Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23529 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23529 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 19/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29213/2018 R.G. proposto da COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. COGNOME NOME (domicilio digitale: EMAIL
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-resistente- avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELL’EMILIA -ROMAGNA n. 1001/2018 depositata il 16 aprile 2018
udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 3 luglio 2025 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
A sèguito dell’attività di verifica fiscale condotta dalla Guardia di Finanza, la Direzione Provinciale dell’Agenzia delle Entrate di Rimini
emetteva nei confronti di NOME COGNOME esercente la professione di agente di commercio nel settore della vendita di esplosivi industriali, un avviso di accertamento con il quale disconosceva la deducibilità dei costi dallo stesso dichiarati in relazione all’anno 2008, pari complessivamente a 23.134 euro, di cui 17.500 per spese di sponsorizzazione sostenute in favore dell’Unione Sportiva Dilettantistica Olympia Nova Secchiano e 5.634 per spese di ristorazione effettuate in giorni non lavorativi o per più di un coperto; il tutto con le conseguenti riprese fiscali ai fini dell’IRPEF, dell’IRAP e dell’IVA.
Il contribuente impugnava l’atto impositivo dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Rimini, che respingeva il suo ricorso.
La decisione veniva successivamente confermata dalla Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia -Romagna, la quale, con sentenza n. 1001/2018 del 16 aprile 2018, rigettava l’appello della parte privata.
Contro questa sentenza il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi.
L’Agenzia delle Entrate si è limitata a depositare un mero , ai soli fini della partecipazione all’eventuale udienza di discussione.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
Nel termine di cui al comma 1, terzo periodo, del predetto articolo il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I primi tre motivi di ricorso risultano formulati ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c..
1.1 Con il primo vengono denunciate la violazione e la falsa applicazione dell’art. 90, comma 8, della L. n. 289 del 2002.
1.2 Si sostiene che avrebbe errato la CTR nell’escludere la deducibilità delle spese di sponsorizzazione sostenute dal COGNOME in favore dell’U.S.D. Olympia Nova Secchiano.
1.3 I giudici di secondo grado avrebbero, infatti, tralasciato di considerare che: (a)l’art. 90, comma 8, della L. n. 289 del 2002 pone una presunzione legale assoluta circa la natura pubblicitaria, e non di rappresentanza, delle spese di sponsorizzazione effettuate in favore di associazioni sportive dilettantistiche entro il limite quantitativo di 200.000 euro annui; (b)detta presunzione riguarda sia l’inerenza delle dette spese che la loro congruità.
Con il secondo motivo sono lamentate la violazione e la falsa applicazione degli artt. 90, comma 8, della L. n. 289 del 2002 e degli artt. 2697 e 2728 c.c..
2.1 Si addebita alla Commissione regionale di aver a torto ritenuto che, ai fini della deducibilità delle spese di sponsorizzazione, fosse necessario dimostrare la loro , nonché il derivante allo sponsor dall’investimento effettuato, laddove tali circostanze risultavano del tutto irrilevanti in ragione de ll’operatività della presunzione legale assoluta di cui al citato art. 90, comma 8, della L. n. 289 del 2002.
Con il terzo mezzo sono fatte valere la violazione e la falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 2700 c.c.
3.1 Si contesta l’impugnata sentenza nella parte in cui imputa al contribuente di non aver «esibito alcunchè che potesse dimostrare la effettiva prestazione da parte della società sponsorizzata di qualsiasi prestazione di promozione pubblicitaria» .
3.2 Viene obiettato che la prova in argomento era costituita dal processo verbale di constatazione prodotto in giudizio dal COGNOME nel quale i pubblici ufficiali redigenti avevano attestato che durante la verifica fiscale erano stati da loro visionati, oltre al contratto e alle fatture emesse dall’RAGIONE_SOCIALE Nova Secchiano, anche .
3.3 I motivi fin qui illustrati si prestano a una congiunta disamina per la loro stretta connessione.
3.4 La complessa censura che essi veicolano non può trovare accoglimento, per quanto ci si accinge ad esporre.
3.5 Secondo un consolidato indirizzo di legittimità, la norma di cui all’art. 90, comma 8, della L. n. 289 del 2002 -abrogata dall’art. 52, comma 2, lettera a), del D. Lgs. n. 36 del 2021 ma applicabile «ratione temporis» alla presente controversia- costituisce una disposizione speciale che deroga al regime generale previsto dall’art. 109 del TUIR, stabilendo una presunzione assoluta di deducibilità delle spese di sponsorizzazione sostenute a favore delle associazioni sportive dilettantistiche, la quale riguarda sia l’inerenza sia la congruità dei relativi costi e non può essere messa in discussione dall’Amministrazione Finanziaria sulla base di una loro presunta antieconomicità (cfr. Cass. n. 96/2025, Cass. n. 20900/2024, Cass. n. 4612/2023, Cass. n. 21452/2021).
