Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8801 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8801 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27757/2017 R.G. proposto da :
COGNOME NOME COGNOME COGNOME, sia personalmente nella qualità di soci, sia la prima quale legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, pec
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE SIENA, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
Avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della TOSCANA n. 1022/2017 depositata il 18/04/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/02/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
Rilevato che:
1. La Commissione Tributaria Regionale della Toscana ( hinc: CTR), con la sentenza n. 1022/2/2017 depositata in data 18/04/2017, ha accolto, parzialmente, l’appello proposto dall’amministrazione finanziaria contro la sentenza n. 446/2015, con la quale la Commissione Tributaria Provinciale di Siena aveva, a sua volta, accolto il ricorso proposto dai contribuenti contro l’avviso di accertamento (relativo al recupero dei costi di pubblicità) emesso nei confronti della società contribuente e degli avvisi emessi nei confronti dei soci.
2. La CTR, richiamati i requisiti previsti dall’art. 90, comma 8, legge 29/12/2002, n. 289 per le spese di pubblicità e dell’art. 109 t.u.i.r. (in relazione ai requisiti di effettività e inerenza) ha ritenuto che spendere somme ingenti per piccole realtà locali, senza essere lo sponsor ufficiale e senza possibilità di rendicontazione delle spese o delle iniziative pubblicitaria intraprese dalla società sponsorizzata, è del tutto privo di qualsiasi logica imprenditoriale. In particolare, i contratti sono stati sottoscritti alla fine del 2010 per prestazioni da eseguire nella stessa annualità, senza che la società contribuente sia stata in grado di fornire la prova di quali siano state le gare e/o le manifestazioni alle quali abbiano partecipato le squadre, se l’impegno alla diffusione dei
messaggi pubblicitari – con passaggi promozionali via radio o sonori, anche nei campi in cui la squadra era ospite -sia stato rispettato dall’altro contraente. La CTR ha poi evidenziato che le spese imprenditoriali non possono essere così insensate da portare a spendere somme ingenti per un cartello posto al termine della pista di fondo durante i pochi mesi della stagione sciistica o per un altro cartellone posto all’interno di un campo di calcio di una squadra dilettante, aperto ogni due settimane.
Inoltre, le associazioni sponsorizzate partecipano a campionati e manifestazioni a livello dilettantistico, con una presenza di spettatori potenzialmente scarsa (se non del tutto inesistente), tale da rendere difficile il ritorno economico e di immagine richiesto dal legislatore per la legittima deduzione del relativo costo.
In conclusione, ad avviso della CTR, trattandosi di spese portate in deduzione nella dichiarazione dei redditi, incombeva sulla società contribuente (che non vi ha ottemperato) l’onere di provare la natura e l’inerenza delle spese stesse.
2.1. La CTR, ritenuto che il costo deve essere posto in relazione all’attività concretamente svolta dallo sponsor, mentre la sua congruità deve essere valutata in relazione al volume degli affari, agli eventuali benefici promozionali e al bacino d’utenza d el soggetto sponsorizzato, ha ritenuto la spesa solo parzialmente inerente e sulla base dello spesometro integrato per l’anno 2011 (relativo ai compensi percepiti da altre società sportive dilettantistiche del territorio, ha indicato in Euro 2.000, oltre IVA, il costo deducibile per ciascuna associazione, accogliendo, parzialmente, l’appello dell’amministrazione finanziaria.
Contro la sentenza della CTR i contribuenti hanno proposto ricorso in cassazione con due motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso e, in data 13/11/2024, ha depositato memoria in cui ha dichiarato di aver
annullato in autotutela, in data 15/04/2024, gli avvisi di accertamento impugnati dai contribuenti.
In data 19/02/2025 la ricorrente si è costituita con nuovo difensore chiedendo di dichiarare cessata la materia del contendere con la condanna dell’amministrazione finanziaria al pagamento delle spese di lite. Sempre con la medesima memoria la parte ricorrente ha chiesto di discutere il procedimento de quo in pubblica udienza.
…
Considerato che:
In via preliminare, occorre rilevare che nel caso di specie non sussistono i requisiti per la discussione del ricorso in pubblica udienza. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno, infatti, precisato che, in tema di giudizio di cassazione, l’art. 375 c.p.c., nel testo novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022, delinea un rapporto di regola-eccezione, secondo cui i ricorsi sono normalmente destinati ad essere definiti all’esito dell’adunanza camerale nelle forme previste dall’art. 380 bis.1 c.p.c., salvo nei casi di revocazione ex art. 391 quater c.p.c. e di particolare rilevanza della questione di diritto, ipotesi quest’ultima non ricorrente ove la questione sia già stata risolta dalla Corte ovvero qualora il principio di diritto da enunciare sia solo apparentemente nuovo, perché conseguenza della mera estensione di principi già affermati, seppur in relazione a fattispecie concrete diverse rispetto a quelle già vagliate (Cass., Sez. U, 19/02/2024, n. 4331).
