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Spese giudizio estinzione: chi paga se la lite cessa?

Un contribuente avviava un giudizio di ottemperanza per ottenere il pagamento delle spese legali liquidate in una precedente sentenza. L’ente pubblico pagava la somma, portando all’estinzione del giudizio. La Commissione Tributaria Regionale compensava le spese del secondo giudizio, ma la Corte di Cassazione ha annullato tale decisione. La Suprema Corte ha chiarito che, in caso di cessazione della materia del contendere, le spese giudizio estinzione devono essere regolate secondo il principio della soccombenza virtuale, tranne nei casi specifici di definizione delle pendenze tributarie previsti dalla legge.

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Pubblicato il 2 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Spese giudizio estinzione: la Cassazione chiarisce la regola della soccombenza virtuale

Quando un processo si conclude perché la controparte paga il dovuto, sorge una domanda cruciale: chi deve farsi carico delle spese legali? La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha fornito un’importante precisazione sul tema delle spese giudizio estinzione nel contenzioso tributario, riaffermando il principio della soccombenza virtuale. Questo principio impone al giudice di valutare chi avrebbe avuto torto se la causa fosse proseguita, addebitando a quella parte i costi del procedimento. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti di Causa

La controversia trae origine da un giudizio di ottemperanza. Un contribuente, dopo aver ottenuto una sentenza favorevole che liquidava le spese di lite a suo favore, aveva avviato un nuovo procedimento per costringere un Ente Pubblico a pagare tali somme. Durante questo secondo giudizio, l’Ente provvedeva finalmente al pagamento, causando la cessazione della materia del contendere.

Il giudice regionale, nel dichiarare estinto il giudizio di ottemperanza, decideva di compensare le spese legali tra le parti, richiamando l’articolo 46 del D.Lgs. n. 546/1992. Secondo il giudice di merito, questa norma imponeva che, in caso di estinzione, ogni parte sostenesse i propri costi. Insoddisfatto, il contribuente ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la compensazione fosse illegittima.

La Decisione della Cassazione sulle spese giudizio estinzione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del contribuente, cassando la sentenza impugnata. Gli Ermellini hanno chiarito che il giudice regionale ha applicato una versione superata e parzialmente incostituzionale della normativa.

La versione originaria dell’art. 46, comma 3, del D.Lgs. 546/1992 prevedeva che le spese del giudizio estinto rimanessero sempre a carico della parte che le aveva anticipate. Tuttavia, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 274/2005, ha dichiarato l’illegittimità di questa disposizione nella parte in cui impediva al giudice tributario di regolare le spese secondo il principio della soccombenza virtuale in caso di cessazione della materia del contendere.

Successivamente, il D.Lgs. n. 156/2015 ha modificato l’articolo 46. La nuova formulazione, applicabile al caso in esame, stabilisce che la regola della compensazione automatica delle spese giudizio estinzione si applica esclusivamente ‘nei casi di definizione delle pendenze tributarie previste dalla legge’.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si fonda su una distinzione netta. L’estinzione del giudizio dovuta a specifiche procedure di sanatoria fiscale previste dalla legge è un caso particolare in cui il legislatore ha scelto di lasciare le spese a carico di chi le ha sostenute. In tutte le altre ipotesi di cessazione della materia del contendere – come nel caso in cui la parte convenuta adempia spontaneamente alla richiesta durante il processo – il giudice non può limitarsi a compensare le spese.

Al contrario, ha il dovere di applicare il principio della soccombenza virtuale. Deve cioè compiere una valutazione prognostica sull’esito probabile della lite: se avesse dovuto decidere nel merito, chi avrebbe vinto? La parte che sarebbe risultata soccombente deve essere condannata al pagamento delle spese legali. In alternativa, il giudice può compensare le spese, ma solo se ricorrono ‘gravi ed eccezionali ragioni’, che devono essere esplicitamente indicate nella motivazione, tenendo conto anche del comportamento processuale delle parti.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha stabilito che il giudice tributario di secondo grado ha errato nel compensare automaticamente le spese. Poiché il caso non rientrava in una delle ipotesi di definizione delle pendenze tributarie previste dalla legge, il giudice avrebbe dovuto regolare le spese secondo il principio della soccombenza virtuale o motivare adeguatamente un’eventuale compensazione. La causa è stata quindi rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, che dovrà decidere nuovamente sulle spese, attenendosi ai principi enunciati dalla Suprema Corte.

Chi paga le spese legali se un processo tributario si estingue perché la controparte paga il dovuto?
Le spese legali sono a carico della parte che, secondo una valutazione del giudice, avrebbe perso la causa se fosse proseguita fino alla sentenza (principio di soccombenza virtuale). La regola secondo cui ciascuna parte paga le proprie spese si applica solo nei casi specifici di definizione delle pendenze tributarie previsti dalla legge.

Cosa significa ‘soccombenza virtuale’?
È un principio giuridico secondo cui, quando un processo si estingue prima della sentenza, il giudice determina chi deve pagare le spese legali valutando quale delle parti avrebbe probabilmente perso la causa se questa fosse giunta a una decisione finale sul merito.

Il giudice può sempre compensare le spese in caso di estinzione del giudizio?
No. Al di fuori delle specifiche ipotesi di sanatorie fiscali, il giudice può compensare le spese solo se sussistono ‘gravi ed eccezionali ragioni’, che devono essere specificate in modo esplicito nella motivazione della sentenza, considerando anche il comportamento delle parti nel processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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