Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23160 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23160 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 12/08/2025
Irpef Ilor Riscossione
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11284/2024 R.G. proposto da COGNOME avvocato NOME (CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso da sé stesso (EMAIL;
-ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate (06363391001), in persona del suo Direttore p.t. , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (P_IVA), presso i cui uffici, in Roma, INDIRIZZO ope legis domicilia (EMAIL;
-resistente – avverso la sentenza n. 1921/2024, depositata il 22 marzo 2024, della Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio tenutasi in data 11 luglio 2025, dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-L’ avvocato NOME COGNOME sulla base di tre motivi, ricorre per la cassazione della sentenza n. 1921/2024, depositata il 22 marzo 2024, con la quale la Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio ha dichiarato estinto il giudizio, per cessazione della materia del contendere, con compensazione delle spese processuali.
Il giudice del gravame, per quel che qui rileva, ha considerato che la materia del contendere doveva ritenersi cessata in ragione dell’annullamento di ufficio dell’atto impositivo che costituiva il presupposto dell’avviso di intimazione in contestazione tra le parti e che, quanto alle spese del giudizio, sussistevano «le condizioni per disporre che esse restino a carico della parte che le ha anticipate.»; ed ha, dunque, rilevato che «dalla motivazione del provvedimento di annullamento emerge che esso è stato adottato anche sulla base di documentazione fatta pervenire successivamente all’istanza di mediazione e considerato l’esito del primo grado di giudizio favorevole all’Amministrazione nonché il fatto (addotto dall’Ufficio nelle proprie controdeduzioni e non contestato) che la sentenza n. 3614/14/20 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma – in relazione alla quale è stata emessa, ai sensi dell’art. 68 D.lgs. 5461992, l’intimazione di pagamento qui controversa -sia stata confermata dalla sentenza n. 4924/03/21, depositata 2 novembre 2021, della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, quand’anche poi gravata di ricorso per cassazione da parte del contribuente».
L’ Agenzia delle Entrate si è costituita tardivamente per poter partecipare all’udienza di discussione del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Il ricorso risulta articolato sui seguenti motivi:
1.1 – il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione dell’art.
91 cod. proc. civ. sull’assunto che il giudice del gravame compensando tra le parti le spese processuali «senza una approfondita motivazione» non aveva considerato che con l’atto adottato in autotutela l’amministrazione aveva finito col riconoscere « il proprio errore provvedendo, sia pure con ritardo, all’annullamento totale dell’accertamento fiscale n. 250TJNM000440 per riscontrata inesistenza del presupposto impositivo , nel senso che l’accertamento fiscale era basato ab initio su di un falso o inesistente presupposto fiscale e come tale errato, e di conseguenza non doveva neppure essere avviato»;
1.2 – il secondo motivo, sempre ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., reca la denuncia di violazione dell’art. 92 cod. proc. civ. assumendo il ricorrente che, nella fattispecie, non ricorrevano i presupposti per disporre una compensazione delle spese del giudizio;
1.3 -col terzo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3, 4 e 5, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia violazione degli artt. 112, 113, 115, 116, 132 n. 4 cod. proc. civ., e dell’art. 111 , sesto comma, Costituzione, deducendo che il giudice del gravame aveva omesso di pronunciare sulle spese del primo grado del giudizio -che erano state poste a suo carico nel liquidato importo di € 1.000,00
che, ad ogni modo, la compensazione era stata disposta in difetto di un’adeguata motivazione -che desse conto delle ragioni dell’annullamento di ufficio adottato con effetti ex tunc per insussistenza del presupposto impositivo -che, ancora, improprio risultava lo stesso riferimento alla sentenza n. 3614/14/20 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma, trattandosi di pronuncia che risultava oggetto di impugnazione e che afferiva al medesimo avviso di accertamento oggetto di annullamento in autotutela.
-I tre motivi -che vanno congiuntamente esaminati siccome connessi -sono fondati, e vanno accolti, nei limiti di quanto in appresso precisato.
2.1 -Posto che alcun dato della gravata sentenza depone nel senso che la disposta compensazione non sia stata riferita all’esito finale della lite, va premesso, in termini generali, che la dichiarazione di estinzione del giudizio tributario, per cessazione della materia del contendere (art. 46, comma 1, d.lgs. n. 546 del 1992, cit.), non preclude ex se la valutazione dei presupposti legittimanti la compensazione delle spese processuali purchè la relativa statuizione costituisca l’esito di una valutazione complessiva della lite da parte del giudice tributario, trattandosi di ipotesi diversa dalla compensazione ( ope legis ) che, prevista dall’art. 46, comma 3, cit., costituisce conseguenza automatica dell’ estinzione del giudizio (Cass., 14 febbraio 2017, n. 3950; Cass., 21 settembre 2010, n. 19947; v., altresì, Corte costituzionale, n. 274 del 2005).
E, in particolare, si è rimarcato che alla cessazione della materia del contendere non si correla necessariamente la condanna alle spese secondo la regola della soccombenza virtuale, qualora l’ annullamento dell’atto impugnato non consegua ad una manifesta illegittimità del provvedimento sussistente sin dal momento della sua emanazione (Cass., 3 aprile 2024, n. 8834; Cass., 13 aprile 2016, n. 7273; Cass., 26 ottobre 2011, n. 22231).
2.2 -Il d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 15, comma 2, ( ratione temporis ) dispone che « Le spese del giudizio sono compensate, in tutto o in parte, in caso di soccombenza reciproca e quando ricorrono gravi ed eccezionali ragioni che devono essere espressamente motivate ovvero quando la parte è risultata vittoriosa sulla base di documenti decisivi che la stessa ha prodotto solo nel corso del giudizio.».
In più occasioni la Corte ha, pertanto, statuito che, nel processo tributario, la compensazione delle spese processuali, ex art. 15, commi 1 e 2, cit., come modificato dall’art. 9, comma 1, lett. f, del d.lgs. n. 156 del 2015, è consentita esplicitando nella motivazione le gravi ed eccezionali ragioni che la sorreggono, che non possono essere illogiche o erronee, configurandosi altrimenti un vizio di violazione di legge, denunciabile in sede di legittimità (v. ex plurimis , e da ultimo, Cass., 15 aprile 2025, n. 9878; Cass., 8 aprile 2024, n. 9312).
2.3 -Nella fattispecie, la (pur) estesa motivazione del giudice del gravame si incentra su profili del contenzioso che risultano (per lo più) eccentrici rispetto alle questioni di fondo da esaminare che, a loro volta (e più propriamente), involgevano le specifiche ragioni dell’atto di autotutela adottato e, con queste, la ricorrenza, o meno, di una originaria illegitti mità dell’atto impugnato.
-L’impugnata sentenza va, pertanto, cassata con rinvio della causa, anche per le spese di questo giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio che, in diversa composizione, procederà al riesame della disciplina delle spese processuali attenendosi ai principi di diritto sopra esposti.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 11 luglio