Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20557 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 20557 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/07/2025
Oggetto: Tributi
–
Motivazione
apparente
–
Stabile Organizzazione
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 9259/2024 R.G. proposto da San RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al ricorso per cassazione (PEC: EMAIL; EMAIL; EMAIL);
-ricorrente –
Contro
Agenzia delle entrate , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte di Giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia -Romagna n. 1069/12/2023, depositata il 27.11.2023 e notificata il 16.02.2024.
Udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME all’udienza pubblica del 25.03.2025;
Sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME il quale, riportandosi alle proprie conclusioni scritte, ha chiesto l’accoglimento del primo, del secondo e del quarto motivo di ricorso.
Sentiti per la ricorrente, gli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME e, per l’Agenzia delle Entrate, l’avvocato dello Stato NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte di Giustizia tributaria di primo grado di Modena respingeva il ricorso della RAGIONE_SOCIALE (in breve, SLOC), società maltese esercente attività di compravendita di prodotti petroliferi, avverso l’avviso di accertamento relativo ad Iva ed altro , per l’ann o d’imposta 2016.
Con la sentenza indicata in epigrafe, la CTR dell’Emilia -Romagna, respingeva l’appello della contribuente, osservando, per quello che qui ancora interessa, che:
-era infondata l’eccezione preliminare relativa ad un’asserita incompetenza per territorio sia dell’Ufficio procedente sia della Commissione Tributaria adita, in quanto l’intimata RAGIONE_SOCIALE era iscritta, dal 31.05.2016, nel Registro delle Imprese di Modena e, per l’effetto, l’obbligo di provvedere al deposito delle proprie dichiarazioni fiscali doveva essere adempiuto presso il proprio domicilio nel Comune di Modena; da ciò ne conseguiva la piena competenza ex art. 31, comma 2, del d.P.R. n. 600/1973 degli Uffici finanziari di Modena e, conseguentemente, della Commissione Tributaria Provinciale di quella città, a conoscere dell’impugnazione di eventuali provvedimenti nel frattempo emessi;
parimenti infondata era la denunziata violazione del principio del contraddittorio endoprocedimentale, non essendo nella specie obbligatorio ed essendo stata l’intimata coinvolta nelle procedure accertative ed invitata a produrre documenti e depositare memorie;
nel merito, andava rilevato che la RAGIONE_SOCIALE (il cui capitale sociale era detenuto dalla società maltese RAGIONE_SOCIALE, esercente attività di mediazione in prodotti combustibili, minerali e metalli), che aveva acquistato dalla SLOC consistenti quantità di prodotti petroliferi, aveva sistematicamente omesso di presentare dichiarazioni e di versare le relative imposte, oltre ad avere ‘ consentito alla SLOC (venditrice) di detrarre l’IVA ad essa addebitata dalla RAGIONE_SOCIALE ‘;
la cessione dei prodotti petroliferi alla RAGIONE_SOCIALE avveniva ad un prezzo superiore a quello pagato dalla SLOC ai suoi fornitori (principalmente dalla RAGIONE_SOCIALE , avendo la SLOC ‘ lucrato la differenza tra prezzo di acquisto e di rivendita considerando che questa ha avuto luogo senza addebito IVA perché intracomunitaria ‘; la RAGIONE_SOCIALE ha poi ‘ rivenduto a soggetti privati i prodotti acquistati ad un prezzo ancora maggiore rispetto a quello di acquisto con il che il risultato finale è quello di un guadagno di SLOC nella combinazione tra acquisto (dalla RAGIONE_SOCIALE) e cessione (alla RAGIONE_SOCIALE) oltre che di un risparmio dell’IVA originaria (sulla vendita da SLOC a RAGIONE_SOCIALE) mai versata da quest’ultima ‘;
in relazione al rapporto tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, si doveva ritenere che quest’ultima, ancorché soggetto giuridicamente distinto, altro non era che una stabile organizzazione occulta in Italia della SLOC, con l’effetto di rendere questa suscettibile di imposizione tributaria in questo Paese;
le attività fraudolente erano riconducibili alla SLOC che aveva operato in Italia utilizzando la struttura della RAGIONE_SOCIALE, società di fatto gestita e diretta dalla SLOC che, in tali occasioni, aveva
maturato redditi e ricavi che non potevano non essere sottoposti a tassazione;
gli effettivi amministratori della RAGIONE_SOCIALE coincidevano in parte con quelli della SLOC e a quest’ultima la pri ma faceva costante riferimento operativo e gestionale.
