Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23639 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23639 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/09/2024
Oggetto: spese lite appello soccombenza -infrazionabilità domanda -principio di diritto
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5283/2018 R.G. proposto da COGNOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO COGNOME (posta certificata: EMAIL), ed elettivamente domiciliato in Roma, al INDIRIZZO, presso lo studio legale dell’AVV_NOTAIO (posta certificata: EMAIL);
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sez. staccata di Caltanissetta, n.2577/7/2017 depositata in data 3/7/2017, non notificata.
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 24 aprile 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sez. staccata di Caltanissetta, veniva rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Enna n. 1337/3/15, che aveva solo parzialmente accolto il ricorso introduttivo del contribuente volto ad ottenere l’annullamento dell ‘avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO emesso per IRPEF, IVA, IRAP, interessi e sanzioni relativamente all’anno di imposta 2009.
Con tale atto impositivo l’RAGIONE_SOCIALE contestava al contribuente, esercente attività di carrozziere per auto, un maggiore reddito derivante dallo scostamento tra i ricavi dichiarati nel modello Unico 2010 per l’anno di imposta 2009 e quelli derivanti dall’applicazione dello studio di settore pertinente ex art. 62 sexies d.l. n. 331/1993. L’avviso era stato preceduto da invito al contraddittorio con il quale l’ ente impositore aveva chiesto preventivamente chiarimenti in merito allo scostamento sopra rappresentato. In tale sede il contribuente aveva depositato memorie difensive, ritenute non idonee a giustificare lo scostamento .
Il giudice di prime cure rigettava le doglianze preliminari, incluso il prospettato vizio di sottoscrizione dell’avviso di accertamento, e confermava la legittimità dell’impianto RAGIONE_SOCIALE riprese. Tuttavia, in parziale
accoglimento del ricorso, rideterminava in euro 12.448,00 il maggiore reddito di impresa sottratto ad imposizione sulla scorta dell’applicazione al caso di specie dello studio di settore evoluto. La decisione veniva confermata in ogni sua parte dalla CTR.
Avverso la sentenza d’appello propone ricorso per cassazione la contribuente, affidato a sei motivi, cui l’RAGIONE_SOCIALE replica con controricorso.
Considerato che:
Il primo motivo di ricorso prospetta, in relazione all’art.360 comma 1, n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 42 d.P.R. n. 600/1973 e 57 d.lgs. n. 546/1992, per avere la CTR ritenuto valida e non nulla la delega conferita dal direttore pro tempore dell’Ufficio al funzionario firmatario dell’avviso di accertamento, seppur mancante dell’indicazione RAGIONE_SOCIALE ragioni che ne hanno reso necessaria l’adozione nonché del periodo temporale di validità. 2. Il motivo è affetto da concorrenti profili di inammissibilità e di
infondatezza.
2.1. Innanzitutto, il mezzo di impugnazione non impugna la concorrente statuizione della CTR di novità della questione sulla delega di firma, per la prima volta sollevata in appello, derivando per ciò solo l’inammissibilità della doglianza.
2.2. In secondo luogo, la censura è anche manifestamente destituita di fondamento, perché la delega per la sottoscrizione dell’avviso di accertamento conferita dal dirigente ex all’art. 42, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973, è una delega di firma e non di funzioni. Da ciò deriva che il relativo provvedimento non richiede l’indicazione né del nominativo del soggetto delegato, né della durata della delega. Il conferimento della delega (tra le molte, si veda Cass. Sez. 5, n.8814 del 29/03/2019) può pertanto ben avvenire mediante ordini di servizio che individuino l’impiegato legittimato alla firma mediante l’indicazione della qualifica rivestita, idonea a consentire, “ex post”, la verifica del potere in capo al soggetto che ha materialmente sottoscritto l’atto.
2.3. Orbene, la ricorrente non si confronta con la attuale pertinente giurisprudenza della Sezione, ormai consolidata e puntualmente richiamata nella sentenza impugnata. Da tempo la Corte ha statuito che ciò che ai fini della delega di firma rileva ai sensi dell’art. 42 commi 1 e 3 del d.P.R. n. 600 del 1973, è che gli avvisi di accertamento in rettifica e gli accertamenti d’ufficio devono essere sottoscritti a pena di nullità dal capo dell’ufficio o da altro funzionario delegato di carriera direttiva e, cioè, da un funzionario di area terza di cui al contratto del RAGIONE_SOCIALE, di cui non è richiesta la qualifica dirigenziale, né l’indicazione del nome del delegato.
