Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16447 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16447 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/06/2025
Oggetto: Irpef 2013 – Socio RAGIONE_SOCIALE a base ristretta – Pendenza del giudizio societario -Conseguenze.
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME COGNOME rappresentata e difesa, giusta procura speciale stesa a margine del ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME che ha indicato recapito Pec, avendo la contribuente dichiarato di eleggere domicilio presso lo studio del difensore, alla INDIRIZZO in Portici (Na);
-ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma;
-controricorrente –
avverso
la sentenza n. 3719, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania il 4.5.2021, e pubblicata il 4.5.2021; ascoltata la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME la Corte osserva:
Fatti di causa
L’Agenzia delle Entrate svolgeva verifiche fiscali nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, avente ristretta base partecipativa, limitata a due soci, e riteneva accertato il conseguimento di utili non dichiarati con riferimento all’anno 2013, emettendo atto impositivo per il recupero degli importi a tassazione. Nei confronti della socia NOME, titolare del 60% delle quote sociali, era emesso in conseguenza l’avviso di accertamento n. TF501AE04668, relativo al reddito di partecipazione ritenuto conseguito ai fini Irpef.
La contribuente impugnava l’atto impositivo innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, proponendo plurime censure. La CTP respingeva il suo ricorso.
NOME spiegava appello avverso la decisione sfavorevole conseguita nel primo grado del giudizio, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Campania. La CTR confermava la decisione dei primi giudici.
La contribuente ha proposto ricorso per cassazione, avverso la decisione sfavorevole adottata dalla CTR, affidandosi a due strumenti di impugnazione. L’Amministrazione finanziaria resiste mediante controricorso.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ., la contribuente contesta la nullità della sentenza impugnata in conseguenza della violazione dell’art. 295 cod. proc. civ. e dell’art. 39 del D.Lgs. n. 546 del 1992, come mod., per non avere la CTR sospeso il processo nei confronti della socia per il reddito di partecipazione ritenuto conseguito, sebbene risultasse ancora pendente il giudizio pregiudicante relativo all’accertamento tributario emesso nei confronti della società di capitali avente ristretta base partecipativa.
Mediante il secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente censura la violazione dell’art. 39 del Dpr n. 300 del 1973, per avere il giudice dell’appello ritenuto che l’accertamento del conseguimento di un maggior reddito da parte della società di capitali avente ristretta base partecipativa possa automaticamente estendersi all’accertamento di un maggior reddito di partecipazione da parte dei soci, mentre trattasi di una presunzione semplice, che deve risultare grave, precisa e concordante, ‘e comunque’ può essere valutata ‘solo dopo che si sia accertato in tutti i gradi di giudizio la soccombenza della RAGIONE_SOCIALE‘ (ric., p. 9).
Occorre preliminarmente rilevare che l’Agenzia delle Entrate ha criticato l’inammissibilità del ricorso della contribuente ‘poiché presentato in violazione del principio della c.d. specificità dei motivi’ (controric., p. 4). Inoltre, secondo la controricorrente, il ricorso incorre nella c.d. inammissibilità meritale, perché la decisione della CTR non è conforme agli orientamenti interpretativi espressi dalla giurisprudenza di legittimità, e non propone critiche specifiche avverso gli stessi.
Le censure non risultano fondate. I motivi di ricorso illustrano con chiarezza le contestazioni proposte dalla contribuente, e lo stabilizzarsi della giurisprudenza di legittimità in materia risulta essere recente.
Con il primo motivo di ricorso la contribuente contesta la decisione impugnata per non avere la CTR sospeso il presente processo relativo al reddito di partecipazione ritenuto conseguito dalla socia, sebbene risultasse ancora pendente, in grado di appello, il giudizio pregiudicante relativo all’accertamento tributario emesso nei confronti della società di capitali avente ristretta base partecipativa, non mancando di specificare come avesse proposto la sua censura in grado di appello. L’Amministrazione finanziaria non ha proposto difese in merito.
