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Spese di sponsorizzazione: i limiti alla deducibilità

Una società si è vista contestare la deducibilità di costi per la sponsorizzazione di un’associazione sportiva. L’Agenzia delle Entrate sosteneva la mancanza di inerenza della spesa. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia, confermando le decisioni dei giudici di merito. La Corte ha chiarito che, per la deducibilità delle spese di sponsorizzazione, è sufficiente che la spesa sia idonea a generare un ritorno economico, senza che il contribuente debba fornire la prova concreta di tale ritorno.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Deducibilità delle Spese di Sponsorizzazione: La Cassazione Fissa i Paletti

Le spese di sponsorizzazione rappresentano un importante strumento per le aziende che desiderano promuovere la propria immagine e i propri prodotti. Tuttavia, la loro deducibilità fiscale è spesso oggetto di contenzioso con l’Amministrazione Finanziaria. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali su quale sia l’onere probatorio a carico del contribuente, confermando un orientamento favorevole alle imprese.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da un avviso di accertamento notificato a una società a responsabilità limitata e al suo amministratore. L’Agenzia delle Entrate contestava la deduzione di costi sostenuti per un contratto di sponsorizzazione con un’associazione sportiva dilettantistica, ritenendo che tali spese non fossero inerenti né congrue rispetto all’attività d’impresa. L’Ufficio aveva quindi rettificato il reddito dichiarato, con conseguente richiesta di maggiori imposte ai fini IVA e IRAP.

Sia la Commissione Tributaria Provinciale (primo grado) che la Commissione Tributaria Regionale (appello) avevano dato ragione al contribuente, accogliendo i ricorsi e annullando gli atti impositivi. L’Agenzia delle Entrate, non soddisfatta, ha quindi proposto ricorso per Cassazione.

I Motivi del Ricorso e le spese di sponsorizzazione contestate

L’Agenzia delle Entrate ha basato il suo ricorso su tre motivi principali:

1. Omesso esame di un fatto decisivo: Secondo l’Ufficio, i giudici di appello non avrebbero considerato elementi che dimostravano la non inerenza delle spese.
2. Violazione di legge: Si lamentava la violazione delle norme sull’onere della prova (art. 2697 c.c.) e sui requisiti di deducibilità dei costi (art. 109 TUIR), sostenendo che il contribuente non avesse provato il vantaggio economico derivante dalla sponsorizzazione.
3. Motivazione meramente apparente: L’Agenzia riteneva che la sentenza d’appello mancasse di una motivazione adeguata, in particolare sulla correlazione tra l’incremento dei ricavi e i costi di pubblicità sostenuti.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia, dichiarando i motivi inammissibili o infondati. La decisione si basa su argomentazioni processuali e di merito molto chiare.

In primo luogo, il motivo relativo all’omesso esame di un fatto è stato ritenuto inammissibile a causa della cosiddetta regola della “doppia conforme”. Poiché sia il giudice di primo grado che quello d’appello avevano raggiunto la stessa conclusione basandosi sulla medesima valutazione dei fatti, la legge impedisce un’ulteriore contestazione sul punto in sede di Cassazione.

Anche il secondo e il terzo motivo sono stati respinti. La Corte ha sottolineato che, in tema di spese di sponsorizzazione, il contribuente non è tenuto a fornire la prova di un ritorno economico effettivo e quantificato. È invece sufficiente dimostrare due condizioni:

* L’effettiva corresponsione delle somme a titolo di sponsorizzazione.
* L’esistenza di una specifica attività promozionale svolta dal beneficiario (l’associazione sportiva).

In altre parole, la spesa è considerata inerente se è potenzialmente idonea a generare benefici economici per l’impresa, promuovendone l’immagine o i prodotti. La Corte ha ritenuto che i giudici di merito avessero correttamente valutato che il contribuente avesse assolto a questo onere probatorio, a fronte della genericità delle contestazioni dell’Ufficio.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale per le imprese: per dedurre le spese di sponsorizzazione non è necessario dimostrare con calcoli precisi l’aumento di fatturato derivante da quella specifica spesa. Ciò che conta è la capacità potenziale della sponsorizzazione di fungere da veicolo pubblicitario. Per le aziende, ciò significa che è essenziale redigere contratti di sponsorizzazione chiari, che specifichino gli obblighi del soggetto sponsorizzato (es. esposizione del marchio, pubblicità durante gli eventi) e conservare la documentazione che attesti l’effettivo svolgimento di tali attività promozionali. In questo modo, sarà possibile difendersi efficacemente da eventuali contestazioni fiscali basate su una presunta mancanza di inerenza del costo.

Quando sono deducibili le spese di sponsorizzazione a favore di associazioni sportive?
Le spese di sponsorizzazione sono deducibili quando il contribuente dimostra l’effettiva corresponsione delle somme e che il soggetto sponsorizzato ha svolto una specifica attività promozionale (es. esposizione del marchio). Non è richiesta la prova di un concreto ritorno economico, ma solo l’idoneità della spesa a generarlo.

Cosa deve dimostrare un’azienda per difendersi da un accertamento fiscale su questi costi?
L’azienda deve dimostrare di aver sostenuto il costo per promuovere la propria immagine o i propri prodotti attraverso l’attività del beneficiario. La prova si basa sul contratto di sponsorizzazione e sulla documentazione che attesti l’adempimento degli obblighi promozionali da parte del soggetto sponsorizzato.

Cosa si intende per ‘doppia conforme’ e come ha influito su questo caso?
La ‘doppia conforme’ è una regola processuale che si applica quando i giudici di primo grado e di appello arrivano alla stessa conclusione basandosi sulla stessa valutazione dei fatti. In questo caso, ha reso inammissibile il motivo di ricorso dell’Agenzia delle Entrate basato sull’omesso esame di fatti decisivi, impedendo alla Cassazione di riesaminare il merito della vicenda.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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