Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5042 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 5042 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/02/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 23932/2016 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la SENTENZA di COMM.TRIB.REG. FIRENZE n. 589/2016 depositata il 24/03/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME in esito alla pubblica udienza in pari data.
FATTI DI CAUSA
Oggetto del ricorso sono due avvisi di accertamento relativi agli anni di imposta 2006 e 2007, rispettivamente n. T8K03C302238/2011 e n. T8K03C202413/2012.
La ricorrente svolgeva attività di import export nel commercio all’ingrosso di fiori ed aveva dedotto per il 2007 costi pubblicitari per Euro 20.000 e per l’anno 2006 per Euro 60.000 oltre IVA, sponsorizzando l’associazione sportiva dilettantistica Lady Team di rally. L’Agenzia delle Entrate aveva ritenuto tali spese indeducibili e, previa rettifica del reddito imponibile, aveva provveduto alla notifica dei due distinti avvisi di accertamento già citati.
La contribuente provvedeva ad impugnare separatamente detti avvisi sostenendo l’inerenza dei costi rispetto alla propria attività imprenditoria, deducendo altresì che l’art. 90 co. 8 L. 289/2002 richiede il solo collegamento funzionale fra costo e oggetto dell’impresa, essendo poi libera quest’ultima di adottare le scelte pubblicitarie ritenute più idonee, nello svolgimento della propria attività di impresa.
I giudizi di primo grado si concludevano con le sentenze n. 110 del 13/07/2012 e n. 56 del 16/12/2013, con le quali la CTP di Lucca accoglieva i ricorsi presentati dalla contribuente.
Riunite le impugnazioni proposte dall’Agenzia, al contrario di quanto ritenuto dai giudici di primo grado, la CTR Toscana -Firenze, con la sentenza n. 589/2016, ha accolto il gravame dell’amministrazione finanziaria.
Avverso detta sentenza ha proposto impugnazione la società contribuente, con ricorso ritualmente notificato contenente sette motivi di impugnazione.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
E’stata quindi fissata udienza pubblica per il 13/11/2024 in vista della quale la Procura generale ha presentato memoria scritta e concluso per l’accoglimento del ricorso.
Nel corso di detta udienza la causa è stata discussa oralmente. Il sostituto procuratore dott. NOME COGNOME ha confermato le proprie conclusioni, così come i difensori delle parti presenti in udienza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso proposto dalla contribuente si fonda su sette motivi che possono riassumersi così come segue:
nullità della sentenza per omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione, mancata pronuncia della CTR sull’eccezione di inammissibilità dell’appello proposto dall’ufficio (art. 360 co. 1 n. 5);
II) nullità della sentenza per error in procedendo collegato alla medesima circostanza (360 co. 1 n. 4);
III) nullità della sentenza per omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione, in ordine ai presupposti obiettivi in atti per l’applicazione dell’art. 90 co, 8 l. ,289/2002 (art. 360 co. 1 n. 5);
IV) nullità della sentenza per omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione, anomalia motivazionale della sentenza impugnata (art. 360 co. 1 n. 5);
nullità della sentenza per omessa applicazione dell’art. 90 co, 8 l. n. 289/2002 (art. 360 co. 1 n. 3);
VI) nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 41 cost. e 1322 c.c. (art. 360 co. 1 n. 3);
VII) nullità della sentenza. per falsa applicazione dell’art. 109 co. 5 TUIR (art. 360 co. 1 n. 3), avendo omesso la CTR di verificare i vantaggi prodotti in concreto tramite la sponsorizzazione in relazione alle prove prodotte anche in ordine alla valutazione di congruità della spesa sostenuta.
I primi due motivi di ricorso possono essere trattati congiuntamente in quanto connessi. Le doglianze proposte con tali due mezzi concernono, vuoi sotto il profilo dell’omissione motivazionale, vuoi sotto il paradigma dell’omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c., la deduzione secondo cui la CTR avrebbe omesso di pronunciarsi in ordine all’eccezione di tardività e, quindi, di inammissibilità dell’impugnazione proposta dall’Agenzia con riguardo alla sentenza n. 110/2012, in quanto avanzata oltre il termine di sessanta giorni ex art. 51 del d.lgs. n. 546/1992 dalla notifica della decisione di primo grado.
