motivo si denuncia violazione degli artt. 2, 3, 23 TUIR; 4,5,7,14 e 19 della convenzione italo-tedesca contro le doppie imposizioni, ratificata con legge n. 459/1992, avendo ritenuto la sentenza d’appello la potestà impositiva italiana sul reddito prodotto dalla ricorrente avendo la stessa residenza in Italia e sussistendo sul territorio italiano una stabile organizzazione, senza identificare quest’ultima e basandosi per la prima
sull’iscrizione anagrafica per un periodo inferiore ai 183 giorni nel 2002 ed assente nel 2003.
1.1. Il motivo è inammissibile. Anzitutto per l’anno d’imposta 2001, e fino al 18 giugno 2002, il giudice d’appello ha compiuto un accertamento in fatto circa la sussistenza della residenza anagrafica della ricorrente in territorio italiano, come tale non oggetto di revisione e denuncia in sede di legittimità. Per il periodo successivo l’assoggettamento è stato affermato sulla base dell’esistenza di una stabile organizzazione in Italia, anch’essa oggetto di un accertamento in fatto, e del versamento del corrispettivo da parte di una società di diritto privato, mentre l’art. 19 della convenzione italo-tedesca, che attribuisce la potestà impositiva al paese erogatore del corrispettivo, si riferisce al’Le remunerazioni diverse dalle pensioni, pagate da uno Stato contraente, da un Land, da una loro suddivisione politica o amministrativa o ente locale ad una persona fisica, in corrispettivo di servizi resi a detto Stato, a detto Land o a detta suddivisione od ente locale’.
Con il secondo motivo si denuncia omesso esame circa l’inidoneità dell’abitazione della ricorrente a produrre reddito.
2.1. Il motivo è inammissibile, dal momento che la CTR ha senz’altro preso in esame l’esistenza dell’immobile in cui si svolgeva l’attività, laddove ha accertato che l’attività stessa veniva ‘svolta in Dolcedo a favore di bambini tedeschi’ (pag.4), appunto ‘presso la propria abitazione’ (pag. 1), e dove ha altresì accertato che tale attività si svolgeva ‘in maniera continuativa con organizzazione, mezzi e risorse proprie della contribuente’ (pag. 3).
Con il terzo motivo si denuncia nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., difettando la sentenza di
motivazione in ordine alla sussistenza di una stabile organizzazione in Italia.
3.1. Il motivo è infondato, perché dal complesso della sentenza si comprende che la stessa ha individuato nell’attività, protrattasi per tutti e tre i periodi d’imposta, di accoglienza e recupero di bambini disadattati, per la quale percepiva un corrispettivo da parte di una società di diritto privato tedesca, la suddetta stabile organizzazione.
Col quarto motivo si denuncia omesso esame circa l’imputabilità del reddito tassato alla asserita stabile organizzazione in Italia.
4.1. Il motivo è inammissibile in quanto anche in questo caso, come si ricava dallo sviluppo del motivo, oggetto della contestazione è in realtà l’accertamento della sussistenza dei presupposti di fatto per una stabile organizzazione, come ben emerge dal riportato passo dei motivi d’appello, mentre non è contestato che i redditi tassati fossero quelli provenienti dai compensi erogati dalla RAGIONE_SOCIALE per l’attività già descritta.
Con il quinto motivo si denuncia violazione degli artt. 2,3 e 23, TUIR, 4,5,7,14 e 19, della convenzione italo-tedesca sulle doppie imposizioni.
5.1. Il motivo è totalmente ripetitivo di quello precedente, e dunque è assorbito.
Con il sesto motivo si denuncia la violazione degli artt. 5 e 7 della già ricordata convenzione italo-tedesca, affermandosi che la sentenza non avrebbe distinto fra svolgimento di una parte dell’attività presso uno stato e stabile organizzazione, distinzione rinveniente dalle indicate disposizioni e dallo stesso commentario OCSE all’art. 5.