Contro la suddetta decisione la contribuente proponeva ricorso per cassazione, affidato a dodici motivi, illustrati con memoria, con la quale sollecitava, in via subordinata, un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’UE ex art. 267 TFUE sul seguente quesito: ‘ a) Sulla questione sub a) Se gli artt. 10, 11 (concetti e stabile organizzazione IVA) del Regolamento UE 282/11 e gli 44 (disposizioni generali e luogo delle prestazioni di servizi), 192-bis, 193 (soggetto passivo), 194 (debitore di imposta), 203 (altri soggetti passivi) e 205 (eccezione al debitore di imposta) della Direttiva 2006/112/CE del Consiglio ostino ad una prassi dell’Amministrazione fiscale secondo cui: 1. una società di capitali italiana (nello specifico una SRL) che, con la propria struttura, ha effettuato (solo) acquisti di beni intracomunitari e cessioni di tali beni in Italia e ha emesso (in relazione a dette cessioni) fatture con IVA in nome proprio (quale autonomo soggetto passivo ai sensi dell’articolo 9 Direttiva IVA), può essere considerata ‘stabile organizzazione’ del suo fornitore non residente (anch’esso una società di capitali, una LTD maltese) utilizzando esclusivamente le disposizioni in materia di imposte sui redditi (e senza alcun richiamo delle pertinenti disposizioni Iva nazionali e unionali) e al solo fine di imputare alla società estera il debito IVA generatosi in capo alla società di capitali italiana per effetto delle anzidette cessioni di beni avvenute in Italia; 2. sarebbe possibile considerare una società di capitali residente (SRL) alla stregua di una ‘stabile organizzazione IVA’ di altra società non residente (LTD) non legata alla prima da alcun rapporto societario, in base ad una (asserita) ingerenza gestoria della seconda (fornitrice estero di beni) sulla prima (acquirente nazionale dei medesimi beni), pretesamente derivante da un’ipotizzata ‘imposizione’ dei prezzi di scambio da parte del fornitore estero e all’aumento del suo volume di affari; assente la dimostrazione ai sensi dell’art. 11 del Regolamento n. 282/11 e dell’art. 44 Direttiva IVA, da parte dell’Amministrazione Finanziaria italiana -di una ‘struttura idonea in termini di mezzi umani e tecnici’ a disposizione del soggetto passivo estero in Italia e del luogo di attività economica di tale st ruttura; 3. un soggetto passivo d’imposta dotato di propria personalità giuridica (qual è una SRL italiana), che con la propria struttura ha effettuato cessione i beni in Italia e ha emesso fatture in nome e per conto proprio, con IVA ai propri clienti, diventando in tale modo debitore di imposta sia ai sensi dell’articolo 9 (soggetto passivo), 192 -bis, 193 (soggetti non residenti) e 203 (altri soggetti passivi) possa essere ‘riqualificato’ (ossia senza tenere distinti i due soggetti giuridici), in una ‘stabile organizzazione IVA’ di un altro soggetto giuridico estero (in ipotesi una LTD maltese) trasferendo in questo modo il debito IVA
generatosi in capo alla società RAGIONE_SOCIALE, alla società estera maltese (LTD); 4. un fornitore di beni maltese (RAGIONE_SOCIALE) e in quanto tale soggetto passivo e debitore dell’IVA in MALTA -possa essere considerato un debitore d’imposta in ITALIA per il fatto che ivi esisterebbe una sua ‘stabile organizzazione’ dedotta ex art. 162 TUIR e art. 5 del Modello di Convenzione OCSE, senza che sia dimostrato in che modo i mezzi tecnici o umani di detta stabile organizzazione, siano stati utilizzati dal predetto fornitore estero per operazioni inerenti alla realizzazione di cessioni di beni in tale Stato membro, prima o durante la realizzazione di dette cessioni. Ciò considerato che, ai sensi dell’articolo 53 del Regolamento UE n. 282/2011 (il quale recita: ‘se un soggetto passivo dispone di una stabile organizzazione nel territorio dello Stato membro in cui è dovuta l’IVA, si considera che tale organizzazione non partecipa a una cessione di beni ai