Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7823 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7823 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28579/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore
-intimata- avverso SENTENZA della C.T.R. della Puglia n. 1138/2016 depositata il 09/05/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle Entrate impugna la sentenza della C.T.R. della Puglia, che ha accolto l’appello della RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza della C.T.P. di Bari, con il quale era stato rigettato il ricorso per l’annullamento dell’avviso di accertamento per la rettifica del reddito della società, in relazione all’anno di imposta 2008, ed il recupero delle spese di sponsorizzazione in favore della RAGIONE_SOCIALE Noicattaro, per euro 30.000,00 ed in favore della RAGIONE_SOCIALE per euro 16.000,00, ciò determinando maggior imposta ai fini IRES, per euro 12.650,00, ai fini IRAP, per euro 2.217,00 ed ai fini IVA, per euro 6.072,00, oltre all’applicazione di sanzioni per euro 18.975,00.
La sentenza della C.T.R. ha considerato integrati i presupposti applicativi dell’art. 90, comma 8 l. 289/2002, e -richiamata la nuova formulazione dell’art. 25, comma 5 della l. 133/1999ha ritenuto non applicabile l’art. 4, comma 3 del d.m. 473/1999, nonché provata la riferibilità degli assegni bancari alla fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE Noicattaro. La pronuncia ha, inoltre, giudicato con riferimento all’attività di sponsorizzazione svolta dalla RAGIONE_SOCIALE rivolta alla promozione dell’immagine e dei prodotti dello sponsor, nel periodo luglio-ottobre 2008 non coperto dal contratto stipulato fra le due societànon necessaria la forma scritta dell’accordo, e, per entrambe le attività di sponsorizzazione, inconferente l’antieconomicità della spesa in ragione della sproporzione tra la sua entità e l’utile di esercizio, posto che l’art. 90, comma 8 l. 289/2002, introduce una presunzione assoluta di inerenza.
La società contribuente è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
L’Agenzia delle Entrate formula due motivi di impugnazione.
Con il primo lamenta, ex art. 360, comma 1 n. 3) cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 109 T.U.I.R., 19 d.P.R. 633/1972 e degli artt. 2697, 2727 e 2729 cod. civ.. Rammenta che ai sensi dell’art. 109 T.U.I.R. le spese e gli oneri afferenti ai ricavi e ad altri proventi sono ammessi in deduzione nella misura in cui risultano da elementi certi e precisi, mentre i costi asseritamente sostenuti dalla società contribuente, diversamente da quanto affermato dalla C.T.R., risultano privi di data certa e di conseguenza privi di valore dimostrativo, difettando la loro coerenza economica. Lamenta che il giudice di appello abbia violato la regola di giudizio sull’onere probatorio, avendo ritenuto sufficiente ad integrare la prova contraria incombente sul contribuente, da un lato, l’apparenza contabile, dall’altro, documentazione inidonea a comprovare la data dei versamenti tramite assegni e conseguentemente la loro riferibilità alla asserita sponsorizzazione.
Con il secondo motivo si duole, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5) cod. proc. civ., dell’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di contraddittorio fra le parti, avuto riguardo: all’antieconomicità delle operazioni, essendo i relativi costi sproporzionati all’utile realizzato nell’anno di imposta 2008; alla circostanza che le spese erogate sono attestate da fatture prive di sufficiente descrizione delle prestazioni effettuate, ciò non garantendo che gli importi si riferiscano a prestazioni sponsorizzate; al fatto che la C.T.R. abbia ritenuto deducibile il costo di euro 16.000,00 per la sponsorizzazione a favore della
RAGIONE_SOCIALE nel periodo luglio-ottobre 2008, ancorché il termine contrattuale fra le due società fosse spirato il 30 giugno 2008.
I motivi possono essere trattati congiuntamente in quanto strettamente connessi.
Va innanzitutto premesso che, a mente della giurisprudenza di legittimità: ‘In tema di spese di sponsorizzazione, il regime di cui all’art. 90, comma 8, della l. n. 289 del 2002, nel testo vigente “ratione temporis”, fissa una presunzione assoluta di inerenza e congruità delle sponsorizzazioni rese a favore di imprese sportive dilettantistiche laddove i corrispettivi erogati siano destinati alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante e sia riscontrata, a fronte dell’erogazione, una specifica attività del beneficiario della medesima, consentendo, di conseguenza, di ritenere integralmente deducibili tali spese dal reddito del soggetto sponsor’ (Sez. 5, Ordinanza n. 4612 del 14/02/2023; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 14232 del 07/06/2017, Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 8981 del 06/04/2017; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 7202 del 21/03/2017).
