Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21728 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21728 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. R.G. 15931-2024 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’Avvocato COGNOME giusta procura speciale allegata al ricorso
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE, in persona del Direttore pro tempore
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentate e difese ope legis
in persona del Direttore pro tempore dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO
-controricorrenti-
CAMERA DI RAGIONE_SOCIALE DI ROMA , in persona del legale rappresentante pro tempore -intimata- avverso la sentenza n. 3459/2024 della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO del LAZIO, depositata il 27/05/2024; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del l’11 /7/2025 dal Consigliere Relatore Dott.ssa NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio aveva respinto l’appello avverso la sentenza n. 4829/2022 della Corte di giustizia tributaria di primo grado di Roma, con cui era stato dichiarato inammissibile il ricorso avverso cartelle esattoriali.
Agenzia delle entrate, Agenzia delle entrate riscossione resistono con controricorso, la Camera di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura di Roma è rimasta intimata.
Il ricorso è stato respinto con proposta di definizione anticipata ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c., depositata in data 28 gennaio 2025.
Avverso tale decisione la ricorrente ha proposto opposizione, chiedendo che il ricorso venga collegialmente deciso; la trattazione è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis . n. 1 c.p.c.
La ricorrente ha da ultimo depositato memoria difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., violazione degli artt. 91, 92 e 112 c.p.c. per avere la Corte di merito omesso di pronunciarsi sul motivo di gravame relativo alla condanna alle spese di lite del primo grado, nonostante gli enti resistenti fossero rappresentati da propri funzionari e non da Avvocati.
1.2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 violazione degli artt. 112, 115, 116 e 324 c.p.c. per avere i Giudici d’appello erroneamente respinto la domanda di annullamento delle cartelle, ritenendo valide le notifiche, senza considerare la nullità di alcune notifiche per mancata prova dell’invio della raccomandata informativa .
2.1. Con la proposta di definizione anticipata è stato evidenziato quanto segue:« … per quanto concerne il primo motivo (violazione degli artt. 91, 92 e 112 cpc per mancata pronuncia su motivo di gravame relativo alla condanna alle spese di primo grado), va fatta qui applicazione del principio secondo cui, per integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia, non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto. Il che non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi, in proposito, una specifica argomentazione; dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (tra le molte: Cass. nn. 1360/16, 452/15, 16254/12, 20311/11); nella concretezza del caso, l’impostazione logico -giuridica della pronuncia depone appunto chiaramente nel senso del rigetto del motivo di appello di cui si lamenta la pretermissione, se solo si consideri che la CGT regionale ha essa stessa ravvisato i presupposti, all’esito d ella piena conferma della prima statuizione, per la condanna dell’appellante alle spese di lite del grado, condanna che, del resto discendeva dai principi di soccombenza e di causazione della lite; quanto poi alla questione della asserita non liquidabilità delle spese a favore delle agenzie e degli enti impositori non costituitisi in giudizio con il ministero di un avvocato, ma attraverso un proprio funzionario delegato, soccorre il più recente ma ormai consolidato indirizzo che invece afferma questa liquidabilità, seppure con la decurtazione tariffaria del 20 %: v. Cass. 22195/24 (così Cass. n. 1019/24; n. 23825/23 ed altre): ‘nel processo tributario, alla parte pubblica assistita in giudizio da propri funzionari o da propri dipendenti, in caso di vittoria della lite spetta la liquidazione delle spese, la quale deve essere effettuata mediante applicazione della tariffa ovvero dei parametri vigenti per gli avvocati, con la riduzione del venti per cento dei compensi ad essi spettanti (Cass., 11 ottobre 2021, n. 27634; Cass., 17 settembre 2019, n. 23055; Cass., 23 novembre 2011, n. 24675); principio, questo, che riposa proprio sull’art. 15, comma 2 sexies, del decreto
legislativo n. 546 del 1992, norma di legge coerente con la legge delega, inestensibile ad altri casi in cui in giudizio sia presente una amministrazione pubblica’; per ciò che attiene al secondo motivo di ricorso (violazione degli artt. 115, 116 e 112 cpc per erronea affermazione di avvenuta regolare notificazione delle cartelle e delle intimazioni) si osserva come il motivo si limiti a contrapporre una propria determinata ricostruzione della vicenda della notifica in contrasto con quella, argomentata, accertata dal giudice di merito in doppio grado, così da non poter essere messa più in discussione nella presente sede di legittimità, a maggior ragione alla luce della preclusione di cui all’art. 348 ter cpc; rileva poi, in proposito, che: ‘è inammissibile i l ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti s torici operata dal giudice di merito’ (Cass., Sez. U, Sentenza n. 34476 del 27/12/2019; conf. Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 5987 del 04/03/2021 ed altre); ha sul punto osservato la CGT II grado: ‘rileva che tutte le cartelle sono state regolarmente notificate e pure tutti gli avvisi di intimazione relativi ad ogni singola cartella risultano regolarmente notificati. impugnate’;
Risulta altresì regolarmente notificato l’avviso di intimazione n.27942 finale in data 8/01/2020 relativo e riepilogativo di tutte le cartelle di pagamento da un simile accertamento in fatto, come detto intangibile, discende la fondatezza del conseguente assunto in diritto, secondo cui la mancata impugnazione a tempo debito vuoi delle cartelle, vuoi delle intimazioni (aventi effetto interruttivo e di cui, quindi, la contribuente dovette essere venuta a conoscenza ben prima della notificazione del pignoramento) precludeva in radice ogni contestazione sul punto, stante il disposto di cui agli artt. 19 e 21 d.lgs. 546/92».
2.2. Il Collegio reputa del tutto esaustive e condivisibili tali argomentazioni, che, pertanto, ribadisce interamente, facendole proprie, altresì rimarcando che, a fronte di esse, il difensore della ricorrente, pur avendo chiesto la decisione del ricorso ex art. 380bis , comma 2, c.p.c., nulla ha dedotto, in quanto la memoria depositata ex art. 380bis .1, comma 1, secondo periodo,
è dedicata all ‘ illustrazione dei motivi di ricorso e quindi non adduce argomentazioni sulle questioni assorbenti di cui sopra.
Il ricorso, pertanto, è dichiarato inammissibile.
A tale esito segue la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di cassazione in favore delle controricorrenti, liquidate come da dispositivo , nonché la condanna al pagamento di un’ulteriore somma, ai sensi dell’art. 96, terzo comma, c.p.c., in favore delle medesime e al versamento di un’ulteriore somma in favore della cassa delle ammende (art. 96, quarto comma, c.p.c.).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione in favore delle controricorrenti, liquidate in complessivi Euro 536,00, oltre ad Euro 200 per esborsi, spese generali ed accessori come per legge, nonché al pagamento in favore delle controricorrenti della somma di Euro 1.000,00 ai sensi dell’art. 96, terzo comma, c.p.c. e della somma di Euro 1.000,00 ai sensi dell’art. 96, quarto comma, c.p.c. alla Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, della Corte di Cassazione,