2.4. Irrilevante è anche l’assenza di specifica indicazione RAGIONE_SOCIALE ragioni di servizio che hanno indotto il direttore a delegare, come pure la durata della delega, sulla base del richiamato e consolidato principio di diritto cui va data ulteriore continuità.
Con il secondo motivo il ricorrente deduce, in relazione all’art.360 comma 1, n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 62 sexies d.l. n. 331/93 e ss. convertito nella Legge 427/93 e 2727 e 2729 cod. civ. per avere la CTR ritenuto che gli studi di settore configurino presunzioni legali in luogo di presunzioni semplici, che devono essere corroborate dai requisiti di gravità, precisione e concordanza.
Il motivo non può trovare ingresso, ma la motivazione dev’essere corretta ex art.384 u.c. cod. proc. civ. nella parte in cui il giudice afferma che l’art. 62 -sexies cit. fonderebbe una presunzione legale e non semplice.
3.1. Al proposito, va rammentata la giurisprudenza della Sezione (tra le molte, v. ad es. Cass. Sez. 5, n. 24931 del 18/08/2022), secondo la quale la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standards” in sé considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività
– ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente con il contribuente, pena la nullità dell’accertamento.
In tale sede, il ricorrente ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli “standards” o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello “standard” prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente. L’esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità degli “standards” al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà. E’ incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte, nel qual caso, però, egli assume le conseguenze di questo suo comportamento, in quanto l’Ufficio può motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli “standards”, dando conto dell’impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale invito, ed il giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all’invito.
3.2. Orbene, nel caso di specie, salva la correzione della motivazione nel punto sopra detto, il complessivo ragionamento espresso dal giudice nella sentenza impugnata è corretto, ravvisando questi l’applicazione della presunzione a seguito RAGIONE_SOCIALE gravi incongruenze emergenti dall’applicazione dello studio di settore e dall’intervenuta interlocuzione con il contribuente, non idonea a giustificare la divaricazione tra la dichiarazione e quanto risultante dallo studio di settore.
Con il terzo motivo si lamenta, in rapporto all’art.360 comma 1, n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., per non avere adeguatamente il giudice valutato il materiale probatorio offerto dal contribuente relativamente alle cause giustificative dello scostamento dallo studio di settore, nonostante le stesse fossero state analiticamente sottoposte al Giudice a quo, nonché per non aver sufficientemente valutato le risultanze dello studio evoluto prodotto in giudizio ed elaborato con i dati relativi dall’anno di imposta accertato.
Il motivo è inammissibile.
5.1. Innanzitutto, è qui opportuno rammentare il corretto procedimento logico che il giudice di merito deve seguire nella valutazione degli indizi ai fini della disamina della fondatezza RAGIONE_SOCIALE riprese: la gravità, precisione e concordanza richiesti dalla legge vanno desunti dal loro esame complessivo, in un giudizio non atomistico di essi (ben potendo ciascuno di essi essere insufficiente da solo), sebbene preceduto dalla considerazione di ognuno per individuare quelli significativi, perché è necessaria la loro collocazione in un contesto articolato, nel quale un indizio rafforza ed ad un tempo trae vigore dall’altro in vicendevole completamento (Cass. n. 12002 del 2017; Cass. n. 5374 del 2017). Ciò che rileva è che dalla valutazione complessiva emerga la sufficienza degli indizi a supportare la presunzione semplice di fondatezza della pretesa, fermo restando il diritto del contribuente a fornire la prova contraria.
5.2. Inoltre, quanto alla valutazione della prova contraria, il Collegio osserva come, per consolidata interpretazione giurisprudenziale (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014), l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie offerte dalle parti.
Come sopra visto, nella fattispecie la CTR ha correttamente applicato la presunzione (semplice) derivante dagli studi di settore, a seguito
del contraddittorio instaurato con il contribuente, in temini di gravità, precisione e concordanza ed ha accertato nella penultima pagina della sentenza il mancato assolvimento della prova contraria: il fatto storico è indubbiamente stato considerato.
