Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32924 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32924 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24086/2021 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende ricorrente-
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante intimata-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della LIGURIAGENOVA n. 145/2021, depositata il 23/02/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle Entrate ricorre avverso la sentenza della C.T.R. della Regione Liguria, che ha rigettato l’appello avverso la sentenza della C.T.P. di La Spezia, con la quale era stato accolto il ricorso della RAGIONE_SOCIALE per l’annullamento dell’avviso di accertamento che, ritenuta l’indeducibilità dei costi di sponsorizzazione della società dilettantistica sportiva Sarzana Basket, pari ad euro 103.000,00, accertava per l’anno di imposta 2011, un maggior reddito ai fini delle imposte dirette e dell’IRAP.
La sentenza della C.T.R. ha considerato integrati i presupposti applicativi dell’art. 90, comma 8 , l. n.289/2002: essendo il soggetto sponsorizzato un’associazione dilettantistica; essendo stato rispettato il limite quantitativo di spesa (non superiore ad euro 200.000); essendo stata la sponsorizzazione rivolta alla promozione dell’immagine e dei prodotti dello sponsor; essendo stata effettivamente posta in essere una specifica attività promozionale. In particolare, richiamando alcune pronunce di legittimità, ha ritenuto irrilevanti: l’assenza della data del contratto di sponsorizzazione e l’antieconomicità della spesa, in ragione della sproporzione tra la sua entità e l’utile di esercizio, posto che l’art. 90, comma 8 l. 289/2002, introdurrebbe una presunzione assoluta di inerenza.
La società contribuente è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
L’Agenzia delle Entrate formula due motivi di impugnazione.
Con il primo lamenta, ex art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., la violazione degli artt. 112, 132, 277 cod. proc. civ. e degli artt. 2 e 36 d. lgs. 546/1992, per avere la sentenza impugnata adottato una motivazione meramente apparente. Sostiene che la decisione omette di argomentare in ordine all’effettiva esistenza del costo, che costituisce l’antecedente logico della sua deduzione, così trasformando la presunzione della natura del costo, di cui all’art. 90, comma 8, l. 289/2002, in una presunzione dell’esistenza del costo. Rileva che nel caso di specie la reclamizzazione dell’impresa sponsorizzante era quasi totalmente assente e che il servizio pubblicitario risultava inadeguato a giustificare costi elevati come quelli dedotti, mentre non solo non era stato tenuto in considerazione che il contratto di sponsorizzazione era privo di data, ma neppure che l’effettività dell’operazione non poteva essere validamente provata attraverso mezzi di pagamento quali bonifici ed assegni bancari, diversamente da quanto affermato dalla sentenza impugnata.
Con il secondo motivo si duole, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., della violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2727 cod. civ., nonché degli artt. 90 l.n. 289/2002, 19 e 21 d.P.R. 633/1972 e dell’art. 109 TUIR. Rileva che l’art. 90, comma 8 l. 289/2002 opera a condizione che il soggetto sponsorizzato abbia effettivamente posto in essere una specifica attività promozionale, ciò non potendo, tuttavia, trarsi -come fa la sentenza impugnatané dall’emissione di fatture, né da mezzi di pagamento quali gli assegni o i bonifici, avuto riguardo al fatto che sia le prime, che i secondi vengono normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un ‘ operazione fittizia. Richiama quanto contenuto nell’atto di accertamento (che riproduce parzialmente nel ricorso), laddove si sottolineava la sproporzionalità fra la spesa
sostenuta ed i maggiori ricavi sperati, dovendo questi quantomeno eguagliare i costi, mentre, nel caso di specie, a fronte dell’esborso finanziario per la sponsorizzazione, l’utile di esercizio per l’anno d’imposta 2011 era stato pari solo ad euro 4.856,00 (0,07% dei ricavi). Inoltre, la spese impiegate nella pubblicità apparivano sproporzionate, non solo perché la pubblicità, a livello di un piccolo comune (Sarzana), era ininfluente sulla possibilità di registrare in futuro maggiori ricavi, avuto riguardo al fatto che la quasi totalità delle commesse proveniva da COGNOME, ma perché le spese pubblicitarie erano state affrontate a pochi mesi dell’intervento del dissesto economico, in palese incongruenza con gli utili dichiarati nell’anno in questione e negli anni successivi.