sensi dell’articolo 192 bis, lettera b), della direttiva 2006/112/CE, a meno che …’), esiste la presunzione, salvo prova contraria, che la stabile organizzazione non abbia partecipato alla cessione. b) Sulla questione sub b) Se i principi generali del diritto UE (quali il diritto di difesa, di proporzionalità, ragionevolezza ed effettività, tutela del legittimo affidamento e buon andamento dell’agire amministrativo nonché gli artt. 41, 42, 47 e 48 della CDFUE (Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea), l’art. 19, par. 1, c.2, TUE (‘Trattato sull’Unione Europea’) e l’art. 6 CEDU (‘Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali’) e, specificatamente in relazione all’IVA, il principio di neutralità ostino ad una norma come l’art. 24, c. 1, lett. b, L. 241/1990, la quale afferma u n generale potere dell’Amministrazione di negare l’accesso agli atti della verifica, e a norme come gli art. 6 e 12 della L. 212/2000, le quali non precisano i limiti del diniego all’accesso in ambito tributario, in un caso come quello per cui è causa, in cui, nell’ambito di un procedimento amministrativo relativo a ‘stabile organizzazione’ e ‘debitore di imposta’ nell’IVA, è stata negata alla contribuente la possibilità di ricevere, a sua motivata richiesta nel corso del confronto con l’Amministrazione, le informazioni e i documenti contenuti nel fascicolo amministrativo e del fascicolo penale, pur non avendo detto contribuente potuto partecipare alla verifica fiscale, in quanto condotta contro un soggetto terzo ancorché, ma solo successivamente, qualificato quale sua stabile organizzazione’.
L’Agenzia delle entrate resisteva con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va rigettata la richiesta del Procuratore generale di riunione della causa n. 9258/2024 R.G. con la presente, sul presupposto della sussistenza di motivi di connessione soggettiva.
In proposito occorre rammentare che nel giudizio di cassazione, le finalità di economia processuale e di uniformità delle decisioni relative a casi identici, cui è ispirato l’obbligo della riunione previsto dall’art. 151 disp. att. cod. proc. civ., come sostituito dall’art. 19, lett. f), del
d.lgs. n. 40 del 2006, possono utilmente essere perseguite, in mancanza di un espresso riferimento della predetta disposizione al giudizio di legittimità, anche attraverso la trattazione nella medesima udienza e davanti allo stesso giudice di più cause riunibili, verificandosi in tale evenienza una situazione sostanzialmente assimilabile a quella del «simultaneus processus» in senso tecnico (Cass., 30 novembre 2017, n. 28686; Cass., 23 febbraio 2010, n. 4357 del 23/02/2010), situazione nella specie sussistente, posto che la causa n. 9259/2024 R.G., per la quale la riunione è stata richiesta, è stata fissata per la medesima udienza innanzi a questo collegio, con la conseguenza che, anche per ragioni di speditezza processuale, non appare necessario disporre la riunione dei procedimenti.
1.1 Ciò posto, con il primo motivo la contribuente deduce la nullità della sentenza per motivazione apparente, per violazione degli artt. 1, comma 2, e 36, comma 2, n. 4) d.lgs. n. 546/92 e 118 disp. att. cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1 , n. 4) cod. proc. civ., per avere la CTR omesso di valutare le posizioni delle parti e gli atti processuali, avendo espresso affermazioni palesemente erronee e avendo travisato, anche in fatto, le contestazioni mosse dall’Ufficio; in particolare, lamenta che la CTR ha erroneamente affermato che la RAGIONE_SOCIALE ha consentito alla SLOC (venditrice) di detrarre l’IVA ad essa addebitata dalla RAGIONE_SOCIALE, che era stata proposta una questione di competenza del giudice di primo grado, in realtà mai sollevata dalla SLOC, e che era stata respinta l’istanza di sospensione dell’esecutività della sentenza di primo grado, che invece era stata accolta dal giudice di appello.