Occorre, poi, rilevare come l’amministrazione resistente, con istanza depositata in data 13/11/2024, abbia dato atto di aver annullato, in sede di autotutela, gli avvisi di accertamento impugnati, con provvedimenti datati 15/04/2024.
Di conseguenza, occorre dichiarare di cessazione della materia del contendere.
4. In merito alla liquidazione delle spese di lite questa Corte ha precisato che, in tema di processo tributario, in caso di estinzione del giudizio ex art. 46, comma 1, d.lgs. n. 546 del 1992, per cessazione della materia del contendere a seguito di annullamento in autotutela dell’atto impugnato, può essere disposta la compensazione delle spese di lite ex art. 15, comma 1, purché all’esito di una valutazione complessiva da parte del giudice, trattandosi di ipotesi diversa quella prevista nel comma 3 dello stesso art. 46, quale conseguenza automatica di qualsiasi estinzione, e dichiarata costituzionalmente illegittima dalla pronuncia della Corte cost. n. 274 del 2005 (Cass., 29/11/2023, n. 33157).
5. A tale fine, considerato quanto appena evidenziato, occorre tenere conto che il primo motivo -incentrato sulla violazione o falsa applicazione dell’art. 90, comma 8, legge n. 289 del 2002, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. è fondato, con conseguente assorbimento del secondo motivo, incentrato sull’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio (non valutando come indice di proporzionalità, inerenza ed economicità delle spese di sponsorizzazione, il fatturato dell’attività e non come effettuato l’utile di esercizio dell’impresa), o ggetto di discussione delle parti, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.
Secondo questa Corte, infatti, in tema di spese di sponsorizzazione, il regime di cui all’art. 90, comma 8, legge n. 289 del 2002, nel testo vigente “ratione temporis”, fissa una presunzione assoluta di inerenza e congruità delle sponsorizzazioni rese a favore di imprese sportive dilettantistiche laddove i corrispettivi erogati siano destinati alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante e sia riscontrata, a fronte dell’erogazione, una specifica attività del beneficiario della medesima, consentendo, di conseguenza, di ritenere
integralmente deducibili tali spese dal reddito del soggetto sponsor (Cass., 14/02/2023, n. 4612).
Questo collegio ritiene che, tenuto conto della soccombenza virtuale dell’amministrazione occorre compensare la metà delle spese del presente giudizio di legittimità. Difatti, nell’istanza di cessazione della materia del contendere l’Amministrazione finanziaria ha affermato che « l’autotutela è motivata dallo stabilizzarsi della giurisprudenza di codesta Suprema Corte di Cassazione secondo cui l’art. 90 della Legge 22 dicembre 2002, n. 289 (rubricato “Disposizioni per l’attività sportiva dilettantistica”) prevede al comma 8, ai fini delle imposte sui redditi, una presunzione legale in forza della quale le spese di sponsorizzazione costituiscono, nel limite d’importo annuo complessivamente non superiore ai 200.000 euro, spese di pubblicità, volte alla «promozione dell’immagine o del prodotto del soggetto erogante» integralmente deducibili dal reddito d’impresa. »
Nel caso di specie esiste un precedente di legittimità (Cass., n. 5720 del 2016), successivamente seguito da una serie di pronunce ( ex multis , Cass., n. 06/04/2017, n. 8981) fino a Cass., 14/02/2023, n. 4612 cit., che portano a ritenere, ormai, consolidato l’orientamento maturato in merito all’interpretazione dell’art. 90, comma 8, legge n. 289 del 2002.
La parte ricorrente deve essere, pertanto, condannata al pagamento della metà delle spese di lite del presente giudizio di legittimità -che sono liquidate in applicazione dei parametri medi indicati dal d.m. n. 55/2014, e successivi aggiornamenti (d.m. n.147/2022), adeguati rispetto alla vicenda in giudizio – in favore della controricorrente, con distrazione in favore del procuratore antistatario, mentre deve essere compensata la restante metà.
…
Dichiara la cessazione della materia del contendere.
Condanna la parte ricorrente a pagare in favore della controricorrente la metà delle spese del presente giudizio, che sono liquidate per l’intero in Euro 3.418,00, oltre 15% spese generali, I.V.A. e c.a., e compensa la restante metà, con distrazione in favore del procuratore antistatario avv. NOME COGNOME
Così deciso in Roma, il 28/02/2025.