3.6 Si è, però, puntualizzato che tale presunzione opera solo laddove risultino soddisfatti i seguenti requisiti: (a)il soggetto sponsorizzato sia una compagine sportiva dilettantistica; (b)sia rispettato il limite quantitativo di spesa; (c)la sponsorizzazione miri a promuovere l’immagine e i prodotti dello sponsor; (d)il soggetto sponsorizzato abbia effettivamente posto in essere una specifica attività promozionale (cfr. Cass. n. 4920/2025, Cass. n. 29217/2024, Cass. n. 21387/2024).
3.7 Tanto premesso, va osservato che la CTR non si è limitata ad affermare che le spese di sponsorizzazione di cui trattasi risultavano non inerenti e antieconomiche -così esprimendo una valutazione che, alla luce del surrichiamato insegnamento di legittimità, non avrebbe dovuto essere effettuata-, ma ha pure accertato in fatto che la contribuente non aveva dato prova dell’attività promozionale svolta in suo favore dall’associazione
sportiva dilettantistica sponsorizzata.
3.8 Questa fondamentale «ratio decidendi» , da sola sufficiente a giustificare il mancato riconoscimento della deducibilità delle spese di sponsorizzazione per difetto di uno dei requisiti all’uopo necessari -segnatamente quello indicato sopra sub (d)- non è stata efficacemente contrastata dalla ricorrente.
3.9 Invero, il terzo motivo, specificamente rivolto contro tale «ratio» , si appalesa privo di consistenza, in quanto, per stabile orientamento giurisprudenziale di questa Corte, la censura di violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. è ammissibile solo quando si alleghi che il giudice di merito abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti o disposte d’ufficio al di fuori dei casi in cui la legge lo consente, oppure abbia disatteso prove legali vagliandole secondo il suo prudente apprezzamento o, per contro, conferito valore di prova legale a una risultanza istruttoria che ne è priva; non è, invece, ammissibile qualora si contesti l’errata valutazione del materiale istruttorio da lui compiuta (cfr., ex plurimis , fra le più recenti, Cass. n. 13372/2025, Cass. n. 13115/2025, Cass. n. 8868/2025, Cass. n. 5531/2025).
3.10 Nel nostro caso, quel che si rimprovera al collegio regionale non è di aver fondato la decisione su prove non introdotte dalle parti o ammesse d’ufficio oltre i poteri di indagine riconosciuti al giudice, nè di aver attribuito a una determinata prova una valenza diversa da quella prevista dalla legge, bensì di non aver esaminato un documento (il processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza) asseritamente contenente la prova ritenuta mancante e munito di fede privilegiata.
3.11 Sennonchè, una siffatta doglianza nulla ha a che vedere con la prospettata violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., né tantomeno con quella dell’art. 2700 c.c., la quale sarebbe stata deducibile soltanto laddove i giudici di appello, vagliato il documento in
discorso, avessero negato, in ipotesi erroneamente, la sua natura ed efficacia di atto pubblico; ma non è questa la situazione che ricorre nella fattispecie.
3.12 Del resto, è «ius receptum» che la valutazione dei documenti esibiti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come pure la scelta, fra le varie emergenze probatorie, di quelle reputate più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite se non quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi i rilievi e le circostanze che, sebbene non menzionati in maniera specifica, appaiono logicamente incompatibili con la soluzione adottata (cfr. Cass. n. 12362/2006, Cass. n. 11511/2014, Cass. n. 16056/2016, Cass. n. 16467/2017, Cass. n. 18402/2024).
3.13 Soltanto nella memoria illustrativa (pagg. 2-3) il ricorrente ha introdotto un ulteriore profilo di violazione dell’art. 115 c.p.c. asseritamente consistito nell’inosservanza del principio di non contestazione (a pag. 10 del ricorso per cassazione si accennava unicamente al fatto che l’Ufficio non avesse di prova del , cosa ben diversa dalla prova dell’effettivo svolgimento dell’attività promozionale).
3.14 A prescindere dalla novità e dalla conseguente inammissibilità della lagnanza in esame, non potendo con la memoria ex art. 378 o 380bis .1 c.p.c. sollevarsi nuove questioni di dibattito (cfr. Cass. n. 15668/2024, Cass. n. 730/2023), né integrarsi i motivi di ricorso (cfr. Cass. n. 8949/2023, Cass. n. 14098/2020), si rileva che non sono stati riportati i passaggi essenziali degli scritti di controparte
che attesterebbero l’esistenza di una non contestazione rispetto a precise deduzioni (cfr. Cass. n. 12461/2025, Cass. n. 9724/2025, Cass. n. 27754/2024).
