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Srl a base ristretta: presunzione utili e onere prova

La Cassazione ha rigettato il ricorso di una socia di una Srl a base ristretta contro un accertamento IRPEF. È stata confermata la presunzione di distribuzione degli utili extracontabili, in quanto la socia non ha fornito la prova della sua totale estraneità alla gestione sociale. Il socio non può contestare nel proprio giudizio l’accertamento definitivo notificato alla società.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Srl a base ristretta: la Cassazione sulla presunzione di utili ai soci

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale per i soci di una Srl a base ristretta: la presunzione di distribuzione degli utili non dichiarati e il pesante onere della prova a carico del socio per dimostrare il contrario. La decisione analizza il caso di una socia di maggioranza che si è vista recapitare un avviso di accertamento IRPEF basato sui maggiori redditi accertati in capo alla società, confermando la legittimità dell’operato dell’Amministrazione Finanziaria.

Il caso: accertamento IRPEF al socio per gli utili della società

L’Agenzia delle Entrate, dopo aver accertato un maggiore imponibile IRES, IRAP e IVA a carico di una società a responsabilità limitata per l’anno 2013, notificava un conseguente avviso di accertamento ai fini IRPEF a una delle socie. L’atto impositivo si basava sull’applicazione dei principi validi per le società di capitali a ristretta base partecipativa, attribuendo alla contribuente, titolare dell’80% delle quote, la corrispondente parte degli utili extracontabili della società.
La contribuente impugnava l’atto, lamentando la propria estraneità alla gestione dell’impresa e l’illegittimità dell’accertamento. Tuttavia, sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale respingevano le sue doglianze, portando la questione fino al vaglio della Corte di Cassazione.

I motivi del ricorso e la gestione della Srl a base ristretta

La difesa della contribuente in Cassazione si articolava su tre punti principali, tutti respinti dalla Corte Suprema.

Estraneità alla gestione: l’onere della prova a carico del socio

Il primo motivo di ricorso si fondava sulla presunta violazione dell’art. 2476 del codice civile. La socia sosteneva di essere totalmente estranea alla gestione societaria e di non avere alcun onere di vigilanza sull’operato degli amministratori. La Corte ha rigettato questa tesi, richiamando la sua consolidata giurisprudenza. In una Srl a base ristretta, la presunzione di attribuzione ai soci degli utili extracontabili si basa su una massima di comune esperienza: la ristrettezza della compagine sociale implica un elevato grado di compartecipazione e di controllo reciproco tra i soci. Per superare questa presunzione, il socio deve fornire la prova della sua “estraneità assoluta alla gestione ed alla vita societaria”. Nel caso specifico, la Corte ha sottolineato come la contribuente fosse socia di larghissima maggioranza (80%) per un lungo periodo (dal 2008 al 2015) e avesse persino ricoperto in passato le cariche di Presidente del CdA e di Amministratore Unico, elementi che rendevano inverosimile la sua totale estraneità.

L’impossibilità di contestare l’accertamento societario

Con il secondo motivo, la ricorrente lamentava di non aver potuto contestare il merito dell’accertamento notificato alla società. Anche questa censura è stata respinta. La Cassazione ha chiarito che l’avviso di accertamento nei confronti della società e quello notificato al socio sono atti autonomi e indipendenti. Il socio ha la facoltà di partecipare al procedimento di accertamento che riguarda la società; se non lo fa e l’atto diventa definitivo, non può rimetterne in discussione il contenuto nel proprio giudizio. L’unica difesa possibile per il socio è dimostrare che gli utili, seppur accertati, non sono stati distribuiti ma, ad esempio, accantonati o reinvestiti.

La questione dei costi non dedotti

Infine, la contribuente contestava la mancata considerazione dei costi sostenuti dalla società per la produzione del reddito. Questo motivo è stato dichiarato inammissibile. La Corte ha evidenziato che la Commissione Tributaria Regionale aveva già rigettato la doglianza per mancata produzione di documentazione idonea a dimostrare l’effettività di tali costi. La ricorrente, nel suo ricorso in Cassazione, non ha specificato in che modo e con quali prove avesse sollevato la questione nei precedenti gradi di giudizio, impedendo alla Corte di legittimità di valutare la censura.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

Le motivazioni della Corte si fondano su un orientamento giurisprudenziale consolidato. Il fulcro della decisione risiede nella natura stessa della Srl a base ristretta. La stretta compagine sociale crea un vincolo di solidarietà e un controllo reciproco che giustificano la presunzione di distribuzione degli utili non contabilizzati. L’onere probatorio per superare tale presunzione è, di conseguenza, molto rigoroso e grava interamente sul contribuente.
La Corte ribadisce che il socio non può rimanere inerte durante l’accertamento societario per poi contestarne i risultati nel proprio giudizio. Gli strumenti per intervenire e difendere le proprie ragioni (e quelle della società) esistono e devono essere utilizzati tempestivamente. L’autonomia dei due procedimenti di accertamento (società e socio) è un principio cardine che tutela la certezza dei rapporti giuridici tributari.

Le conclusioni

In conclusione, l’ordinanza conferma che per i soci di una Srl a base ristretta, la partecipazione, anche se non formalizzata in una carica amministrativa, comporta una presunzione di coinvolgimento nella gestione e di percezione degli utili. Per vincere la presunzione del Fisco, è necessario fornire una prova rigorosa e convincente della propria totale estraneità alla vita della società. La sentenza ha rigettato il ricorso principale, ma ha rinviato la causa alla corte di secondo grado per la sola valutazione dell’applicabilità di un regime sanzionatorio più favorevole sopravvenuto.

In una Srl a base ristretta, gli utili non dichiarati dalla società vengono automaticamente attribuiti ai soci?
Sì, si applica una presunzione legale secondo cui gli utili extracontabili sono distribuiti ai soci in proporzione alle loro quote. Questa presunzione si fonda sul ristretto numero di soci, che implica un elevato grado di controllo e partecipazione alla vita sociale.

Un socio di una Srl a base ristretta può evitare la tassazione dimostrando di non essere l’amministratore?
No, non è sufficiente. Il socio deve fornire la prova della sua “estraneità assoluta alla gestione ed alla vita societaria”. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto insufficiente la difesa della socia, avendo ella detenuto una quota di maggioranza (80%) per anni e ricoperto in passato cariche amministrative.

Se il socio non è d’accordo con l’accertamento fiscale fatto alla società, può contestarlo nel suo processo personale?
No. L’accertamento nei confronti della società e quello nei confronti del socio sono autonomi e indipendenti. Se l’avviso di accertamento notificato alla società è diventato definitivo, il socio non può più contestarne il merito nel proprio giudizio, ma può solo provare che quegli utili non gli sono stati distribuiti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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