Il quarto motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 cod. proc. civ., per avere la CTR leso la corrispondenza tra chiesto e pronunciato nella parte in cui ha condannato il COGNOME al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di entrambi i giudizi di merito nonostante l’RAGIONE_SOCIALE avesse chiesto, nel proprio atto di costituzione in appello, la condanna del contribuente alle spese del solo giudizio di secondo grado ovvero non avesse proposto appello incidentale relativamente a tale capo della sentenza.
Il motivo non può trovare ingresso.
7.1. Sul piano normativo l ‘art.91 cod. proc. civ. prevede espressamente che il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso RAGIONE_SOCIALE spese a favore dell’altra parte e ne liquida l’ammontare insieme con gli onorari di difesa. Per risalente e mai superata interpretazione giurisprudenziale (Cass. Sez. 3, n.1877 del 06/08/1965), la soccombenza genera il limite secondo il quale l’onere RAGIONE_SOCIALE spese non può mai essere posto a carico della parte rimasta totalmente vittoriosa.
7.2. Il regolamento RAGIONE_SOCIALE spese attua concretamente ed effettivamente il diritto di difesa e del giusto processo consacrato dall’art.6 CEDU, come interpretato, con specifico riferimento al regolamento RAGIONE_SOCIALE spese di lite in caso di soccombenza, dalla giurisprudenza della Corte EDU del 22 aprile 2021, No. 27903/15, COGNOME c. Croazia.
Del resto, anche sul piano dei diritti costituzionali la dottrina riconosce che l ‘omessa statuizione sulle spese di lite integra una lesione del diritto costituzionale – in relazione agli artt. 24 e 111 Cost. – ad una tutela giurisdizionale effettiva e tendenzialmente completa che contenga una statuizione sulle spese di lite conseguente al decisum .
7.3. Inoltre, gli artt. 91-98 cod. proc. civ., non solo stabiliscono un obbligo officioso del giudice di provvedere sulle spese del procedimento, ma hanno anche natura inderogabile (v. da ultimo, Cass. Sez. 1, n.11125 del 27/4/2023), pure nel caso in cui la domanda al regolamento RAGIONE_SOCIALE spese di lite non sia espressa.
Viene poi in considerazione il principio dell’infrazionabilità della domanda e il suo rapporto con il principio della soccombenza.
8.1. Il criterio della soccombenza, al fine di attribuire l’onere RAGIONE_SOCIALE spese processuali, non si fraziona a seconda dell’esito RAGIONE_SOCIALE varie fasi del giudizio, ma va riferito unitariamente all’esito finale della lite, senza che rilevi che in qualche grado o fase del giudizio la parte poi definitivamente soccombente abbia conseguito un esito ad essa favorevole ( ex plurimis , v. Cass. Sez. 6 – 3, n. 13356 del 18/5/2021). Infatti, è unitario e globale il criterio di individuazione della soccombenza, e v iolerebbe il principio di cui all’art. 91 cod. proc. civ. il giudice di merito che ritesse la parte come soccombente, in un grado di giudizio ed invece come vincitrice, in altro grado (cfr. Cass. n. 974 del 17/1/2007; Cass. n. 15557 del 7/7/2006; Cass. n. 18255 del 10/9/2004).
8.2. È egualmente unitario e globale il criterio allorché il giudice ritenga di giungere alla compensazione parziale RAGIONE_SOCIALE spese di lite per reciproca parziale soccombenza, condannando poi per il residuo una RAGIONE_SOCIALE due parti. In tal caso, l’unitarietà e la globalità del criterio della soccombenza comporta che, in relazione all’esito finale della lite, il giudice deve individuare la parte parzialmente soccombente e quella, per converso, parzialmente vincitrice (tra le altre, v. Cass. n. 17523 del 23/8/2011; Cass. n. 4052 del 19.2.2009) in favore della quale il giudice del gravame è tenuto a provvedere sulle spese secondo il principio della soccombenza applicato all’esito globale del giudizio, piuttosto che ai diversi gradi del giudizio ed al loro risultato.