3.15 Per quanto precede, pur dovendosi correggere la motivazione dell’impugnata sentenza, ai sensi degli artt. 384, ultimo comma, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992, nella parte in cui erroneamente afferma che, ai fini della deducibilità delle spese di sponsorizzazione sopportate dalla contribuente, era richiesta una valutazione di inerenza e congruità dei relativi costi, il dispositivo della decisione appare comunque conforme a diritto, atteso che la Commissione regionale ha rettamente escluso detta deducibilità a fronte della ravvisata mancanza di prova dell’attività promozionale posta in essere dal soggetto sponsorizzato.
Con il quarto motivo, inquadrato nello schema dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c., è prospettato l’omesso esame di un fatto decisivo e controverso, costituito dalla mancata identificazione, da parte dei militari operanti, del soggetto beneficiario dell’assegno bancario che la prefata associazione sportiva avrebbe utilizzato per la parziale restituzione al COGNOME della somma corrispostale a titolo di sponsorizzazione.
Con il quinto motivo, subordinato al precedente e ricondotto nell’alveo dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono denunciate la violazione e la falsa applicazione dell’art. 39, comma 1, lettera d), del D.P.R. n. 600 del 1973, nonché degli artt. 2727 e 2729 c.c..
5.1 Si ascrive alla CTR di aver desunto la prova dell’avvenuta retrocessione delle somme in parola dal prelievo dell’importo di 6.000 euro dal conto corrente bancario intestato all’associazione sponsorizzata, benchè una simile inferenza risultasse priva dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.
5.2 Il quarto e il quinto motivo possono essere scrutinati insieme per l’intrinseca connessione che li avvince.
5.3 Entrambi rimangono travolti per assorbimento cd. improprio dal
rigetto dei tre già esaminati.
5.4 Essi, infatti, investono un argomento motivazionale (quello incentrato sulla prova della parziale restituzione delle somme di cui si discetta) meramente rafforzativo del convincimento espresso dalla CTR e privo di decisività, nel senso che, quand’anche si appurasse l’inesattezza del rilievo svolto sul punto dal collegio regionale, l’impugnata sentenza troverebbe comunque il suo fondamento giustificativo, sul piano logicogiuridico, nell’accertata mancanza di prova dell’attività promozionale compiuta dal soggetto sponsorizzato.
Con il sesto mezzo, sussunto nel paradigma dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono lamentate la violazione e falsa applicazione dell’art. 108, comma 2, del TUIR e dell’art. 1 del D.M. n. 35715/2008.
6.1 Si critica la sentenza d’appello per aver negato la deducibilità come costi di rappresentanza delle spese di ristorazione sopportate dal contribuente in giorni non lavorativi o per più di un coperto.
6.2 Viene posto in rilievo che, alla stregua della normativa vigente «in subiecta materia» , devono essere considerate spese di rappresentanza .
6.3 Si soggiunge, a confutazione del ragionamento sotteso ai rilievi dell’Ufficio, che , onde .
6.4 Il motivo non può trovare ingresso.
6.5 La CTR ha ritenuto che le spese di vitto sostenute dal COGNOME non fossero deducibili come costi di rappresentanza per difetto di inerenza.
6.6 La decisione resa dai giudici di seconda istanza non risulta affetta dall’ «error in iudicando» lamentato, dal momento che, ai sensi dell’art. 108, comma 2, del TUIR, le spese di rappresentanza sono deducibili nel periodo di imposta di sostenimento «se rispondenti ai requisiti di inerenza stabiliti con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, anche in funzione della natura e della destinazione delle stesse».
6.7 Il D.M. 19 novembre 2008, emanato in attuazione della citata norma, all’art. 1, comma 1, precisa che si considerano inerenti le spese per erogazioni a titolo gratuito di beni e servizi effettuate con finalità promozionali o di pubbliche relazioni.
6.8 Orbene, i giudici regionali, sulla scorta di un apprezzamento di merito insindacabile in questa sede, hanno escluso che nel caso di specie fosse stata offerta dalla contribuente la prova dell’inerenza delle spese in questione.
6.9 Lungi dall’evidenziare eventuali errori di diritto contenuti nella gravata sentenza, il ricorrente mira, in realtà, ad ottenere un riesame degli accertamenti fattuali operati dalla CTR, allo scopo di dimostrare che tali spese rispondevano ai requisiti di cui al menzionato decreto ministeriale.
6.10 Di qui l’inammissibilità della censura.
Per le ragioni indicate, il ricorso deve essere respinto.
Nulla va statuito in ordine alle spese di lite, non avendo l’Agenzia delle Entrate svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.
Stante l’esito dell’impugnazione, viene resa nei confronti del ricorrente l’attestazione contemplata dall’art. 13, comma 1 -quater ,
del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la proposta impugnazione, a norma del comma 1bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione