Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 564 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 564 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1382/2022 R.G. proposto da:
COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOMEC.F. CODICE_FISCALE in virtù di procura speciale in calce al ricorso, elettivamente domiciliata presso il suo indirizzo PEC
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F. 13756881002), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato , presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-resistente –
Tributi – cartella notifica a mezzo PEC indirizzo non risultante da pubblici elenchi
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania -Sezione staccata di Salerno, n. 4457/09/21 depositata in data 25 maggio 2021.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 22 novembre 2023.
RILEVATO CHE
La contribuente COGNOME NOME ha impugnato una cartella di pagamento per IRPEF, addizionali e IVA, conseguente a controllo automatizzato per il periodo di imposta 2015, eccependo la nullità della cartella per vizi di notifica e per vizi propri dell’atto impugnato.
La CTP di Salerno ha rigettato il ricorso.
La CTR della Campania, Sezione staccata di Salerno, con sentenza in data 25 maggio 2021 ha rigettato l’appello della contribuente, ritenendo -per quanto qui ancora rileva -che la cartella sia stata correttamente notificata a mezzo PEC anche con utilizzo dell’estensione PDF , applicando poi il principio della soccombenza in tema di spese processuali.
Propone ricorso per cassazione la contribuente, affidato a due motivi. L’agente della riscossione si è costituito in giudizio al solo fine di partecipare alla discussione orale.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione di « norme di diritto », poi individuate nel corpo del motivo negli artt. 26, quinto comma, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 , nell’art. 60 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e nell’art. 16 -ter , comma 1, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, nella parte in cui è stata ritenuta valida la notificazione eseguita da un indirizzo PEC non risultante da pubblici elenchi.
Il motivo -in disparte l’inammissibilità dello stesso per non essere tale questione stata espressamente affrontata dal giudice di
appello, né essendo stata formulata censura per omessa pronuncia -è infondato, atteso che in tema di notificazione a mezzo PEC , l’utilizzo di un indirizzo di posta elettronica istituzionale, benché non risultante dai pubblici elenchi, non è nulla, ove la stessa abbia consentito, comunque, al destinatario di svolgere compiutamente le proprie difese, senza alcuna incertezza in ordine alla provenienza ed all’oggetto, ritenendosi che una maggiore rigidità formale in tema di notifiche digitali è richiesta per l’individuazione dell’indirizzo del destinatario, cioè del soggetto passivo a cui è associato un onere di tenuta diligente del proprio casellario, ma non anche del mittente (Cass., Sez. U., 18 maggio 2022, n. 15979).
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ., per avere il giudice di appello fatto applicazione del principio della soccombenza in assenza di costituzione della parte appellata, circostanza per la quale non sussisterebbe il presupposto in fatto per il rimborso delle spese sostenute.
Il secondo motivo è fondato, emergendo dal frontespizio della sentenza impugnata l’omessa costituzione in appello dell’Agente della Riscossione, per cui la soccombenza non poteva essere invocata in assenza di costituzione della parte appellata. La condanna alle spese processuali, a norma dell’art. 91 cod. proc. civ., ha il suo fondamento nell’esigenza di evitare una diminuzione patrimoniale alla parte che ha dovuto svolgere un’attività processuale per ottenere il riconoscimento e l’attuazione di un suo diritto; sicché essa non può essere pronunziata in favore del contumace vittorioso, poiché questi, non avendo espletato alcuna attività processuale, non ha sopportato spese al cui rimborso abbia diritto (Cass., Sez. III, 14 marzo 2023, n. 7361).
Il ricorso va, pertanto, accolto in relazione al secondo motivo, cassandosi la sentenza impugnata e -non essendo necessari ulteriori
accertamenti in fatto – decidendosi la causa nel merito, relativamente al capo sulle spese, espungendosi il capo sulle spese dalla sentenza impugnata. Le spese del giudizio di legittimità sono integralmente compensate tra le parti, attesa la parziale soccombenza di parte ricorrente.
P. Q. M.
La Corte accoglie il secondo motivo, rigetta il primo motivo e, decidendo la causa nel merito, cassa la sentenza impugnata limitatamente al capo relativo alle spese processuali; dichiara compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 22 novembre 2023