6.1. Il motivo è inammissibile perché, avendo espressamente qualificato la CTR l’attività italiana della ricorrente come stabile organizzazione imprenditoriale, esso consiste nella contestazione
circa l’accertamento di fatto in ordine all’esistenza di tale stabile organizzazione in Italia dell’impresa gestita dalla ricorrente.
Con il settimo motivo si denuncia violazione degli artt. 2,3 e 23, TUIR, 4,5,7,14 e 19, della convenzione italo-tedesca sulle doppie imposizioni.
7.1. Il motivo è inammissibile, poiché anzitutto si allega di aver di professionista indipendente ai sensi dell’art. 14 della convenzione.
rilevato per la prima volta in appello la propria natura In ogni caso anche tale attività risulta tassabile ove si trovi nel territorio del paese che ha eseguito la tassazione una base fissa, nozione similare a quella di stabile organizzazione per la quale si rimanda a quanto già osservato.
In particolare, va osservato che l’assimilazione fra la base fissa e il concetto di stabile organizzazione è talmente elevato, che in linea generale l’art. 14 è stato rimosso dal commentario OCSE, sebbene l’Italia abbia espresso sul punto una riserva, ed in ogni caso per la definizione si rimanda all’art. 7 e da qui all’art. 5.
Per quanto poi si riferisce all’i.v.a., in proposito va ricordato che l’art. 7 DPR 633/72 fa riferimento anch’esso al concetto di stabile organizzazione e l’art. 9, paragrafo 1, della Sesta direttiva n.77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte indirette, a quello di centro di attività stabile. In argomento va richiamata la sentenza della CGUE, 17.7.1997, in causa C-190/95, secondo cui il riferimento in parola presuppone ‘un grado sufficiente di permanenza e una struttura idonea, sul piano del corredo umano e tecnico, a rendere possibili in modo autonomo le prestazioni di servizi considerate’ (‘ Un établissement d’une société dans un État membre autre que celui du siège de son activité économique ne peut être considéré comme lieu de ses prestations de services, au sens de l’article 9, paragraphe 1, de la sixième directive 77/388 en matière d’harmonisation des législations des États membres
relatives aux taxes sur le chiffre d’affaires, que s’il présente un degré suffisant de permanence et une structure apte, du point de vue de l’équipement humain et technique, à rendre possibles, de manière autonome, les prestations de services considérées »).
Con l’ottavo motivo si eccepisce l’omesso esame di un fatto decisivo costituito dalla circostanza per cui negli anni in rilievo la ricorrente risultava fiscalmente residente in Germania.
8.1. Il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato. Infatti, per le annualità fino a giugno 2002 non è indicato come e in che modo sia stata dimostrata la residenza in Germania, mentre è incontestato che l’Agenzia abbia tratto la residenza in Italia in tale periodo dalle risultanze anagrafiche, accertamento in fatto poi svolto dal giudice di merito e dunque incensurabile in questa sede come già detto. Per il periodo successivo la circostanza è irrilevante essendo stata accertata la sussistenza di una stabile organizzazione in Italia.
Con il nono motivo si denuncia violazione dell’art. 4 della convenzione suddetta, per aver la CTR omesso di applicare tale norma a fronte della doppia residenza della ricorrente.
9.1. Il motivo è assorbito dal rigetto del motivo che precede.
Con il decimo motivo si denuncia omessa pronuncia circa l’eccezione di inammissibilità dell’appello, e violazione dell’art. 112, cod. proc. civ., denunciate in relazione all’eccepito difetto di specificità dei motivi d’appello.
10.1. Il motivo è infondato, poiché l’esame del merito da parte della sentenza d’appello involge il superamento dei motivi di rito dedotti.
