Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 99 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 99 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30/2018 R.G. proposto da :
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (P_IVA) che la rappresenta e difende -resistente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della TOSCANA n. 1233/2017 depositata il 15/05/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/11/2024 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle Entrate impugnò la sentenza della CTP di Lucca, che aveva accolto il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE
s.r.lRAGIONE_SOCIALE avverso l’avviso di accertamento mirato a riprese fiscali di Ires, Iva e Irap, con riferimento all’annualità 2008. Nella prospettazione erariale taluni dei costi documentati dalla società alla stregua di costi di pubblicità non erano qualificabili come tali, essendosi risolti in erogazioni di carattere liberale. La CTR della Toscana ha accolto l’appello erariale, condannando al pagamento delle spese giudiziali la parte contribuente, che ora affida a due motivi di censura il proprio ricorso per cassazione. L’Agenzia resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso la contribuente adduce la violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., dell’art. 90, comma 8, L. n. 289 del 2002, per avere la CTR escluso che gli esborsi sostenuti dalla COGNOME si collegassero ad una campagna pubblicitaria.
Con il secondo motivo di ricorso si contesta la violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., dell’art. 109 TUIR, ancorché la norma non fosse applicabile al caso di specie, a fronte della previsione speciale di cui all’art. 90, comma 8, L. n. 289 del 2002.
I due motivi sono suscettibili di trattazione unitaria per intima connessione; essi sono fondati e vanno accolti.
Nella specie la sentenza della CTR si è limitata ad escludere la deducibilità, non essendo evincibile lo specifico messaggio pubblicitario. Il giudice d’appello ha trascurato di sceverare le spese di sponsorizzazione e le spese di pubblicità, ancorché la qualificazione degli esborsi, quindi la loro riconducibilità all’interno del primo anziché del secondo novero, ne segni una netta differenziazione di regime giuridico.
Mette in conto evidenziare già in premessa che, con riferimento alle spese di sponsorizzazione, non rileva, ai fini della deducibilità, la
prova del profilo dell’inerenza, perché esso è presunto. Ad emergere è, infatti, il principio, espresso da questa Corte, a tenore del quale ‘ In tema di spese di sponsorizzazione, il regime di cui all’art. 90, comma 8, della l. n. 289 del 2002, nel testo vigente “ratione temporis”, fissa una presunzione assoluta di inerenza e congruità delle sponsorizzazioni rese a favore di imprese sportive dilettantistiche laddove i corrispettivi erogati siano destinati alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante e sia riscontrata, a fronte dell’erogazione, una specifica attività del beneficiario della medesima, consentendo, di conseguenza, di ritenere integralmente deducibili tali spese dal reddito del soggetto sponsor ‘ (Cass. n. 4612 del 2023).
Questa Corte ha, più volte, ribadito che ‘ In tema di detrazioni fiscali, le spese di sponsorizzazione di cui all’art. 90, comma 8, della legge n. 289 del 2002, sono assistite da una “presunzione legale assoluta” circa la loro natura pubblicitaria, e non di rappresentanza, a condizione che: a) il soggetto sponsorizzato sia una compagine sportiva dilettantistica; b) sia rispettato il limite quantitativo di spesa; c) la sponsorizzazione miri a promuovere l’immagine ed i prodotti dello sponsor; d) il soggetto sponsorizzato abbia effettivamente posto in essere una specifica attività promozionale ‘ (Cass., 7 giugno 2017, n. 14232), ‘ senza che rilevino, pertanto, requisiti ulteriori ‘ (Cass., 6 aprile 2017, n. 8981; Cass., 19 gennaio 2018, n. 1420; Cass., 30 maggio 2018, n. 13508; Cass., 6 maggio 2020, n. 8540).
Ancora questa Corte ha affermato, pure di recente, che il citato art. 90, comma 8, costituisce norma speciale, destinata a derogare anche al regime generale di deducibilità dei costi previsto dall’art. 109 del T.U.I.R., trattandosi di disposizione che detta peculiari condizioni di deducibilità delle spese di pubblicità che rispondono alle specifiche esigenze del settore di riferimento, ossia delle compagini sportive dilettantistiche; la norma intende perseguire
finalità diverse che, con tutta evidenza, possono essere rintracciate nella voluntas legis di approntare un regime agevolativo per quei soggetti che decidono di investire nello sport amatoriale e di favorire – tramite la leva fiscale – la diffusione di questo genere di attività giudicate socialmente utili e degne di protezione, stante anche la rilevanza costituzionale dello sport (cfr. Cass., 27 luglio 2021, n. 21452, in motivazione).
Il legislatore ha, dunque, stabilito una presunzione assoluta di deducibilità del costo, rendendo non sindacabile la scelta dell’imprenditore di promuovere il nome, il marchio o l’immagine attraverso iniziative pubblicitarie nel settore sportivo dilettantistico; non si può, quindi, negare lo scomputo dei costi di sponsorizzazione sulla base di una asserita assenza di una diretta aspettativa di ritorno commerciale, atteso che una tale soluzione non si porrebbe neppure in linea con la stessa nozione di inerenza, come delineatasi nel tempo, che è di natura qualitativa e non quantitativa (Cass., 20 dicembre 2018, n. 33030; Cass., 16 dicembre 2019, n. 33120; Cass., 4 marzo 2020, n. 6017) e non è, dunque, più basata sulla necessaria riconducibilità dell’onere alla percezione di ricavi da parte dell’impresa che sostiene il costo; neppure è consentita la contestazione della incongruità o dell’antieconomicità del costo, dal momento che nel campo delle sponsorizzazioni è improponibile, se non impossibile, individuare l’ammontare « congruo » di una sponsorizzazione, poiché queste spese, di solito, sono sostenute nella prospettiva di aumentare i ricavi, senza la minima garanzia che tale obiettivo possa essere davvero conseguito (cfr. Cass., 27 luglio 2021, n. 21452).
In conclusione, dunque, il peculiare regime approntato dall’art. 90, comma 8, citato, come evidenziato dalle recenti pronunce di questa Corte, in forza della sua natura agevolativa, fissa una presunzione assoluta di inerenza e congruità delle sponsorizzazioni rese a favore di imprese sportive dilettantistiche laddove risultino
soddisfatti i requisiti sopra indicati, ossia che i corrispettivi erogati siano destinati alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante e sia riscontrata, a fronte dell’erogazione, una specifica attività del beneficiario della medesima (Cass., 19 gennaio 2018, n. 1420; Cass., 6 maggio 2019, n. 11797; Cass., 15 gennaio 2020, n. 8540), e consente, di conseguenza, di ritenere integralmente deducibili tali spese dal soggetto sponsor (cfr. Cass., 27 luglio 2021, n. 21452).
Ciò posto, nella fattispecie in esame, la CTR non contesta l’effettiva corresponsione delle somme da parte della società contribuente ed la specifica attività del beneficiario della stessa; piuttosto rimarca in punto di fatto, che la spesa pubblicitaria in esame difettava di inerenza ed era antieconomica e si addentra in un sindacato delle scelte economiche dell’imprenditore, al fine di negare l’inerenza dei costi di sponsorizzazione manifestamente sproporzionati rispetto all’utilità ritraibile dalla pubblicità.
La Commissione tributaria regionale, dunque, in distonia coi principi sopra richiamati, ha escluso ricorressero, nella specie, le condizioni richieste per l’applicabilità della disciplina prevista dall’art. 90, comma 8, della legge n. 289/2002 e si è peritata di svolgere una valutazione supplementare circa l’inerenza e congruità dei costi, in verità preclusa dalla prevista praesumptio legis riassunta.
Per quanto esposto, il ricorso va accolto. La sentenza va cassata e la causa rinviata alla Corte di Giustizia Tributaria Regionale della Toscana, per un nuovo esame e per la regolazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata; rinvia per un nuovo esame e per la regolazione delle spese del giudizio alla
Corte di Giustizia Tributaria Regionale della Toscana, per un nuovo esame e per la regolazione delle spese del giudizio. Così deciso in Roma, il 06/11/2024.