Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23531 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23531 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 19/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15157/2022 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-ricorrente-
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. COGNOME NOME (domicilio digitale: EMAIL
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLE MARCHE n. 229/2022 depositata il 24 febbraio 2022, notificata il 14 aprile 2022
udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 3 luglio 2025 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
La Direzione Provinciale dell’Agenzia delle entrate di Pesaro -Urbino emetteva nei confronti di NOME COGNOME esercente la professione di agente di commercio nel settore della vendita di esplosivi industriali, un avviso di accertamento con il quale, per quanto qui ancora interessa, disconosceva la deducibilità delle spese di
sponsorizzazione dallo stesso sostenute nell’anno 2005 in favore dell’associazione sportiva dilettantistica RAGIONE_SOCIALE, operando le conseguenti riprese fiscali ai fini dell’IRPEF, dell’IRAP e dell’IVA. Il contribuente impugnava tale avviso di accertamento dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Pesaro, che respingeva il suo ricorso.
La decisione veniva, però, successivamente riformata dalla Commissione Tributaria Regionale delle Marche, la quale, con sentenza n. 229/2022 del 24 febbraio 2022, in parziale accoglimento dell’appello della parte privata, annullava l’atto impositivo limitatamente al recupero delle spese di sponsorizzazione, rispetto alle quali riteneva operante la presunzione legale assoluta della natura pubblicitaria dei relativi costi, nonché della loro inerenza e congruità.
Contro questa sentenza, notificata il 14 aprile 2022, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Il COGNOME ha resistito con controricorso.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
Nel termine di cui al comma 1, terzo periodo, del medesimo articolo il controricorrente ha depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono denunciate la violazione e la falsa applicazione dell’art. 90, comma 8, della L. n. 289 del 2002, dell’art. 2697 c.c., dell’art. 109 del TUIR e degli artt. 115 e 116 c.p.c..
1.1 Si critica l’impugnata sentenza per aver riconosciuto la deducibilità delle spese di sponsorizzazione dichiarate dal contribuente per l’anno d’imposta in verifica, pur in assenza di prova dell’effettivo svolgimento di attività promozionale da parte
del soggetto sponsorizzato, nonché dell’inerenza e congruità dei costi sopportati.
1.2 Il motivo è in parte infondato e in parte inammissibile.
1.3 Secondo un consolidato orientamento di legittimità, la norma di cui all’art. 90, comma 8, della L. n. 289 del 2002 -abrogata dall’art. 52, comma 2, lettera a), del D. Lgs. n. 36 del 2021 ma applicabile «ratione temporis» alla presente vertenzacostituisce una disposizione speciale che deroga al regime generale previsto dall’art. 109 del TUIR, stabilendo una presunzione assoluta di deducibilità delle spese di sponsorizzazione sostenute a favore delle associazioni sportive dilettantistiche, la quale riguarda sia l’inerenza sia la congruità dei relativi costi e non può essere messa in discussione dall’Amministrazione Finanziaria sulla base di una loro presunta antieconomicità (cfr. Cass. n. 96/2025, Cass. n. 20900/2024, Cass. n. 4612/2023, Cass. n. 21452/2021).
1.4 Si è, al riguardo, precisato che tale presunzione opera solo laddove risultino soddisfatti i seguenti requisiti: (a)il soggetto sponsorizzato sia una compagine sportiva dilettantistica; (b)sia rispettato il limite quantitativo di spesa; (c)la sponsorizzazione miri a promuovere l’immagine e i prodotti dello sponsor; (d)il soggetto sponsorizzato abbia effettivamente posto in essere una specifica attività promozionale (cfr. Cass. n. 4920/2025, Cass. n. 29217/2024, Cass. n. 21387/2024).
1.5 Ai suenunciati princìpi di diritto si è attenuta la CTR, che ad essi ha fatto esplicito richiamo.
1.6 Invero, dopo aver ricordato che quella «quella sancita dall’art. 90, comma 8, legge 289/2002 è… una ‘presunzione assoluta’, oltre che della natura di ‘spesa pubblicitaria’, altresì di inerenza della spesa stessa fino alla soglia, normativamente prefissata, dell’importo di euro 200.000,00» , i giudici regionali hanno accertato che: (a) «l’importo complessivo» dei costi di sponsorizzazione sopportati dal COGNOME «rientra (va) nel limite di
spesa previsto dal citato articolo 90» ; (b) «l’esborso del denaro non e (ra) contestato ed e (ra) provato dagli assegni emessi dal contribuente» ; (c) «non e (ra) in contestazione ed e (ra) comunque provata l’esecuzione del servizio di pubblicità da parte della società sponsorizzata», come evincibile dalle «fotografie allegate» ; (d) «non e (ra) infine contestato che la società sponsorizzata fosse una associazione sportiva dilettantistica riconosciuta dalla rispettiva federazione» .
1.7 Sulla scorta della ricostruzione in fatto contenuta nell’impugnata sentenza, appare corretta la riconduzione dei costi di cui trattasi nell’àmbito previsionale dell’art. 90, comma 8, della L. n. 289 del 2002, con la conseguente operatività in favore del contribuente della presunzione legale assoluta della natura pubblicitaria della spesa, della sua inerenza e della sua congruità.
1.8 Il motivo, dunque, sotto questo aspetto, si rivela privo di fondamento.
1.9 Inammissibile è, invece, il profilo di doglianza incentrato sulla pretesa violazione delle altre norme citate in rubrica.