Con il secondo motivo, deduce la nullità della sentenza per motivazione apparente per violazione degli artt. 1, comma 2, e 36, comma 2, n. 4) d.lgs. n. 546/92 e 118 disp. att. cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4) cod. proc. civ., p er carenza di
motivazione in ordine alla circostanza di essere la SLOC reale beneficiario e dominus della frode, non avendo la CTR considerato la documentazione acquisita nel corso dell’attività di verifica, le dichiarazioni rese da clienti della RAGIONE_SOCIALE, la documentazione prodotta dalla contribuente e, in particolare, le due relazioni di perizia tecnico – contabile, fondate su bilanci certificati da una società di revisione, limitandosi ad affermare il coinvolgimento dei Falzon (cui era riconducibile la SLOC) nella gestione della RAGIONE_SOCIALE sulla base di elementi che non dimostravano il concreto esercizio del potere ed omettendo di dar atto di tutte le prove contrarie fornite sul punto dalla contribuente;
Con il terzo motivo, deduce la nullità della sentenza per omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4) cod. proc. civ., per non essersi la CTR pronunciata sui motivi di appello riguardanti il ricorso ‘abusivo’ alla nozione di stabile organizzazione, soprattutto con riferimento al comparto IVA, avendo la contribuente contestato l’assoluta inconferenza della nozione di ‘stabile organizzazione’, quale strumento per imputare al fornitore la responsabilità dell’evasore italiano, e in relazione alla doglianza relativa alla violazione degli artt. 11 e 53 del Regolamento 282/2011, non risultando dal contenuto del PVC e degli avvisi di accertamento alcuna disponibilità, da parte della SLOC, in Italia, di quei ‘mezzi umani e tecnici’ alla cui sussistenza la normativa UE subordina l’esistenza di una stabile organizzazione ai fini IVA;
Con il quarto motivo, deduce la nullità della sentenza per omessa motivazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4) cod. proc. civ., riproponendo sotto altro profilo la medesima censura mossa con il terzo motivo;
Con il quinto motivo, denuncia la violazione degli artt. 7 e 17 del d.P.R. 633 del 1972, 11 del Regolamento IVA n. 282/11, 9 e 192bis
della Direttiva IVA, 60-bis del d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., per avere la CTR individuato il responsabile dell’evasione in un soggetto del tutto estraneo alla frode, diverso da quello che l’aveva realiz zata in nome proprio e non perseguibile in quanto fornitore terzo, non potendosi richiamare l’istituto della stabile organizzazione ex art. 162 del TUIR per addossare la responsabilità patrimoniale in ordine al mancato versamento dell’IVA da parte del soggetto passivo residente in Italia (la RAGIONE_SOCIALE) ad altra società residente al di fuori dei confini nazionali (la SLOC); evidenzia come la nozione di ‘stabile organizzazione’ ai fini IVA rilev a sotto altri profili, non riguardanti il caso in esame, in cui tutte le operazioni erano intercorse tra RAGIONE_SOCIALE (soggetto residente), che ha agito in nome proprio e nel proprio esclusivo interesse, e soggetti nazionali, sicchè la RAGIONE_SOCIALE era il solo soggetto passivo chiamato ad assolvere i relativi oneri strumentali; aggiunge, richiamando anche la giurisprudenza unionale, che, non sussistendo norme positive e principi giurisprudenziali che consentano di estendere al fornitore la responsabilità solidale per il pagamento dell’IVA, l’Amministrazione finanziaria non può desumerla mediante l’utilizzo abusivo dell’istituto della stabile organizzazione, nemmeno quando il fornitore abbia tratto un incremento di fatturato dalle operazioni contestate.