Ora, la parte ricorrente sostiene che la sentenza erra laddove considera sussistente la prova dell’attività di sponsorizzazione in favore della RAGIONE_SOCIALE Noicattaro in assenza di contratto con data certa, facendo esclusivamente riferimento alle fatture ed ai pagamenti eseguiti tramite assegni, senza, peraltro, assegnare alcun rilievo all’antieconomicità della sponsorizzazione ed alla sua palese incongruenza rispetto all’attività svolta dall’impresa.
Sotto il primo profilo, debbono essere riprese le considerazioni svolte da questa Corte secondo le quali: ‘In tema di imposte sui redditi, la presunzione legale di inerenza/deducibilità delle spese di sponsorizzazione di società
sportive dilettantistiche, sancita dall’art. 90, comma 8, della l. n. 289 del 2002, opera in virtù della sola ricorrenza dei presupposti previsti dalla norma, senza che rilevino, pertanto, requisiti ulteriori. (In applicazione di tale principio, la SRAGIONE_SOCIALE. ha cassato la sentenza impugnata che aveva escluso la deducibilità dei costi, pur sussistendone le condizioni previste di legge, in ragione dell’assenza di registrazione e di certezza di data del contratto con la ‘sponsee’, dell’omissione della dichiarazione reddituale annuale da parte di quest’ultima nonché della ritenuta ‘antieconomicità’ della spesa). (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 8981 del 06/04/2017).
Invero, nell’ipotesi di specie, è lo stesso avviso di accertamento (ripreso dal ricorso) che dà atto dell’esistenza del contratto, pur non concordando sul fatto che in assenza di data certa da esso possano scaturire effetti fiscali. Mentre non è stato neppure contestato dall’Ufficio che le fatture e i pagamenti eseguiti alla associazione dilettantistica, a mezzo assegni, nell’anno di imposta considerato, fossero riferibili proprio a quel contratto, essendo, al contrario, esclusivamente contestato che essi costituissero valida prova dell’effettiva attività di sponsorizzazione.
Sotto siffatto secondo profilo, ciò che si pone in dubbio -ancorché non sia specificamente precisato, posto che il motivo di ricorso richiama genericamente l’art. 90, comma 8, l. 289/2002- è la sussistenza del presupposto di cui al comma 8, lett. d) dell’art. 90, laddove si prevede che ‘il soggetto sponsorizzato deve effettivamente avere posto in essere una specifica attività promozionale’.
Ora, è pur vero che C.T.R. considera sussistente l’integrazione del requisito facendo riferimento alla sussistenza delle fatture e dei relativi pagamenti a mezzo assegni. E tuttavia, l’Ufficio non pare escludere che l’attività di
sponsorizzazione sia stata effettivamente svolta, contestando, invece, la prova dell’effettività dei pagamenti e l’antieconomicità della sponsorizzazione rispetto agli utili conseguiti, ciò svelando l’incongruenza logica dell’operazione e la sua natura sostanzialmente abusiva.
Si insiste, dunque, non sull’inesistenza di per sé delle attività sponsorizzate, ma sulla necessità che lo sponsor fornisca la prova della coerenza e congruità fra le somme che il contribuente assume di avere sborsato nell’attività di sponsorizzazione e le effettive attività svolte, nonché sulla necessità della proporzionalità dell’attività di sponsorizzazione, in relazione al beneficio economico apportato in termini di utili conseguiti dalla sponsee.
