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Spese di sponsorizzazione: presunzione e deducibilità

Una società ha contestato un accertamento fiscale relativo all’IVA su acquisti intracomunitari e alla deducibilità delle spese di sponsorizzazione. La Corte di Cassazione ha respinto l’appello della società sulla questione probatoria, confermando la valutazione del giudice di merito. Allo stesso tempo, ha respinto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, riaffermando che le spese di sponsorizzazione a favore di associazioni sportive dilettantistiche, fino a 200.000 euro, godono di una presunzione legale assoluta di deducibilità come costi pubblicitari, indipendentemente dalla loro congruità economica.

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Pubblicato il 16 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Spese di Sponsorizzazione: Quando sono Deducibili? La Cassazione Chiarisce

Le spese di sponsorizzazione rappresentano un importante strumento di marketing per le aziende, ma la loro deducibilità fiscale è spesso oggetto di contenzioso. Con l’ordinanza n. 24147 del 2024, la Corte di Cassazione è tornata a fare chiarezza su un punto cruciale: la presunzione legale di deducibilità per le sponsorizzazioni a favore delle Associazioni Sportive Dilettantistiche (ASD). La pronuncia offre importanti spunti sia sul merito della questione fiscale sia sui limiti procedurali del ricorso in Cassazione.

I Fatti del Caso

Una società si era vista notificare alcuni avvisi di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate contestava, tra le altre cose, l’indebita detrazione dell’IVA per acquisti da operatori comunitari e la deducibilità dei costi per sponsorizzazioni sportive.

La Commissione Tributaria Regionale aveva parzialmente accolto l’appello della società, ritenendo infondata la pretesa del Fisco sui costi di sponsorizzazione, ma fondato il recupero dell’IVA sugli acquisti intracomunitari. Entrambe le parti, insoddisfatte dalla decisione, hanno proposto ricorso in Cassazione: la società per la parte a lei sfavorevole e l’Agenzia delle Entrate, con ricorso incidentale, per la parte relativa alle sponsorizzazioni.

L’Analisi della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha esaminato separatamente i motivi di ricorso, arrivando a rigettarli entrambi e confermando, di fatto, la sentenza di secondo grado.

La Valutazione delle Prove e i Limiti del Giudizio di Cassazione

La società lamentava che la Commissione Tributaria Regionale avesse attribuito un valore di prova legale (o ‘fede privilegiata’) agli elenchi INTRASTAT prodotti dall’Agenzia Fiscale, violando le norme sull’onere della prova.

La Corte ha dichiarato inammissibili tali censure, ribadendo un principio fondamentale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono riesaminare i fatti o la valutazione delle prove. Il giudice di merito ha il compito di analizzare il materiale probatorio, valutarne l’attendibilità e formare il proprio convincimento. Il sindacato della Cassazione è limitato al controllo della logicità e correttezza giuridica del ragionamento, non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di appello. In questo caso, la Corte ha ritenuto che il giudice avesse correttamente bilanciato le prove, attribuendo l’onere probatorio in modo corretto alle rispettive parti.

La Presunzione Legale Assoluta per le Spese di Sponsorizzazione

Il punto più rilevante della decisione riguarda il ricorso dell’Agenzia delle Entrate. L’amministrazione fiscale contestava la decisione di merito che aveva riconosciuto la deducibilità delle spese di sponsorizzazione erogate dalla società a favore di alcune ASD.

La Cassazione ha respinto il ricorso, richiamando l’art. 90 della Legge 289/2002. Questa norma introduce una ‘presunzione legale assoluta’ sulla natura di spesa pubblicitaria per i corrispettivi fino a 200.000 euro annui, erogati a favore di società e associazioni sportive dilettantistiche.

Questa presunzione opera a condizione che:
1. Il soggetto sponsorizzato sia una compagine sportiva dilettantistica.
2. Sia rispettato il limite quantitativo di spesa (200.000 euro).
3. La sponsorizzazione miri a promuovere l’immagine e i prodotti dello sponsor.
4. Il soggetto sponsorizzato abbia effettivamente posto in essere una specifica attività promozionale (es. apposizione del marchio su divise, striscioni, etc.).

La Corte ha sottolineato che, data la natura ‘assoluta’ della presunzione, diventa irrilevante qualsiasi valutazione sulla presunta ‘antieconomicità’ della spesa o sulla sua sproporzione rispetto al fatturato dell’azienda sponsor. Se le condizioni di legge sono rispettate, la spesa è da considerarsi pubblicitaria e, quindi, deducibile.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si fondano su due pilastri. Da un lato, il rigido rispetto dei limiti del giudizio di legittimità, che impedisce un riesame del merito e della valutazione probatoria effettuata nei gradi precedenti. Qualsiasi doglianza sulla valutazione dei fatti deve essere inquadrata nel vizio di motivazione (art. 360, n. 5 c.p.c.), con i limiti stringenti previsti dalla legge, e non come violazione di norme sulla prova.

Dall’altro lato, la decisione applica in modo rigoroso il principio sancito dalla normativa speciale in materia di sponsorizzazioni sportive. La ‘presunzione legale assoluta’ è uno strumento con cui il legislatore ha voluto incentivare il sostegno allo sport dilettantistico, fornendo una certezza fiscale alle imprese. Una volta verificata la sussistenza dei requisiti previsti dalla norma, non vi è spazio per ulteriori valutazioni discrezionali da parte dell’amministrazione finanziaria circa la congruità della spesa.

Le Conclusioni

L’ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza pratica. Per le imprese che investono in sponsorizzazioni sportive a favore di ASD, la sentenza conferma un quadro di certezza giuridica: rispettando le condizioni previste dall’art. 90 della Legge 289/2002, le spese fino a 200.000 euro sono considerate costi di pubblicità e pienamente deducibili, senza che il Fisco possa contestarne l’inerenza o la congruità economica. Allo stesso tempo, la decisione ricorda ai contribuenti che le contestazioni sulla valutazione delle prove hanno uno spazio molto limitato in sede di ricorso per cassazione, dove prevale l’analisi della corretta applicazione del diritto.

Le spese di sponsorizzazione verso una Associazione Sportiva Dilettantistica (ASD) sono sempre deducibili?
Sì, sono considerate spese di pubblicità e quindi deducibili se rispettano specifiche condizioni: il beneficiario deve essere una ASD, l’importo annuo non deve superare i 200.000 euro, e deve esserci una reale attività promozionale da parte dell’associazione a favore dello sponsor.

L’Agenzia delle Entrate può contestare la deducibilità di una spesa di sponsorizzazione perché la ritiene ‘antieconomica’ o sproporzionata?
No, se sono rispettate le condizioni previste dalla legge (art. 90, L. 289/2002), la norma introduce una ‘presunzione legale assoluta’. Ciò significa che la spesa è considerata pubblicitaria e deducibile per definizione, e l’amministrazione fiscale non può contestarla sulla base di una valutazione di antieconomicità o di sproporzione rispetto al fatturato dello sponsor.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di rivalutare le prove presentate nei gradi di giudizio precedenti?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata, ma non può riesaminare i fatti del caso o compiere una nuova e diversa valutazione delle prove.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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