2.1. Tali censure non possono trovare accoglimento.
Occorre premettere che la deduzione dell’error in procedendo ‘ legittima il giudice di legittimità all’esame degli atti del giudizio, in quanto l’oggetto di scrutinio attiene al modo in cui il processo si è svolto, ossia ai fatti processuali che quel vizio possono aver provocato ‘ ( Sez. 3, ord. n. 16028 del 07/06/2023 – Rv. 667816 -02, proprio con riferimento ad un dedotto vizio di omesso esame di uno dei motivi di appello; cfr. altresì Sez. L, ord. n. 29952 del 13/10/2022, su analoga fattispecie e, in precedenza, cfr. anche Sez. L, sent. n. 20924 del 05/08/2019 , per cui ‘l a Corte di cassazione, qualora venga dedotto un “error in procedendo”, è giudice anche del “fatto processuale” e può esercitare il poteredovere di esame diretto degli atti purché la parte ricorrente li abbia compiutamente indicati; sulla scia della nota Sez. U, sent. n. 20181 del 25/07/2019).
Tanto premesso, la ricorrente afferma che in data 22/10/2012 RAGIONE_SOCIALE effettuò la notifica della citata sentenza della CTP di
Lucca n. 110/2012, al fine di consentire il decorso del termine breve di cui all’art. 51 d.lgs. n. 546/1992. Tale premessa è incontestata.
Sostiene a tal punto, la medesima ricorrente, che l’ufficio avrebbe notificato l’appello avverso tale decisione soltanto il 15/01/2013, con conseguente tardità ed inammissibilità del gravame.
Tale conclusione è però erronea in diritto e lacunosa in fatto.
Iniziando da questo secondo piano di valutazione, dal fascicolo di secondo grado si evince chiaramente che l’ufficio ha tentato la notifica dell’appello in data 20/12/2012 (quindi prima della scadenza del termine di sessanta giorni previsto ex lege), presso lo studio dei codifensori della società, Avv. NOME COGNOME e Avv. NOME COGNOME, sito in Lucca, INDIRIZZO
L’ufficio ha altresì prodotto in atti una interrogazione dati iscrizione all’ordine che conferma la correttezza del l’indirizzo dello studio, nonché una precedente notifica eseguita regolarmente pochi giorni prima, per altro giudizio, presso il medesimo indirizzo.
Sennonché il piego è stato restituito al mittente per ‘irreperibilità’ (da intendersi relativa) in assenza del legale destinatario o di persone idonee a ricevere l’atto di impugnazione notificato, rispettivamente il 27/12/2012 per l’Avv. COGNOME e in data 28/12/2012 per l’Avv. COGNOME
A tal punto la notifica dell’appello è stata immediatamente ripresa dall’amministrazione, presso il medesimo indirizzo, in data 11/01/2013, con perfezionamento il successivo 15/01/2013.
Tale illustrazione in fatto manca completamente nel ricorso, tanto che i primi due motivi possono senz’altro ritenersi formulati in modo generico. Gli stessi sono comunque infondati anche in diritto. Costituisce principio affermato da Cass. Sez. U., sent. n. 14594 del 15/07/2016, quello per cui in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla
richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa. Tale principio è stato ribadito ripetutamente, tanto che oggi può ritenersi consolidato (ad es. da Sez. L, sent. n. 16943 del 27/06/2018, che parla più propriamente di onere di riattivazione del ‘processo notificatorio entro un termine ragionevolmente contenuto’; Sez. 5, ord. n. 23876 del 01/08/2022 per la quale l’impugnante non incorre in alcuna decadenza ove provveda con sollecita diligenza -da valutarsi secondo un principio di ragionevolezza – a rinnovare la notificazione). In altri termini, la riattivazione tempestiva consente al notificante incolpevole di beneficiare del pacifico principio della scissione degli effetti della notifica e, quindi, di collegare la tempestività dell’iniziativa al primo tentativo (appunto il 20/12/2012).
Nel caso di specie sussistono entrambi i presupposti: a) assenza di colpa del notificante; b) pronta riattivazione del procedimento notificatorio dell’impugnazione avverso la sentenza n. 110/2012 della CTP di Lucca.
Può dirsi acclarato, infatti, che la notifica sia stata tentata e poi eseguita presso il medesimo domicilio di studio del difensore della società contribuente: l ‘indirizzo di destinazione era corretto, ma la consegna a mezzo posta è stata impedita per una vicenda soggettiva ascrivibile al destinatario, posto che nessuno -verosimilmente per le coincidenti festività natalizia -era presente in studio a ricevere l’atto dal messo postale, dando luogo ad una fattispecie di irreperibilità relativa.
Presa contezza di tale circostanza, prontamente la notifica ha ricevuto nuovo impulso presso il medesimo indirizzo di destinazione, così da completarsi il successivo 15/01/2013, con
una tempistica che può ritenersi sicuramente ragionevole e caratterizzata da tempestività.