8.3. Dalla rassegna che precede, si può trarre che, in tema di liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese giudiziali, il criterio della soccombenza non si fraziona secondo l’esito RAGIONE_SOCIALE varie fasi, bensì dev’essere considerato
unitariamente ex post , ossia all’esito della lite nel momento in cui viene decisa dal giudice d’appello che regola le spese del giudizio (ragionando da Cass. n. 19880 del 29.9.2011), senza che rilevi il fatto che in qualche segmento (grado o fase) del processo la parte poi soccombente abbia conseguito un esito per sé favorevole.
9. Viene così formulato il seguente sintetico principio di diritto: « In tema di regolamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali da parte del giudice d’appello, il principio della soccombenza di cui all’art.91 cod. proc. civ. letto alla luce del principio dell’infrazionabilità della domanda, comporta che nella domanda di condanna alle spese di lite formulata dall’appellante alla condanna della controparte alla refusione RAGIONE_SOCIALE spese di lite, deve ritenersi implicita la richiesta di regolamento anche di quelle di primo grado, e la soccombenza dev’essere individuata non avuto riguardo ai singoli segmenti (grado e fase) del giudizio, bensì al processo considerato unitariamente ex post all’esito della lite decisa dal giudice d’appello ».
La sentenza impugnata è rispettosa del principio di diritto che precede, derivandone la reiezione della censura.
10. Con il quinto motivo si lamenta, in rapporto all’art.360 comma 1, n. 4 cod. proc. civ., ai fini dell’art.360 comma 1, n. 4 cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione degli articoli articoli 1, comma 2, e 36, comma 2, n. 4, del d.lgs. n. 546/1992, nonché degli articoli 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ., e dell’articolo 112 cod. proc. civ., per non avere la CTR esplicitato le ragioni che l’ hanno condotta a ritenere infondato il motivo di appello relativo all’erronea riconduzione dell’attività esercitata dal contribuente al cluster applicato dall’Ufficio, ritenendo generiche le argomentazioni esposte del contribuente.
11. Il motivo è affetto da vari profili di inammissibilità e infondatezza.
11.1. Innanzitutto, quanto alla tecnica di formulazione, il mezzo di impugnazione coniuga profili tra loro incompatibili come l’omessa
pronuncia e la motivazione apparente. Se la motivazione è apparente non vi è omessa pronuncia e viceversa.
11.2. Inoltre, la censura non si confronta realmente con la ratio decidendi espressa dalla CTR nell’ultima pagina della sentenza, che esplicitamente prende posizione sulla questione: «con il quarto motivo di appello viene eccepita l’omessa pronuncia sulla eccezione relativa alla erroneità del cluster di appartenenza dell’attività esercitata dal contribuente. Il motivo è infondato. Dalla documentazione in atti emerge che (…) ».
11.3. Infine, la censura è anche manifestamente infondata, perché la motivazione della CTR prosegue per vari capoversi con precisi addentellati al quadro istruttorio, con riferimento alla presenza di lavoratori in nero, ed è incentrata sul fatto che essenzialmente le contestazioni di parte contribuente sono generiche.
Il sesto motivo deduce la nullità della sentenza per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., per non avere la CTR statuito sulle contestazioni contenute nell’atto di appello proposto dall’odierno ricorrente relative alla lieve entità dello scostamento tra i ricavi dichiarati e quelli risultanti dall’applicazione dello studio di settore evoluto, circostanza che avrebbe condotto all’annu llamento dell’atto impugnato.
Anche il motivo in disamina è inammissibile per la tecnica di formulazione, in quanto in relazione alla prospettata omessa pronuncia, il ricorrente avrebbe dovuto dedurre il paradigma del n.4 dell’articolo 360, comma 1 cod. proc. civ., non azionato.
Il mezzo è inoltre palesemente infondato, poiché nella penultima pagina della sentenza il giudice, come già sopra considerato, espressamente considera che l’accertamento in base agli studi di settore è fondato su gravi incongruenze e quindi una pronuncia a riguardo sussiste.
In conclusione, il ricorso va complessivamente rigettato e le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
La Corte rigetta il ricorso, e condanna parte ricorrente alla rifusione alla resistente RAGIONE_SOCIALE spese di lite, liquidate in euro 2.400 oltre spese prenotate a debito.
Si dà atto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso il 24.4.2024