6. Con il sesto motivo, deduce la falsa applicazione degli artt. 162 TUIR e 5 della Convenzione Italia-Malta (e relativo Modello e Commentario OCSE), 11 del Regolamento IVA n. 282/11 e dei principi espressi da ultimo dalla CGUE (C-210/04), in relazione all ‘art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., per avere la CTR errato nel configurare la RAGIONE_SOCIALE come una ‘stabile organizzazione’ della SLOC in Italia, condividendo la tesi dell’Ufficio, fondata sull’art. 162 del TUIR, applicabile solo alle imposte diret te, posto che la nozione di ‘stabile
organizzazione’ ai fini IVA, oltre ad essere più circoscritta rispetto a quella delineata nel Modello OCSE, non è ad essa accomunabile;
Con il settimo motivo, deduce la violazione degli artt. 11 e 53 del Regolamento 282/2011, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., per non avere la CTR considerato che per potersi configurare una ‘stabile organizzazione’, ai fini IVA, è necessario che il soggetto non residente disponga in Italia di ‘mezzi umani e tecnici’, atti a ‘consentire di ricevere le prestazioni di servizi’ , direttamente o in ogni caso ‘come se fossero propri’, non potendo l’Ufficio sovrapporre o far coincidere una società dotata di autonoma personalità giuridica con una stabile organizzazione di un altro soggetto autonomo, mediante la riqualificazione di una società (come nella specie la RAGIONE_SOCIALE) in una ‘stabile organizzazione’, senza dimostrare l’esistenza di una struttura che, pur operante in seno alla so cietà (la RAGIONE_SOCIALE), abbia compiuto operazioni in nome e per conto della società estera (la RAGIONE_SOCIALE) e senza provare in quale modo quest’ultima l’avesse utilizzata come propria; precisa che la sentenza i mpugnata ha ritenuto erroneamente che la definizione di ‘stabile organizzazione’ ai fini IVA fosse sovrapponibile alla nozione di ‘controllo’ ed ‘eterodirezione’ o, addirittura, a quella di ‘interposizione’, pur non sussistendo tra la SLOC e la RAGIONE_SOCIALE alcun rapporto partecipativo o sovrapposizione di amministratori ed essendo detti criteri irrilevanti ai fini IVA, ove rileva esclusivamente la disponibilità di ‘mezzi umani e tecnici’.
Con l’ottavo motivo, denuncia la violazione degli artt. 9, 192 -bis e 193 della Direttiva IVA, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., con riferimento alle pronunce della CGUE nn. C-605/12, C547/18, C-312/19 (Working Papers n. 857/2015), per avere la CTR ritenuto che la presenza di una ‘stabile organizzazione’ in Italia della SLOC, tramite la RAGIONE_SOCIALE, fosse sufficiente ad attribuire alla stessa
la qualifica di ‘soggetto passivo IVA’ e debitore d’imposta, senza verificare se l’Ufficio avesse dimostrato che i ‘mezzi umani e tecnici’ della ‘stabile organizzazione’ avevano partecipato con un intervento diretto alla cessione di beni sul ‘territorio nazionale’ e senza considerare che per le operazioni attive che avevano dato origine al debito IVA (vendite verso clienti nazionali) la RAGIONE_SOCIALE aveva stipulato in nome e per conto proprio i contratti di vendita, anche per il tramite della società RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE emettendo le relative fatture ed incassando sui propri conti correnti il corrispettivo.
Con il nono motivo, deduce la falsa applicazione degli artt. 162 e 5 della Convenzione Italia Malta e del relativo Commentario OCSE, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., non avendo la CTR verificato la sussistenza dei presupposti per la sussistenza di una ‘stabile organizzazione’ neppure ai fini delle imposte dirette;
Con il decimo motivo, deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4) cod. proc. civ., per non essersi la CTR pronunciata sulle questioni subordinate, relative al calcolo dell’imponibile ai fini IRES ed IRAP.
Con l’undicesimo motivo, denuncia la falsa applicazione degli artt. 31, comma 2, 58, comma 3, del d.P.R. n. 600/1973, e 40 d.P.R. n. 633/1972, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. per avere la sentenza errato nel rigettare la censure riguardante l’incompetenza dell’Ufficio dell’Agenzia delle entrate di Modena, atteso che presso la sede legale della RAGIONE_SOCIALE a Modena, in INDIRIZZO non erano stati rinvenuti ‘né uomini né mezzi’, al predetto numero civico era stata const ata l’inesistenza della RAGIONE_SOCIALE e la presenza di un’altra società, denominata RAGIONE_SOCIALE; aggiunge che l’effettiva attività della RAGIONE_SOCIALE e, quindi, la competenza territoriale dell’Agenzia delle entrate era a Milano, dove era stata istituita una s ede
secondaria, erano stati aperti i conti correnti sui quali erano movimentate le transazioni economiche nel 2015 e nel 2016, venivano stipulati i contratti con i clienti nazionali ed erano stati creati e venivano utilizzati gli account utilizzati per concludere detti contratti.
