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Spese processuali contumace: quando non sono dovute

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 564/2024, ha stabilito un importante principio in materia di spese processuali. Sebbene abbia ritenuto valida una notifica di una cartella esattoriale tramite PEC, anche se l’indirizzo del mittente non risultava da pubblici elenchi, ha accolto il ricorso del contribuente su un altro punto cruciale. La Corte ha chiarito che non è dovuta la condanna alle spese processuali in favore della parte vittoriosa se questa non si è costituita in giudizio (contumace), poiché non ha sostenuto costi da rimborsare.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Spese processuali contumace: la vittoria non basta per ottenerle

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema di grande interesse pratico, relativo alla liquidazione delle spese processuali al contumace vittorioso. La vicenda, nata da un contenzioso tributario, offre spunti fondamentali sul principio di soccombenza e sui presupposti per ottenere il rimborso dei costi di giudizio. La Corte ha chiarito che vincere una causa non è sufficiente se non si è partecipato attivamente al processo, non avendo di fatto sostenuto spese da rimborsare.

I Fatti del Caso: Contenzioso su una Cartella di Pagamento

Una contribuente ha impugnato una cartella di pagamento relativa a IRPEF, addizionali e IVA, lamentando sia vizi nella notifica dell’atto sia vizi propri della cartella stessa. I primi due gradi di giudizio si sono conclusi in modo sfavorevole per la contribuente. Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale hanno rigettato i ricorsi, ritenendo, tra le altre cose, che la notifica a mezzo PEC fosse stata eseguita correttamente, nonostante l’indirizzo del mittente (l’Agente della Riscossione) non risultasse da pubblici elenchi.

La contribuente ha quindi deciso di ricorrere in Cassazione, affidandosi a due motivi principali:
1. La violazione delle norme sulla notificazione, sostenendo l’invalidità della notifica PEC proveniente da un indirizzo non censito nei pubblici registri.
2. La violazione dell’art. 91 del codice di procedura civile, contestando la condanna al pagamento delle spese legali in favore dell’Agente della Riscossione, il quale non si era costituito in appello, rimanendo quindi contumace.

La Decisione e le implicazioni sulle spese processuali del contumace

La Corte di Cassazione ha esaminato i due motivi di ricorso con esiti opposti, fornendo chiarimenti importanti su entrambi i fronti.

Il Primo Motivo: La Validità della Notifica PEC

Sul primo punto, la Corte ha rigettato la doglianza della contribuente. Richiamando un precedente delle Sezioni Unite (n. 15979/2022), ha affermato che l’utilizzo di un indirizzo PEC non istituzionale da parte del mittente non rende nulla la notifica, a condizione che essa consenta al destinatario di esercitare pienamente il proprio diritto di difesa, senza incertezze sulla provenienza e sull’oggetto della comunicazione. La rigidità formale, secondo la Corte, è richiesta per l’indirizzo del destinatario, non per quello del mittente.

Il Secondo Motivo: le Spese e la Parte Contumace

È sul secondo motivo che la decisione si fa particolarmente interessante. La Corte ha accolto la tesi della contribuente, ritenendo fondata la censura sulla condanna alle spese. L’Agente della Riscossione, infatti, non si era costituito nel giudizio di appello. In questo caso, la Corte ha stabilito che la condanna alle spese processuali del contumace non può essere pronunciata.

Le Motivazioni della Corte

La motivazione alla base di questa decisione è lineare e si fonda sulla stessa ratio dell’art. 91 c.p.c. (principio di soccombenza). La condanna alle spese ha lo scopo di ristorare la parte vittoriosa dei costi che ha dovuto sostenere per ottenere il riconoscimento del proprio diritto. In altre parole, si vuole evitare che chi ha ragione subisca una diminuzione patrimoniale a causa del processo.

Tuttavia, una parte che rimane contumace, per definizione, non svolge alcuna attività processuale (non deposita memorie, non partecipa alle udienze, ecc.) e, di conseguenza, non sopporta spese legali per le quali possa chiedere un rimborso. La vittoria in giudizio, in questo scenario, non giustifica una condanna alle spese in suo favore, poiché mancherebbe il presupposto stesso del rimborso: l’aver sostenuto un costo. Pertanto, la condanna alle spese in favore del contumace vittorioso è illegittima.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale: il diritto al rimborso delle spese processuali non è un premio per la vittoria, ma un ristoro per i costi sostenuti. La decisione ha importanti implicazioni pratiche: chi si trova in un contenzioso deve essere consapevole che, anche in caso di sconfitta, non potrà essere condannato a pagare le spese legali a una controparte che ha scelto di non partecipare attivamente al giudizio. La Corte, accogliendo il secondo motivo, ha cassato la sentenza impugnata limitatamente al capo sulle spese, eliminandolo e compensando le spese del giudizio di legittimità tra le parti.

È valida una notifica via PEC se l’indirizzo del mittente non risulta dai pubblici elenchi?
Sì, secondo la Corte la notifica è valida se ha comunque permesso al destinatario di svolgere compiutamente le proprie difese, senza alcuna incertezza sulla provenienza e sull’oggetto della comunicazione.

La parte che vince una causa ma non si costituisce in giudizio (contumace) ha diritto al rimborso delle spese processuali?
No. La Corte ha stabilito che la condanna alle spese non può essere pronunciata in favore del contumace vittorioso, poiché questi, non avendo espletato alcuna attività processuale, non ha sopportato spese di cui abbia diritto al rimborso.

Qual è il fondamento della condanna al pagamento delle spese processuali?
Il fondamento risiede nell’esigenza di evitare una diminuzione patrimoniale alla parte che ha dovuto svolgere un’attività processuale per ottenere il riconoscimento e l’attuazione di un suo diritto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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