In definitiva, pertanto, deve ritenersi che l’appello dell’Agenzia fosse stato proposto tempestivamente anche per la sentenza n. 110/2012 (mentre è pacifico che tale tempestività ricorresse per l’impugnazione della decisione n. 56/2013 della stessa CTP di Lucca), così che nessun vizio motivazionale può ascriversi dalla decisione della CTR Toscana qui impugnata. Né sul punto si rileva una omissione decisoria quanto, piuttosto, un implicito rigetto dell’eccezione pregiudiziale sollevata dall’appellata contribuente , desumibile senza alcun dubbio dall’avvenuta trattazione del merito del giudizio.
Quanto ai motivi di ricorso n. 3), 4) e 5) è a dirsi, preliminarmente, che gli stessi investono circostanze o censure che ruotano in ordine alla mancata applicazione dell’art. 90, comma 8, della l. 289/2002, il cui testo, ratione temporis, riguarda ‘il corrispettivo in denaro o in natura in favore di società, associazioni sportive dilettantistiche e fondazioni costituite da istituzioni scolastiche, nonché di associazioni sportive scolastiche che svolgono attività nei settori giovanili riconosciuta dalle Federazioni sportive nazionali o da enti di promozione sportiva costituisce, per il soggetto erogante, fino ad un importo annuo complessivamente non superiore a 200.000 euro, spesa di pubblicità, volta alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante mediante una specifica attività del beneficiario, ai sensi dell’articolo 74, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917’. Reputa il collegio che nell’esame di tali motivi abbia rilievo logico prioritario quello sub n. 5) dedotto in chiave di violazione e/o omissione di legge, rispetto all’art. 360 n. 3 c.p.c., rispetto agli altri motivi 3) e 4), ispirati soprattutto da doglianze di carattere motivazionale.
3.1. Il motivo n. 5) è fondato.
Secondo l’elaborazione consolidata di questo S.C., da cui questo collegio non intende discostarsi, infatti, la citata disposizione ha introdotto, a favore del ‘soggetto erogante’ il corrispettivo (nella specie, la società controricorrente), una presunzione legale assoluta circa la natura pubblicitaria (e non di rappresentanza) delle spese di sponsorizzazione, a condizione che: a) il soggetto sponsorizzato sia una compagine sportiva dilettantistica; b) sia rispettato il limite quantitativo di spesa; c) la sponsorizzazione miri a promuovere l’immagine ed i prodotti dello sponsor; d) il soggetto sponsorizzato abbia effettivamente posto in essere una specifica attività promozionale (Cass. 07/06/2017, n. 14232).
Tale pronunciamento è stato condiviso anche dall’ordinanza n. 18510 depositata l’8 giugno 2022 e, più recentemente, da Sez. 5, ord. n. 4612 del 14/02/2023, per cui, in tema di spese di sponsorizzazione, il regime di cui all’art. 90, comma 8, della l. n. 289 del 2002, nel testo vigente ‘ratione temporis’, fissa una presunzione assoluta di inerenza e congruità delle sponsorizzazioni rese a favore di imprese sportive dilettantistiche laddove i corrispettivi erogati siano destinati alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante e sia riscontrata, a fronte dell’erogazione, una specifica attività del beneficiario della medesima, consentendo, di conseguenza, di ritenere integralmente deducibili tali spese dal reddito del soggetto sponsor.
Nel caso di specie, occorre aggiungere, non è mai stata posta in discussione dall’ufficio che l’attività promozionale non sia stata svolta, così come pure che i pagamenti non siano stati compiuti, così come rilevato anche nella memoria del Procuratore.
Il che è sufficiente, in diritto, a condurre all’accoglimento del quinto motivo di ricorso, con assorbimento dei restanti qui non analizzati.
La pronuncia impugnata va quindi cassata con rinvio alla CTR della
Toscana -Firenze (nel frattempo divenuta Corte di Giustizia
Tributaria di secondo grado) affinché, in diversa composizione, proceda ad una nuova valutazione del caso attenendosi ai principi enunciati.
Il giudice del rinvio provvederà altresì alla regolamentazione delle spese, anche per il presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte, rigetta i primi due motivi di ricorso; accoglie il quinto e dichiara assorbiti i restanti; cassa la decisione impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Toscana – Firenze, in diversa composizione, per un nuovo esame ed al fine di provvedere alla regolamentazione delle spese, comprese quelle del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta Sezione