Con il dodicesimo motivo, denuncia la falsa applicazione degli artt. 10, 12, comma 7, della l. n. 212/2000 e 41 della Carta dei Diritti fondamentali dell’UE (CDFUE), in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., per avere la CTR ritenuto erroneamente che il contraddittorio preventivo non fosse obbligatorio e che tale contraddittorio fosse stato in concreto comunque rispettato, senza considerare che il recupero riguardava l’IVA e alla contribuente era stato concesso l’accesso agli atti solo in data successiva all’emissione degli avvisi di accertamento, avendo potuto consultare gli atti del procedimento penale addirittura quando i termini per il ricorso contro gli atti impositivi erano già scaduti, essendole stata impedita così la piena compre nsione delle ragioni alla base dell’accertamento e la possibilità di un paritetico confronto con l’Ufficio, posto che la documentazione più rilevante e utile alla difesa era contenuta negli atti dell’indagine penale.
Il primo, il secondo e il quarto motivo, che riguardano tutti la censura della mancanza di motivazione, sono fondati, con assorbimento delle restanti censure.
13.1 Come è stato più volte affermato da questa Corte, ‘la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo”, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di
integrarla con le più varie, ipotetiche congetture ‘ (Cass., Sez. U. 3.11.2016, n. 22232).
13.2 Nella specie, se alcune erronee affermazioni contenute nella sentenza non sembrano rilevanti, trattandosi solo di imprecisioni o refusi, altre parti impediscono del tutto la comprensione delle ragioni della decisione su questioni centrali della controversia.
13.3 Non si spiega, ad esempio, l’affermazione secondo la quale ‘I predetti prodotti petroliferi erano stati acquistati dalla SLOC principalmente da RAGIONE_SOCIALE ad un certo prezzo unitario mentre la successiva cessione a RAGIONE_SOCIALE ha invece avuto luogo ad un prezzo superiore. La SLOC ha così lucrato la differenza fra prezzo di acquisto e di rivendita considerando che questa ha avuto luogo senza addebito IVA perché intracomunitaria. La RAGIONE_SOCIALE in seguito ha poi rivenduto a soggetti privati i prodotti acquistati ad un prezzo ancora maggiore rispetto a quello di acquisto con il che il risultato finale è quello di un guadagno di SLOC nella combinazione tra acquisto (dalla RAGIONE_SOCIALE) e cessione (alla RAGIONE_SOCIALE) oltre che di un risparmio dell’IVA originaria ( sulla vendita da SLOC a RAGIONE_SOCIALE) mai versata da quest’ultima ‘.
13.4 La CTR non chiarisce perché la circostanza che la SLOC avesse venduto alla RAGIONE_SOCIALE ad un prezzo superiore a quello di acquisto sarebbe anomala, visto che ciò avviene normalmente nella sequenza delle transazioni commerciali.
13.5 Anche l’affermazione, secondo la quale il successivo prezzo di rivendita a terzi acquirenti fosse ancora maggiore, non è comprensibile, non essendo tale circostanza di per sè un indice di irregolarità dell’operazione.
13.6 La sentenza impugnata non spiega, soprattutto, sulla base di quali elementi ha tratto la conclusione che la RAGIONE_SOCIALE fosse una SO della SLOC in Italia.
Sul punto occorre rilevare che, per quanto riguarda le imposte dirette, il concetto di stabile organizzazione, elaborato inizialmente con ricorso alle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni (art. 5 Modello OCSE) e in seguito disciplinato dall’art. 162 del TUIR, presuppone che la presenza del soggetto non residente nel territorio dello Stato sia dotata di una certa stabilità in quanto caratterizzata da una “stabile organizzazione”, i cui elementi costitutivi sono quello materiale ed oggettivo della “sede fissa di affari” e quello dinamico dell’esercizio in tutto o in parte della sua attività (Cass. n. 28059 del 2017).
14.1 La presenza del soggetto non residente deve essere incardinata nel territorio dell’altro Stato contraente (c.d. elemento materiale od oggettivo), dotata di una certa stabilità e caratterizzata da un certo grado di permanenza in ragione della attività esercitata, capace, anche solo in via potenziale, di produrre reddito, con un’attività autonoma rispetto a quella svolta dalla società madre (c.d. elemento dinamico o funzionale); la sussistenza in concreto di tali requisiti va riscontrata dal giudice del merito (Cass. n. 1301/2021).