1.10 È «ius receptum» che la violazione dell’art. 2697 c.c. si configura nella sola ipotesi in cui il giudice di merito abbia attribuito l’onere della prova a una parte diversa da quella che ne era gravata secondo le regole basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni, e non quando formi oggetto di censura l’apprezzamento delle prove svolto dal detto giudice (cfr. Cass. n. 13746/2025, Cass. n. 12507/2025, Cass. n. 11498/2025, Cass. n. 9392/2025).
1.11 Altrettanto ferma è la giurisprudenza di questa Corte nell’affermare che la denuncia di violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. è ammissibile solo quando si alleghi che il giudice abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti o disposte d’ufficio al di fuori dei casi in cui la legge lo permette, oppure abbia disatteso prove legali vagliandole secondo il suo prudente apprezzamento o, per contro, conferito valore di
prova legale a una risultanza istruttoria che ne è priva; non è, invece, ammissibile quando si contesti l’errata valutazione del materiale istruttorio da lui compiuta (cfr., ex plurimis , fra le più recenti, Cass. n. 13372/2025, Cass. n. 13115/2025, Cass. n. 8868/2025, Cass. n. 5531/2025).
1.12 Ciò posto, va osservato che nel caso di specie quel che si rimprovera alla CTR non è di aver invertito l’onere della prova, né di aver deciso la causa in base a prove non introdotte dalle parti o ammesse d’ufficio oltre i poteri di indagine riconosciuti al giudice, nè di aver attribuito a una determinata prova una valenza diversa da quella prevista dalla legge, bensì di non aver valutato in modo corretto le emergenze processuali, erroneamente ritenendo che il contribuente fosse riuscito a dimostrare la sussistenza dei requisiti ai quali l’art. 90, comma 8, della L. n. 289 del 2002 subordina la deducibilità delle spese di sponsorizzazione sostenute in favore di associazioni sportive dilettantistiche.
1.13 Una simile lagnanza non può, tuttavia, trovare ingresso nell’odierna sede, risolvendosi nel tentativo di sollecitare la Corte a un non consentito riesame del giudizio in fatto espresso dal collegio regionale.
1.14 Per quanto, poi, specificamente attiene alla dedotta violazione del principio di non contestazione, mette conto evidenziare che la censura manca di decisività, giacchè la pronuncia in scrutinio non si fonda sulla pura e semplice applicazione di tale principio, avendo i giudici d’appello spiegato, nella parte motivazionale, che le circostanze rilevanti ai fini del riconoscimento della fondatezza delle ragioni del contribuente risultavano comunque idoneamente comprovate «per tabulas» .
Con il secondo motivo, proposto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c., è lamentata l’omessa disamina di un fatto decisivo e controverso.
2.1 Si sostiene che la Commissione regionale avrebbe tralasciato di
considerare che le prestazioni fatturate al COGNOME dall’ARAGIONE_SOCIALE, i cui costi erano stati da lui dedotti ai fini delle imposte dirette e detratti ai fini dell’IVA, e apparivano .
2.2 Anche questo motivo è in parte infondato e in parte inammissibile.
2.3 Il asseritamente non esaminato dalla CTR consisterebbe nel difetto della dal contribuente (ovvero quella di ) e, .
2.4 Si sottolinea, in proposito, che non , né .
2.5 Sussistevano, pertanto, a detta della ricorrente, che, se tenute in debita considerazione, avrebbero dovuto indurre il collegio di seconde cure a negare la deducibilità delle spese in discorso.
2.6 A prescindere da ogni rilievo in ordine alla possibilità di qualificare le surriferite circostanze come veri e propri «fatti», nell’accezione accolta dalle Sezioni Unite con gli arresti nn. 8053 -8054/2014, va comunque notato che esse non sono state ignorate dalla CTR, la quale, come è palese, le ha implicitamente ritenute irrilevanti a fronte dell’acclarata operatività della presunzione legale assoluta di cui all’art. 90, comma 8, della L. n. 289 del 2002, preclusiva di qualsiasi ulteriore indagine circa la natura della spesa contestata, la sua inerenza all’attività d’impresa svolta dal
contribuente e la sua congruità.
2.7 Tanto basta, in ogni caso, ad escludere che i fatti di cui si lamenta l’omesso esame possano essere considerati «decisivi» ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c., cioè idonei a condurre a una diversa soluzione della controversia.
2.8 Per il resto, il mezzo di gravame che si sta scrutinando mira nella sostanza, al pari del precedente, a una non consentita rivalutazione del merito della vicenda di causa.
In definitiva, il ricorso deve essere respinto.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Non deve farsi luogo all’attestazione contemplata dall’art. 13, comma 1quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012, essendo l’Agenzia delle Entrate esentata, mediante il meccanismo della prenotazione a debito previsto in favore delle amministrazioni pubbliche (arg. ex artt. 12, comma 5, del D.L. n. 16 del 2012, convertito in L. n. 44 del 2012, e 158, comma 1, lettera a, del D.P.R. n. 115 del 2002), dal pagamento delle imposte e tasse gravanti sul processo (cfr. Cass. n. 4752/2025, Cass. n. 28204/2024, Cass. n. 27301/2016).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore , a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi 5.400 euro (di cui 200 per esborsi), oltre al rimborso forfettario nella misura del 15% e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione