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Spese di sponsorizzazione: quando sono deducibili?

La Corte di Cassazione chiarisce la distinzione tra spese di sponsorizzazione qualificabili come pubblicità e quelle considerate di rappresentanza. Con l’ordinanza n. 16698/2025, ha stabilito che, per la deducibilità, il contribuente deve provare l’inerenza e la congruità del costo, dimostrando una diretta aspettativa di ritorno commerciale. In caso contrario, le spese di sponsorizzazione sono indeducibili se non rispettano i limiti previsti per quelle di rappresentanza. Il ricorso di una società è stato respinto per non aver fornito tale prova.

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Pubblicato il 31 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Spese di Sponsorizzazione: La Cassazione Chiarisce i Limiti della Deducibilità

Le spese di sponsorizzazione rappresentano uno strumento di marketing fondamentale per molte aziende. Tuttavia, la loro corretta qualificazione fiscale è spesso oggetto di contenzioso tra contribuenti e Amministrazione Finanziaria. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata sul tema, ribadendo i principi chiave per distinguere le spese di pubblicità, pienamente deducibili, da quelle di rappresentanza, soggette a limiti, e chiarendo su chi ricada l’onere della prova.

I Fatti del Caso

Una società a responsabilità limitata si vedeva recapitare un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate rettificava la sua dichiarazione dei redditi. L’Ufficio contestava la deducibilità (ai fini IRES e IRAP) e la detraibilità (ai fini IVA) di costi sostenuti per una sponsorizzazione in una nota manifestazione automobilistica. Secondo l’Amministrazione Finanziaria, tali spese erano prive di inerenza all’attività d’impresa e incongrue, e andavano quindi riqualificate come spese di rappresentanza, con conseguente recupero a tassazione.

La società impugnava l’atto, ma sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale confermavano la tesi dell’Ufficio. I giudici di merito ritenevano che l’azienda non avesse fornito prova di una “diretta aspettativa di ritorno commerciale” derivante dalla sponsorizzazione. La spesa, inoltre, appariva sproporzionata rispetto al reddito d’impresa e inefficace per un’azienda operante a livello locale che partecipava a un evento di richiamo nazionale. Di qui, il ricorso in Cassazione da parte della società.

La Decisione della Corte di Cassazione sulle spese di sponsorizzazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando le decisioni dei gradi precedenti e consolidando il proprio orientamento in materia di spese di sponsorizzazione.

Distinzione tra Spese di Pubblicità e di Rappresentanza

Il cuore della questione risiede nella corretta qualificazione del costo. La Corte ha ribadito il criterio discretivo fondamentale:
– Le spese di pubblicità hanno una finalità promozionale diretta e mirano a un incremento commerciale immediato.
– Le spese di rappresentanza, invece, perseguono obiettivi più strategici, come la crescita d’immagine e il prestigio aziendale, con un potenziamento solo indiretto delle possibilità di sviluppo.

Le spese di sponsorizzazione, secondo la Corte, rientrano nella categoria delle spese di rappresentanza quando il contribuente non è in grado di provare che dall’attività sponsorizzata derivi una diretta aspettativa di ritorno commerciale.

L’Onere della Prova a Carico del Contribuente

Un punto cruciale, ribadito con forza dalla Corte, è che l’onere probatorio grava interamente sul contribuente. In caso di contestazione da parte del Fisco, spetta all’azienda dimostrare l’inerenza e la congruità dei costi portati in deduzione. Non è sufficiente esibire un contratto di sponsorizzazione e le relative fatture; è necessario provare che la spesa è stata sostenuta con l’obiettivo concreto di aumentare i ricavi e che era economicamente giustificata.

Le Motivazioni della Decisione

La Cassazione ha ritenuto le censure della società ricorrente infondate e inammissibili. In primo luogo, ha evidenziato che il contribuente non aveva assolto al proprio onere di dimostrare la diversità delle ragioni di fatto tra la sentenza di primo grado e quella d’appello, rendendo inammissibile il motivo basato su una presunta omessa valutazione di un fatto decisivo.

Nel merito, il percorso logico seguito dai giudici di legittimità si allinea al suo consolidato orientamento. La Corte ha confermato che, per distinguere tra pubblicità e rappresentanza, occorre guardare agli obiettivi perseguiti. Nel caso di specie, la Commissione Tributaria Regionale aveva correttamente concluso che, in assenza di prova di una diretta aspettativa di ritorno economico, le spese dovevano essere qualificate come di rappresentanza. Inoltre, aveva ritenuto tali costi “non congrui” rispetto al reddito d’impresa (11.000 euro di spesa a fronte di circa 45.000 euro di reddito) e all’ambito locale dell’attività aziendale, a fronte di un evento di portata nazionale. Il ragionamento della Commissione di secondo grado non si basava su presunzioni, ma sulla constatazione della mancata dimostrazione, da parte del contribuente, dell’inerenza e della congruità del costo, come richiesto dalla legge.

Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per le imprese. Per poter dedurre integralmente le spese di sponsorizzazione come costi di pubblicità, è indispensabile non solo che esista un contratto, ma che l’azienda sia in grado di documentare e provare in modo concreto la strategia commerciale sottostante. È necessario dimostrare che l’investimento è stato effettuato con una chiara e diretta aspettativa di aumento delle vendite o di acquisizione di nuovi clienti. In assenza di tale prova, il rischio è la riqualificazione del costo come spesa di rappresentanza, con una deducibilità limitata, o addirittura la sua totale indeducibilità per carenza dei requisiti di inerenza e congruità.

Qual è la differenza principale tra spese di pubblicità e spese di rappresentanza ai fini fiscali?
Le spese di pubblicità hanno lo scopo diretto di promuovere un prodotto o servizio per aumentare le vendite e sono generalmente deducibili integralmente. Le spese di rappresentanza mirano a migliorare l’immagine e il prestigio dell’azienda e la loro deducibilità è soggetta a limiti di congruità e inerenza.

Chi deve provare che le spese di sponsorizzazione sono deducibili come costi di pubblicità?
L’onere della prova spetta interamente al contribuente. In caso di contestazione da parte dell’Amministrazione Finanziaria, è l’azienda che deve dimostrare che la spesa è stata sostenuta con una diretta aspettativa di ritorno commerciale, oltre a provarne l’inerenza e la congruità.

Perché i costi di sponsorizzazione nel caso esaminato sono stati considerati non interamente deducibili?
Perché la società contribuente non ha fornito la prova di una diretta aspettativa di ritorno commerciale dall’attività di sponsorizzazione. Inoltre, i giudici hanno ritenuto la spesa incongrua sia rispetto al reddito d’impresa sia perché l’azienda, operando a livello locale, aveva investito in un evento di portata nazionale, rendendo difficile un ritorno di immagine efficace.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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