14.2 La verifica sugli elementi rivelatori della sussistenza della SO va condotta non solo sul piano formale, ma anche su quello sostanziale, «non essendo incompatibili con il concetto di stabile organizzazione né la personalità giuridica di cui sia eventualmente fornita la struttura operante in Italia, né l’assenza, in capo a quest’ultima, della capacità di produrre reddito, ovvero dell’autonomia gestionale o contabile» (Cass. n. 32078 del 2018; n. 30033 del 2018), tanto che, sul piano giuridico, anche una società di capitali può fungere da stabile organizzazione di una società estera (Cass. 22312/2021).
Con riferimento all’IVA, poi, l a giurisprudenza eurounitaria ha elaborato concetti analoghi a quelli espressi in tema di imposte dirette
al fine di individuare -per quanto riguarda le operazioni attive IVA -una nozione di stabile organizzazione, che costituisce evoluzione della precedente nozione di « centro di attività stabilite » delle prestazioni di servizi di cui all’art. 9 della direttiva 77/388/CEE (Cass. n. 12237 del 2018) e che mira a evitare conflitti positivi di doppia imposizione e negativi di omesso gettito (CGUE 7 aprile 2022, Berlin Chemie, C333/20, punti 31, 41 e 53; CGUE 7 maggio 2020, RAGIONE_SOCIALE, C-547/18, punto 25; CGUE Welmory, 6 ottobre 2014, C-605/12, punti 58 e 65), quale deroga al criterio della soggettività passiva in base al concetto della sede dell’attività economica (CGUE, C-547/18 cit. punto 26).
15.1 Come ha già precisato questa Corte (Cass. n. 35138 del 2022), la nozione di «stabile organizzazione» ai fini IVA richiede, secondo la giurisprudenza eurounitaria, « una consistenza minima, grazie alla presenza permanente dei mezzi umani e tecnici necessari per determinate prestazioni di servizi. Essa presuppone quindi un grado sufficiente di permanenza e una struttura idonea, sul piano del corredo umano e tecnico, a rendere possibili in modo autonomo le prestazioni di servizi considerate » (CGUE, 3 giugno 2021, Titanium, C-931/19, punto 42; CGUE, 28 giugno 2007, Planzer Luxembourg, C-73/06, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).
15.2 Si tratta di un orientamento che si è consolidato a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 11, par. 2, del Regolamento di esecuzione UE n. 282/2011 del 15 marzo 2011 (cd. stabile organizzazione attiva’), secondo cui « la ‘stabile organizzazione’ designa qualsiasi organizzazione, diversa dalla sede dell’attività economica di cui all’articolo 10 del presente regolamento, caratterizzata da un grado sufficiente di permanenza e una struttura idonea in termini di mezzi umani e tecnici atti a consentirle di fornire i servizi di cui assicura la prestazione » a termini dell’art. 192bis Dir. 2006/112/CE, secondo cui
« un soggetto passivo che dispone di una stabile organizzazione nel territorio di uno Stato membro in cui è debitore di imposta si considera soggetto passivo non stabilito nel territorio di tale Stato membro qualora (…) la cessione di beni o prestazione di servizi è effettuata senza la partecipazione di una sede del cedente o del prestatore di servizi situata nello Stato membro in questione». Detta disposizione viene intesa, alla luce del considerando 14 del medesimo Regolamento n. 282/2011, quale disposizione interpretativa del vigente sistema eurounitario IVA, avendo la suddetta disposizione codificato i principi giurisprudenziali gi à elaborati e vigenti per effetto dell’interpretazione data dalla Corte di Giustizia (CGUE, Titanium, cit., punto 43).
15.3 Anche ai fini IVA occorre, pertanto, sia l’esistenza di un elemento materiale di carattere organizzativo (attrezzature e personale), sia la tendenziale fissità dell’organizzazione (« grado sufficiente di permanenza »), sia la capacità di tale organizzazione di creare ricchezza, ancorché non ai fini della produzione del reddito (come invece avviene ai fini dell’imposizione diretta, in cui si richiede lo svolgimento di un’attività economica autonoma rispetto a quella svolta dalla «società madre»), bensì al fine di fornire al committente cessionario i servizi di cui la branch assicura la prestazione (Cass. n. 35138 del 2022 cit.).
