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Spese di sponsorizzazione: prova e deducibilità fiscale

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5317/2025, ha rigettato il ricorso di una società contro un avviso di accertamento che negava la deducibilità di spese di sponsorizzazione a favore di associazioni sportive. La Corte ha stabilito che, per ottenere la deduzione, il contribuente deve fornire una prova concreta e documentale dell’effettiva attività pubblicitaria svolta dall’associazione sponsorizzata. Non sono sufficienti il contratto di sponsorizzazione e la prova del pagamento. La presunzione di inerenza e congruità prevista dalla legge per tali spese non esonera il contribuente dal dimostrare l’esistenza del costo e la sua effettiva finalità promozionale.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Spese di Sponsorizzazione: Non Basta Pagare, Serve la Prova della Pubblicità

Le spese di sponsorizzazione rappresentano un importante strumento di marketing per le aziende, ma la loro deducibilità fiscale è spesso oggetto di contenzioso con l’Amministrazione Finanziaria. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 5317 del 2025, ribadisce un principio fondamentale: per dedurre il costo, non è sufficiente dimostrare di aver stipulato un contratto e di aver pagato, ma è necessario provare l’effettiva attività promozionale svolta dal soggetto sponsorizzato. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Una società si vedeva notificare due avvisi di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate recuperava a tassazione, ai fini IRES, IRAP e IVA, i costi sostenuti per la sponsorizzazione di due associazioni sportive dilettantistiche negli anni 2007 e 2008. Secondo il Fisco, tali spese non erano inerenti all’attività d’impresa.

Inizialmente, la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso dell’azienda. Tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale, in appello, ribaltava la decisione, confermando la legittimità degli accertamenti e condannando la società al pagamento delle spese.

L’azienda decideva quindi di ricorrere in Cassazione, affidandosi a diversi motivi per contestare la sentenza di secondo grado.

L’Onere della Prova nelle Spese di Sponsorizzazione

Il cuore della controversia ruota attorno all’onere della prova. La società contribuente sosteneva di aver fornito elementi sufficienti, come i contratti e le dichiarazioni dei rappresentanti delle associazioni sportive. Lamentava, inoltre, che i giudici di appello non avessero adeguatamente considerato tali prove, ritenendole inidonee senza un’analisi approfondita.

La difesa dell’azienda si basava anche sulla presunzione legale di cui all’art. 90, comma 8, della Legge 289/2002. Questa norma, nel testo applicabile all’epoca dei fatti (ratione temporis), stabilisce una presunzione assoluta di inerenza e congruità per le spese di sponsorizzazione a favore di associazioni sportive dilettantistiche, a condizione che i corrispettivi siano destinati alla promozione dell’immagine o dei prodotti dello sponsor e che venga riscontrata una specifica attività del beneficiario.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendo infondati tutti i motivi presentati. I giudici hanno chiarito diversi punti cruciali in materia di spese di sponsorizzazione.

In primo luogo, la Corte ha sottolineato che la presunzione legale non è automatica. Essa presuppone che il contribuente fornisca la prova dell’esistenza stessa del costo e, soprattutto, della sua effettiva destinazione promozionale. In altre parole, l’azienda sponsor deve dimostrare concretamente quale attività pubblicitaria è stata svolta in suo favore.

Nel caso specifico, i giudici di merito avevano correttamente evidenziato l’assenza di una prova documentale adeguata. Erano mancati elementi come servizi fotografici, locandine con il logo aziendale, pubblicazioni su giornali e riviste locali, o altro materiale idoneo a provare l’effettiva veicolazione del marchio dello sponsor. Le sole dichiarazioni dei terzi, in assenza di riscontri documentali, sono state ritenute insufficienti.

La Cassazione ha affermato che l’onere di provare i fatti che danno diritto alla deduzione fiscale spetta al contribuente (onus probandi). La società avrebbe dovuto produrre la documentazione attestante la pubblicità ricevuta. Il fatto che il contratto lasciasse libertà alle associazioni sulle modalità di promozione non esonerava l’azienda dal dovere di verificare e documentare l’avvenuta controprestazione pubblicitaria.

Le Conclusioni

La decisione in commento consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso in tema di deducibilità delle spese di sponsorizzazione. Per le imprese, il messaggio è chiaro: per evitare contestazioni fiscali, è indispensabile non solo stipulare un contratto formale e tracciare i pagamenti, ma anche e soprattutto raccogliere e conservare meticolosamente tutta la documentazione che comprovi l’effettiva attività promozionale eseguita dal soggetto sponsorizzato. Fotografie di striscioni, copie di locandine e programmi di eventi, rassegne stampa, screenshot di siti web e social media sono tutti elementi essenziali per costruire una solida base probatoria in caso di verifica fiscale. Affidarsi unicamente al contratto e alla fattura è un rischio che può costare caro.

È sufficiente un contratto di sponsorizzazione per dedurre i relativi costi fiscalmente?
No, secondo la Corte di Cassazione non è sufficiente. Il contribuente deve fornire la prova documentale che, a fronte del pagamento, sia stata effettivamente svolta un’attività promozionale e pubblicitaria a suo favore.

Su chi ricade l’onere di provare l’effettiva attività pubblicitaria?
L’onere della prova (onus probandi) ricade interamente sul contribuente che intende dedurre il costo. È la società sponsor che deve dimostrare, con documentazione adeguata (foto, locandine, pubblicazioni), la controprestazione pubblicitaria ricevuta.

La presunzione di deducibilità per le sponsorizzazioni a favore di associazioni sportive dilettantistiche è automatica?
No, la presunzione di inerenza e congruità prevista dall’art. 90 della L. 289/2002 non è automatica. Essa opera solo a condizione che il contribuente dimostri l’esistenza del costo e l’effettivo svolgimento di una specifica attività promozionale da parte del beneficiario a favore dello sponsor.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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