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Spese processuali: la contumacia non le annulla

Una contribuente vince un ricorso tributario contro un Comune. Il giudice d’appello, però, non le riconosce il rimborso delle spese processuali a causa della mancata costituzione in giudizio (contumacia) del Comune. La Corte di Cassazione ribalta la decisione, affermando che la contumacia non è una ragione valida per compensare le spese. Il principio è chiaro: chi perde la causa, anche se non si difende, deve pagare le spese legali alla parte vincitrice.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Spese Processuali: La Contumacia dell’Avversario non Giustifica la Compensazione

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale in materia di spese processuali: la mancata costituzione in giudizio della controparte (contumacia) non costituisce una ragione valida per negare il rimborso delle spese legali alla parte vincitrice. Questa decisione rafforza il principio di soccombenza, secondo cui chi perde paga, indipendentemente dalla sua partecipazione attiva al processo.

I Fatti di Causa

Una contribuente impugnava alcuni avvisi di accertamento relativi alla TARSU (Tassa Rifiuti) emessi da un Comune per gli anni dal 2006 al 2011. La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado accoglieva parzialmente l’appello, annullando gli avvisi per le annualità fino al 2010 e confermando il pagamento del solo tributo per il 2011, senza sanzioni.
Tuttavia, il giudice d’appello commetteva due errori: primo, compensava le spese processuali del secondo grado motivando tale scelta con la contumacia del Comune; secondo, ometteva completamente di pronunciarsi sulle spese del primo grado di giudizio.
Di fronte a questa decisione, la contribuente ricorreva alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Cassazione sulle Spese Processuali

La Suprema Corte ha accolto il ricorso della contribuente, cassando la sentenza impugnata e stabilendo due principi di diritto di grande rilevanza pratica.

1. La Contumacia non è una Ragione per Compensare le Spese

Il primo motivo di censura riguardava la compensazione delle spese processuali d’appello. La Cassazione ha ribadito il suo orientamento consolidato: la contumacia è una condotta processuale neutra. Non può essere interpretata né come un’ammissione delle pretese avversarie, né come una mancanza di opposizione. Di conseguenza, non rientra tra le “gravi ed eccezionali ragioni” che, secondo la legge, possono giustificare la compensazione delle spese.
La parte vittoriosa ha dovuto comunque sostenere dei costi per far valere il proprio diritto in giudizio. Negarle il rimborso solo perché l’avversario ha scelto di non difendersi sarebbe irragionevole e contrario al principio di causalità: chi dà causa al giudizio, risultando poi sconfitto, deve sopportarne i costi.

2. L’Obbligo del Giudice d’Appello di Pronunciarsi sulle Spese di Primo Grado

Il secondo punto affrontato dalla Corte riguarda l’omessa pronuncia sulle spese del primo grado di giudizio. I giudici hanno chiarito che quando una sentenza viene riformata in appello, anche solo parzialmente, viene meno la statuizione originaria sulle spese.
Il giudice d’appello ha quindi il dovere, anche d’ufficio (cioè senza una specifica richiesta delle parti), di provvedere a una nuova regolamentazione delle spese di primo grado, in base all’esito complessivo della lite. Nel caso di specie, il giudice di secondo grado si era illegittimamente sottratto a questo obbligo.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione su principi cardine del nostro ordinamento processuale. In primo luogo, il principio di soccombenza (art. 91 c.p.c.), che impone al soccombente di rimborsare le spese alla parte vittoriosa, è la regola generale. La compensazione è un’eccezione che richiede una motivazione specifica e robusta, basata su circostanze oggettive della controversia e non sul comportamento processuale della parte, come la contumacia.
In secondo luogo, il principio dell’effetto espansivo dell’impugnazione (art. 336 c.p.c.) stabilisce che la riforma della sentenza di primo grado travolge automaticamente anche le sue statuizioni accessorie, come quella sulle spese. Il giudice d’appello, nel ridefinire il merito della controversia, deve necessariamente ridefinire anche la ripartizione dei costi del primo giudizio.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame è un importante promemoria per tutti gli operatori del diritto. La scelta di rimanere contumaci è una strategia processuale che non mette al riparo dalle conseguenze economiche della sconfitta. La parte che vince una causa ha pieno diritto al rimborso delle spese processuali sostenute, a meno che non sussistano ragioni veramente gravi ed eccezionali, che devono essere esplicitate dal giudice e che non possono consistere nella mera assenza dell’avversario. Inoltre, si riafferma il dovere del giudice d’appello di regolare le spese di entrambi i gradi di giudizio quando riforma la decisione precedente, garantendo così una tutela completa ed effettiva alla parte vittoriosa.

Perché la Cassazione ha annullato la decisione sulla compensazione delle spese processuali?
Perché la motivazione addotta dal giudice d’appello, ovvero la contumacia del Comune, non è considerata una ragione grave ed eccezionale che giustifichi la deroga al principio secondo cui la parte soccombente paga le spese.

La mancata costituzione in giudizio (contumacia) di una parte può evitare la condanna al pagamento delle spese legali in caso di sconfitta?
No. Secondo la Corte, la contumacia è una condotta neutra e non esonera la parte soccombente dal dovere di rimborsare le spese legali alla parte vincitrice, la quale ha comunque dovuto agire in giudizio per tutelare i propri diritti.

Cosa deve fare il giudice d’appello riguardo alle spese del primo grado se modifica la sentenza?
Se il giudice d’appello riforma, in tutto o in parte, la sentenza di primo grado, ha l’obbligo di provvedere a una nuova regolamentazione delle spese processuali del primo giudizio, anche se non vi è una specifica richiesta in tal senso, adeguandola all’esito finale della lite.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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