15.4 La stabile organizzazione di una società non residente costituisce, quindi, un autonomo centro di imputazione dei rapporti tributari riferibili alla casa madre; conseguentemente, è legittimo l’accertamento condotto non nei confronti della casa madre, bensì nei confronti della società italiana, che avviene attraverso la rettifica del reddito d’impresa evidenziato nella dichiarazione di quest’ultima; non rileva, ai fini dell’applicazione di tale principio, il fatto che la stabile organizzazione sia o meno un soggetto dotato di personalità giuridica in Italia (Cass. n. 12240/2018; n. 32081/2018; n. 22312/2021 cit.).
15.5 Di conseguenza, « è debitore dell’iva il soggetto passivo che fornisce una prestazione di servizi quando quest’ultima è fornita a partire da un’organizzazione stabile situata nello Stato membro in cui tale imposta è dovuta» ( Corte giust. 23 aprile 2015, causa C-111/14, RAGIONE_SOCIALE, punti 25 e 27) e ciò in considerazione dell’ampiezza della nozione di stabile organizzazione contenuta nell’art. 11 Reg. n. 282/2011 cit., purché la struttura organizzativa « possa essere considerata autonoma, nel senso che sopporta il rischio economico inerente alla propria attività » (Cass. n. 22312/21, cit.).
15.6 L’esistenza in Italia di una stabile organizzazione di beni e personale (« mezzi umani e tecnici »: art. 11 Reg. n. 282/2011 cit.) di un soggetto non residente (che abbia il centro dei propri interessi strategici al di fuori del territorio dello Stato), idonea a fornire i servizi di cui assicura la prestazione (art. 7, comma 1, lett. d): « limitatamente alle operazioni da essa rese o ricevute »), radica, quindi, in Italia la soggettività di tale organizzazione ai fini impositivi IVA (Cass. 35138/2022 cit.).
16. La sentenza impugnata si è limitata ad affermare l’esistenza di una stabile organizzazione della SLOC in Italia, presso la struttura della RAGIONE_SOCIALE, sulla base di apodittiche affermazioni – quali quelle che la RAGIONE_SOCIALE aveva acquistato dalla SLOC prodotti petroliferi ‘ per valori importanti ‘, non aveva versato l’IVA e ha rivenduto i prodotti acquistati dalla SLOC a prezzi maggiori rispetto a quelli di acquisto, ‘ senza alcun riferimento ai prezzi di mercato ‘; il controllo da parte della SLOC sulla RAGIONE_SOCIALE si ricaverebbe dalla parziale coincidenza degli amministratori (‘ gli effettivi amministratori della RAGIONE_SOCIALE vanno ricondotti ai soggetti di nazionalità maltese, in primis l’odierna appellante, che debbono essere ritenuti gli esclusivi beneficiari della frode e tale obiettivo sembra essere stato raggiunto per il tramite di una società italiana, controllata ed eterodiretta ‘) e dal fatto che la KB
RAGIONE_SOCIALE farebbe ‘ costante riferimento operativo e gestionale ‘ sulla SLOC, nel senso che la RAGIONE_SOCIALE è ‘ di fatto gestita dalla SLOC e da questa diretta per le finalità fraudolente che si sono fin qui sommariamente descritte ‘ e la ‘ SLOC ha fatto della RAGIONE_SOCIALE quasi una propria cassaforte consentendo a quest’ultima risparmi ed introiti economi dei quali essa stessa ha indirettamente beneficiato ‘ – senza indicare gli elementi fattuali che integravano i requisiti necessari per configurare nei confronti della RAGIONE_SOCIALE una SO della SLOC.
In conclusione, vanno accolti il primo, il secondo e il quarto motivo di ricorso, con assorbimento degli altri; la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio, per nuovo esame e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Giu stizia tributaria di secondo grado dell’Emilia -Romagna, in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo, il secondo e il quarto motivo di ricorso e dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell ‘Emilia -Romagna, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 25 marzo 2025