Infatti
Il vizio di omessa pronuncia è configurabile solo nel caso di mancato esame, da parte della sentenza impugnata, di questioni di merito, e non già nel caso di mancato esame di eccezioni pregiudiziali di rito. Pertanto, la sentenza che si assuma avere
erroneamente rigettato l’eccezione di inammissibilità dell’appello non è censurabile in sede di legittimità per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.
(Cass. 23/01/2009, n. 1701).
Con l’undicesimo motivo si denuncia violazione dell’art. 53, d.lgs. n. 546/1992, per omessa dichiarazione di inammissibilità dell’appello.
11.1. Il motivo è del tutto ripetitivo del precedente e risulta assorbito dal rigetto dello stesso.
Con il dodicesimo motivo si denuncia violazione dell’art. 19 della convenzione italo-tedesca contro le doppie imposizioni.
12.1. Il motivo è assorbito da quanto già osservato, in ordine al soggetto erogatore dei corrispettivi percepiti dalla ricorrente, sub motivo primo.
Con il tredicesimo motivo si denuncia omessa pronuncia in relazione all’intervenuta decadenza della potestà impositiva relativamente all’i.v.a. per i periodi 2001 e 2002.
13.1. Il motivo difetta di specificità, poiché pur affermando che l’eccezione venne proposta fin dal primo grado, non specifica dove e in che termini ciò sia avvenuto, e anche in appello venne dedotta in una memoria non meglio precisata. In ogni caso il fatto che alla ricorrente non fosse applicabile la normativa condonistica, sia pure per una decisione della Corte di Giustizia UE, non esclude l’applicabilità alla stessa della proroga biennale dei termini per l’accertamento previsto proprio per i soggetti che non si sono avvalsi del condono stesso dall’art. 10, l. n. 289/2002.
Con il quattordicesimo motivo di denuncia omessa pronuncia circa l’illegittimità dell’accertamento induttivo.
14.1. Il motivo è inammissibile per le medesime ragioni di cui al motivo precedente.
I motivi quindicesimo e sedicesimo, per la loro connessione, vanno trattati congiuntamente. In particolare, col sedicesimo
motivo si denuncia omesso esame circa il fatto che la ricorrente ebbe a pagare le imposte in Germania, e che tale stato ha rivendicato in proposito il proprio potere impositivo, mentre col quindicesimo si denuncia vizio di ultrapetizione per avere i giudici d’appello negato la spettanza di un credito d’imposta in relazione alle somme versate dalla ricorrente al fisco tedesco.
15.1. I motivi sono infondati. Infatti, anzitutto la CTR ha preso in esame la tassazione in Germania, accertando che ‘dalla lettura di tali atti risulta che la signora COGNOME non ha in realtà provveduto a dichiarare le somme ricevute (…) e conseguentemente non ha pagato alcuna imposta al fisco tedesco con riferimento all’attività svolta dalla stessa in territorio italiano per gli anni d’imposta oggetto di accertamento’.
Inoltre, con riferimento allo specifico oggetto del motivo quindicesimo (credito d’imposta), la censura non incide sulla portata della decisione quanto all’effettivo thema decidendum.
16. Con il diciassettesimo motivo si denuncia omessa pronuncia in punto sanzioni, avendo la ricorrente infatti denunciato l’illegittimità e sproporzione delle sanzioni chiedendone in via subordinata la disapplicazione.
16 .1. L’omessa pronuncia non può essere invocata, e dunque il motivo è infondato, poiché già da quanto letteralmente riportato in ordine all’eccezione sollevata in appello sul punto, non si evince neppure quale sia la norma rispetto alla quale, e comunque in quali termini, si sia avuta una obiettiva condizione di incertezza sulla relativa portata o sul relativo ambito di applicazione, risultando solo una doglianza generica totalmente sganciata dal dato normativo che fonda il potere di disapplicazione invocato.
17 . Il ricorso dev’essere dunque respinto, con aggravio di spese in capo alla ricorrente soccombente.
Sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30
maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese che liquida in € 4.000,00, oltre spese prenotate a debito.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 9 gennaio 2024