Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3303 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 3303 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/02/2024
STABILE ORG
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 34009/2019 R.G. proposto da:
NOME COGNOME , rappresentata e difesa dall’ AVV_NOTAIO, in base alla procura in margine al ricorso, elettivamente domiciliati presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso la stessa domiciliata in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente –
Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Liguria, n. 891, depositata il 3 luglio 2018.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 10 gennaio 2024 dal consigliere NOME COGNOME
Dato atto che il AVV_NOTAIO Procuratore Generale NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso.
Il difensore della contribuente, AVV_NOTAIO per delega AVV_NOTAIO, ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
L’Avvocatura generale dello Stato ha chiesto a sua volta il rigetto del ricorso.
Rilevato che:
L’Agenzia ha recuperato a tassazione le somme incassate nell’anno 2007 dalla ricorrente da parte dell’RAGIONE_SOCIALE, in relazione all’attività didattica e di recupero di giovani disagiati, ospitati presso un immobile di proprietà della ricorrente sito in Lecchiore di Dolcedo (IMINDIRIZZO, presupponendo trattarsi di attività d’impresa ivi svolta. L’adìta CTP respingeva il ricorso della contribuente, osservando che la stessa aveva svolto attività di recupero dei suddetti giovani attraverso un’organizzazione economica svolta in forma stabile in Italia e per la quale otteneva il corrispettivo da un’RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE, gestita dal marito della stessa contribuente) e non da un ente pubblico, per cui non era applicabile l’art. 19 della convenzione italo -tedesca contro le doppie imposizioni, corrispettivo del resto non denunciato al fisco tedesco. La CTR, adìta in sede di gravame dalla contribuente, ha confermato la suddetta sentenza, osservando anzitutto che le informazioni rese dal fisco tedesco erano state comunicate nel loro contenuto attraverso il questionario, cui la stessa aveva risposto, e poi rilevando che la contribuente non ha provato che l’utile derivante dall’attività italiana fosse limitato ad € 3.171,00, come asserito, che la stabile organizzazione poteva considerarsi insita negli elementi presenti in atti, anche alla luce del suo inquadramento nel concetto di ‘laboratorio’ di cui all’art. 5, comma 2, lett. e), mentre di certo non ricorrono le ipotesi di esclusione di cui al successivo comma 3. La CTR poi escludeva il ricorrere dell’ipotesi di cui al già citato art. 19 della convenzione, attesa la natura dell’ente erogante, riteneva generica l’eccezione di buona fede e sull’esistenza di costi superiori al 40 %, mentre l’omesso riconoscimento della percentuale suddetta ai fini i.v.a. discendeva dalla necessità di documentazione, mentre circa la mancata
disapplicazione delle sanzioni non veniva ravvisata alcuna oscurità nelle norme da applicarsi.
Ricorre quindi la contribuente in cassazione, affidandosi a cinque motivi. L’Agenzia resiste a mezzo di controricorso.
Successivamente la ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
Considerato che:
Con il primo motivo si denuncia violazione dell’art. 7, l. n. 212/2000 e 3, della l. n. 241/1990, nella parte in cui la decisione non ha considerato che il questionario aveva reso edotta la contribuente solo della rielaborazione dell’informativa fornita dal fisco tedesco, e che le informazioni hanno costituito non il mero innesco ma l’elemento centrale dell’accertamento.
1.1. Il motivo è infondato, poiché da un lato l’elemento centrale dell’accertamento è costituito dalla sussistenza di una stabile organizzazione in Italia, e specificamente a Lecchiore di Dolcedo (IM), e non dalle informazioni fornite dal fisco tedesco; dall’altro alla contribuente venne inviato dall’amministrazione un questionario con il contenuto delle informazioni rese dall’autorità tedesca, come dalla stessa autorità fiscale italiana attestato, riportante elementi precisi tra cui in particolare l’annullamento degli accertamenti e la non tassazione da parte del fisco tedesco, e la contribuente rispondeva senza contestare in alcuna forma il contenuto ma dando atto anzi dei corrispettivi ivi indicati.
Con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 2697, cod. civ., 115, cod. proc. civ., e 111, Cost., in quanto la decisione d’appello venne assunta senza che il documento proveniente dall’autorità tedesca fosse stato versato in atti.
2.1. Il motivo è assorbito dal rigetto del precedente.
Col terzo motivo si denuncia violazione del diritto del contribuente ad essere ascoltato, in violazione degli att. 97 e 24, Cost., 52, d.p.r. n. 633/1972 e 12, comma 7, l. n.212/2000, ed in
particolare per non aver instaurato il contraddittorio endoprocedimentale almeno con riferimento all’i.v.a.
3.1. Il motivo è infondato come emerge dal contenuto della stessa pronuncia invocata dalla contribuente (Cass. 09/12/2015, n. 24823), la quale subordina la nullità per violazione del contraddittorio endo-procedimentale in caso di tributi di matrice eurounitaria, alla condizione della dimostrazione circa la sussistenza di concrete ragioni che egli avrebbe potuto far valere ove il contraddittorio stesso fosse stato instaurato, ragioni che la contribuente nel caso di specie neppure affaccia, limitandosi a vaghe affermazioni.
Col quarto motivo si denuncia violazione degli artt. 2 e 23, TUIR, 4,5,7,14 e 19 della convenzione italo-tedesca contro le doppie imposizioni e 7, l. n. 212/2000. Infatti, l’avviso si sarebbe basato su tre assunti 1) mancata presentazione delle dichiarazioni in Germania; 2) la presenza in Italia del centro degli interessi; 3) esercizio in Italia dell’impresa.
La CTR aveva equiparato la casa di Dolcedo ad un laboratorio, ma quivi non si effettuavano esperimenti, essa non era sede d’affari, non vi erano redditi attribuibili alla stessa.
4.1. A prescindere da ogni considerazione sull’ammissibilità di parte del motivo, che s’incentra in via preponderate sull’asserita struttura dell’avviso di accertamento, ciò che emerge incontestabile è che il giudice di merito ha accertato la sussistenza nella specie di una stabile organizzazione, accertamento di fatto -ormai dunque insindacabile – circa la sussistenza dei requisiti del criterio generale che risulta implicito poi dal successivo (dal punto di vista logico) inquadramento nella ‘specie’ del laboratorio (la verifica della cui correttezza non mette dunque neppur conto di essere affrontata a quel punto), e tutto ciò sia con riferimento circa i presupposti positivi che per quelli negativi (in particolare quelli previsti dall’art. 162, comma 3, TUIR).
Il motivo è pertanto per tale parte inammissibile.
In ogni caso, volendo leggere il contenuto del motivo come censura circa la sussunzione dell’ipotesi della casa -famiglia nella nozione di stabile organizzazione (art. 5 convenzione) o di base fissa (art. 14 della stessa), va osservato, come già si è detto in analoga controversia tra le stesse parti decisa in data odierna (RG 4464/2018), che l’attività in parola, consistente nella gestione di una casa famiglia in Italia, nella disponibilità della contribuente, da parte della stessa per il recupero e l’istruzione di minori tedeschi disagiati per la quale la stessa percepiva un compenso da un’RAGIONE_SOCIALE tedesca, come oggetto di quanto accertato nei modi che si sono detti dal giudice d’appello, effettivamente rientra tra quelle indipendenti di natura educativa e pedagogica tassate in Italia, a mente dell’art. 14 della Convezione, in presenza di una base/sede fissa in Italia, concetto del tutto assimilato a quello di stabile organizzazione, tanto che in linea generale l’art. 14 stesso è stato rimosso dal commentario RAGIONE_SOCIALE proprio per tale ragione, sebbene l’Italia abbia espresso sul punto una riserva, ed in ogni caso per la definizione il suddetto commentario rimanda all’art. 7 e da qui all’art. 5. In altri termini ai sensi dell’art. 14 della convenzione italo-tedesca contro le doppie imposizioni, ratificata con l. 24 novembre 1992, n. 459, costituisce attività indipendente di natura educativa e pedagogica, come tale tassata in Italia, una struttura con finalità psicopedagogica di soggetti stranieri disagiati gestita stabilmente nel territorio nazionale da soggetto residente all’estero, il quale percepisca da un’RAGIONE_SOCIALE straniera il relativo compenso. Il concetto di ‘base fissa per l’esercizio delle attività’, contenuto nell’indicato art. 14, va inteso come del tutto equiparabile a quello di stabile organizzazione, sancito dall’art. 5 della stessa convenzione, secondo quanto indicato nel commentario RAGIONE_SOCIALE, modello della riferita convenzione. L’indicata disposizione convenzionale contiene al suo interno una lista, non esaustiva, di
modelli di stabile organizzazione, alla cui sussistenza è subordinata appunto la tassazione in Italia -anche sulla base della legislazione nazionale, e nella specie dall’art. 162, TUIR – di redditi percepiti da soggetto non residente, rispondenti al criterio generale, specificato dal suddetto articolo 5, secondo cui ‘per stabile organizzazione si intende una sede fissa di attività attraverso la quale un’impresa è esercitata in tutto o in parte’, e pertanto una presenza individuata ( place of business) dell’attività legata all’impresa estera ( business connection test) che sia incardinata nel territorio dello Stato impositore (fissità, fixed place ) e dotata di una certa stabilità ( permanence test ); una sede di affari capace, anche solo in via potenziale, di produrre reddito (idoneità produttiva o carrying on of the business enterprise ), che sia nella disponibilità dell’impresa stessa ( right of use ).
Col quinto motivo si denuncia l’omesso esame di un fatto costituito dalla circostanza per cui l’immobile di Lecchiore ospitasse solo minori tedeschi affidati alla COGNOME, la cui decisività si sostiene per la dimostrazione della carenza di autonomia della assunta ‘sede italiana’.
5.1. Il motivo è inammissibile in quanto non è comprensibile la connessione fra il fatto che la casa ospitasse solo minori tedeschi e l’elemento che si vorrebbe far discendere, cioè la carenza di autonomia della sede italiana, né risulta dove e in che modo sarebbe stato dedotta o dimostrata la suddetta circostanza, per ricollegarla alla suddetta conseguenza.
Il ricorso dev’essere dunque respinto, con aggravio di spese in capo alla ricorrente soccombente.
Sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese che liquida in € 4.000,00 oltre spese prenotate a debito.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2024