4.1. Invero, a seguito di alcune pronunce anche di tenore diverso (es. Cass. sez. V, 26.1.2021, n. 1574), questa Corte di legittimità ha avuto condivisibilmente occasione di chiarire che ‘in tema di sospensione del processo, nel caso in cui il giudizio pregiudicante sia stato deciso con una sentenza impugnata, trova applicazione l’art. 337, comma 2, c.p.c., e, poiché la sentenza, ancor prima e indipendentemente dal suo passaggio in giudicato, esplica una funzione di accertamento al di fuori del processo, l’ambito di applicazione del predetto art. 337, comma 2, deve essere esteso alle impugnazioni diverse dalla revocazione straordinaria e dalla opposizione di terzo, e la stessa disposizione deve essere interpretata nel senso che essa impone al giudice l’alternativa di tenere conto della sentenza invocata – che è quella sulla quale può essere fondata un’azione o un’eccezione – senza alcun impedimento derivante dalla sua impugnazione o dalla sua impugnabilità, o di sospendere il processo nell’esercizio del suo potere discrezionale’, Cass. sez. V, 17.11.2021, n. 34966. Inoltre, già le Sezioni Unite avevano chiarito che ‘in tema di sospensione del giudizio per pregiudizialità necessaria, salvi i casi in cui essa sia imposta da una disposizione normativa specifica che richieda di attendere la pronuncia con efficacia di giudicato sulla causa pregiudicante, quando fra due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità tecnica e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, la sospensione del giudizio pregiudicato non può ritenersi obbligatoria ai sensi dell’art. 295 c.p.c. (e, se disposta, può essere proposta subito istanza di prosecuzione ex art. 297 c.p.c.), ma può essere adottata, in via facoltativa, ai sensi dell’art. 337, secondo comma, c.p.c., applicandosi, nel caso del sopravvenuto verificarsi di un conflitto tra giudicati, il disposto dell’art. 336, secondo comma, c.p.c.’, Cass. SU, 29.7.2021, n. 21763.
Pertanto, ricordato che il giudizio sull’accertamento societario era stato definito in primo grado, la CTR non era tenuta a sospendere il giudizio e, nell’esercizio della sua discrezionalità valutativa, ha legittimamente ritenuto di non disporla.
Il primo motivo di ricorso risulta pertanto infondato e deve essere respinto.
Mediante il secondo strumento di impugnazione la ricorrente censura la violazione di legge in cui ritiene essere incorso il giudice dell’appello per aver ritenuto che l’accertamento del conseguimento di un maggior reddito da parte della società di capitali avente ristretta base partecipativa possa automaticamente estendersi all’accertamento di un maggior reddito di partecipazione da parte dei soci, mentre trattasi di una presunzione semplice, che deve risultare grave, precisa e concordante.
Invero questa Corte di legittimità, pur non essendo mancata qualche pronuncia parzialmente dissonante, ha ripetutamente e condivisibilmente statuito che ‘in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la previsione di cui all’art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973, legittima la presunzione di attribuzione pro quota ai soci degli utili extra bilancio prodotti da società di capitali a ristretta base azionaria, con la conseguente inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale non può limitarsi a denunciare la propria estraneità alla gestione e conduzione societaria, ma deve dimostrare, eventualmente anche ricorrendo alla prova presuntiva, che i maggiori ricavi non sono stati effettivamente realizzati dalla società e che quest’ultima non li ha distribuiti, ma accantonati o reinvestiti, ovvero che degli stessi se ne è appropriato altro soggetto’, Cass. sez. V, 29.7.2024, n. 21158 (conf. Cass. sez. V, 11.8.2020, n. 16913).
Nel caso di specie la contribuente neppure allega di aver dimostrato la mancata distribuzione dei maggiori ricavi, oppure
l’accantonamento, il reinvestimento , o l’appropriazione degli stessi da parte di altro soggetto.
Anche il secondo motivo di ricorso deve pertanto essere rigettato.
In definitiva il ricorso deve essere respinto.
Le spese di lite seguono l’ordinario criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo, in considerazione della natura delle questioni affrontate e del valore della controversia (importo dei tributi richiesti, esclusi accessori).
Deve ancora darsi atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, anche del c.d. doppio contributo.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M.
rigetta il ricorso proposto da NOME che condanna al pagamento delle spese processuali in favore delle costituite ricorrenti, e le liquida in complessivi Euro 2.300.00 oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater , dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis , se dovuto.
Così deciso in Roma, il 7.3.2025 ed il 28.4.2025.