Ora, vi è, in primo luogo, che a fronte dello svolgimento di una specifica attività promozionale, ai sensi della lett. d) richiamata -non efficacemente contestata dall’Ufficio – e dei pagamenti ad essa connessi, nessuna valutazione sulla congruità delle somme impiegate è prevista dalla disposizione di cui all’art. 90, comma 8 l. 289/2002. La disposizione, infatti, introduce, come si è detto, una presunzione assoluta di inerenza e congruità delle sponsorizzazioni rese a favore di imprese sportive dilettantistiche, a fronte della prova della specifica attività da parte del beneficiario, indipendentemente sia dalla antieconomicità della spesa, che della irragionevole sproporzione tra l’entità della stessa ed il fatturato o l’utile di esercizio della società contribuente (cfr. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 8981 del 06/04/2017, in motivazione; cfr. nello stesso senso: Sez. 5, Ordinanza n. 15179 del 30/01/2020, in motivazione, secondo cui la ‘presunzione legale riguarda sia la “natura” del costo, quale spesa pubblicitaria, sia l’inerenza del costo stesso sino alla soglia, normativamente fissata, dell’importo di euro 200.000, appunto perché quella in esame è una presunzione legale
“assoluta”, la cui ratio evidente non riguarda la determinazione del reddito di impresa (…) ma il sostegno finanziario dei privati alle attività sportive dilettantistiche. In altri termini l’interpretazione teleologica e sostanziale della speciale norma in esame induce a ritenere che essa ha in via primaria finalità sociali extrafiscali, che normativamente sancisce come prevalenti sulle finalità fiscali).
12. Quanto fin qui detto conduce, in secondo luogo, ad escludere la violazione, da parte del giudice di appello, degli artt. 2697 e 2729 cod. civ., avuto riguardo al fatto che la sentenza impugnata non elude affatto le regole sull’onere probatorio, ma semplicemente considera provata l’effettività dell’attività sponsorizzata, facendo riferimento a quanto non disconosciuto dall’Ufficio, nonché alle fatture ed agli assegni di pagamento prodotti dal contribuente a dimostrazione della sussistenza dell’attività medesima. In realtà, la pronuncia chiarisce che l’effettività dei pagamenti risulta non solo dall’esame degli assegni, ma dalla coerenza fra i movimenti bancari per i pagamenti dei medesimi e le date delle fatture, sottolineando che l’amministrazione ben avrebbe potuto svolgere gli efficaci controlli previsti dall’art. 25, comma 5 l. 133/1999, come modificato dall’art. 37 l. 342/2000, non essendo più richiesto che i contributi per l’attività di sponsorizzazione siano eseguiti solo tramite conti correnti bancari o postali intestati all’associazione sportiva. Anche su siffatto punto manca l’efficace contestazione della ricorrente, che si limita a mettere in dubbio il ragionamento probatorio del giudice di secondo grado, sostanzialmente non ritenendo la prova fornita sufficiente ad assolvere l’onere probatorio incombente sulla società contribuente, senza tuttavia giungere ad affermare che il contributo non potesse essere corrisposto mediante assegno bancario. Ne deriva che la doglianza
formulata finisce per integrare una richiesta di rivalutazione delle prove, non consentita in sede di legittimità.
Con riferimento, invece, al secondo profilo prospettato con il ricorso, riguardante l’indeducibilità dei costi di sponsorizzazione in favore della RAGIONE_SOCIALE, per essere le spese relative al periodo luglio-ottobre 2008 state sostenute dopo lo spirare del termine del contratto, deve considerarsi che, coerentemente con quanto sostenuto dalla C.T.R., a fronte dell’insussistenza dell’obbligo di forma scritta del contratto di sponsorizzazione, la circostanza -non contestata ed anzi ammessadell’erogazione delle somme in favore della società sponsorizzata e l’inerenza della spesa -anch’essa non contestata- valgano a ritenere la deducibilità dei relativi costi, in forza di un contratto successivo al 30 giugno 2008, privo di forma scritta, dovendosi, per quanto detto supra , ritenersi inconferente ogni riferimento all’antieconomicità della spesa.
Né, infine, può sostenersi, come fa l’Agenzia delle Entrate, che la C.T.R. abbia omesso la valutazione di fatti decisivi, oggetto di contraddittorio fra le parti, avendo, al contrario, affrontato tutte le questioni oggetto del giudizio prospettate dalle parti, come emerge da quanto sin qui esposto.
Il ricorso deve, essere, pertanto respinto. L’assenza dell’esplicazione di attività difensiva da parte dell’intimata esonera dalla liquidazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Così deciso in Roma il 15 gennaio 2025
Il Presidente NOME COGNOME