I motivi possono essere trattati congiuntamente, in quanto intrinsecamente connessi e sono infondati.
Va innanzitutto premesso che, a mente della giurisprudenza di legittimità: ‘In tema di spese di sponsorizzazione, il regime di cui all’art. 90, comma 8, della l. n. 289 del 2002, nel testo vigente “ratione temporis”, fissa una presunzione assoluta di inerenza e congruità delle sponsorizzazioni rese a favore di imprese sportive dilettantistiche laddove i corrispettivi erogati siano destinati alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante e sia riscontrata, a fronte dell’erogazione, una specifica attività del beneficiario della medesima, consentendo, di conseguenza, di ritenere integralmente deducibili tali spese dal reddito del soggetto sponsor. (Sez. 5, Ordinanza n. 4612 del 14/02/2023; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 14232 del 07/06/2017, Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 8981 del 06/04/2017; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 7202 del 21/03/2017).
Ora, la parte ricorrente sostiene l’erroneità della sentenza impugnata per non avere considerato, da un lato, che
il contratto di sponsorizzazione non aveva data, dall’altro, l’insussistenza della prova circa l’effettività delle prestazioni di sponsorizzazione, essendo questa state ricavate solo dalle fatture e dai pagamenti eseguiti tramite assegni. Ed infine, perché nessun rilievo la decisione attribuisce all’antieconomicità della sponsorizzazione ed alla sua palese incongruenza rispetto all’attività svolta dall’impresa.
Sotto il primo profilo, debbono essere riprese le considerazioni svolte da questa Corte in un caso analogo, secondo le quali: ‘In tema di imposte sui redditi, la presunzione legale di inerenza/deducibilità delle spese di sponsorizzazione di società sportive dilettantistiche, sancita dall’art. 90, comma 8, della l. n. 289 del 2002, opera in virtù della sola ricorrenza dei presupposti previsti dalla norma, senza che rilevino, pertanto, requisiti ulteriori. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva escluso la deducibilità dei costi, pur sussistendone le condizioni previste di legge, in ragione dell’assenza di registrazione e di certezza di data del contratto con la ‘sponsee’, dell’omissione della dichiarazione reddituale annuale da parte di quest’ultima nonché della ritenuta ‘antieconomicità’ della spesa). (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 8981 del 06/04/2017).
Invero, nell’ipotesi di specie, è lo stesso avviso di accertamento (ripreso dal ricorso) che dà atto dell’esistenza del contratto, pur non concordando sul fatto che in assenza di data certa da esso possano scaturire effetti fiscali. Mentre non è stato neppure contestato dall’Ufficio che le fatture e i pagamenti eseguiti alla associazione dilettantistica, a mezzo assegni, nell’anno di imposta considerato, fossero riferibili proprio a quel contratto, essendo, al contrario, esclusivamente contestato che essi costituissero valida prova dell’effettiva attività di sponsorizzazione.
Sotto siffatto secondo profilo, ciò che si pone in dubbio -ancorché non sia specificamente precisato, posto che il motivo di ricorso richiama genericamente l’art. 90, comma 8, l. 289/2002- è la sussistenza del presupposto di cui al comma 8, lett. d) dell’art. 90, laddove si prevede che ‘il soggetto sponsorizzato deve effettivamente avere posto in essere una specifica attività promozionale’.
Ora, è pur vero che C.T.R. considera sussistente l’integrazione del requisito facendo riferimento alla sussistenza delle fatture e dei relativi pagamenti a mezzo assegni. E tuttavia, l’Ufficio non pare escludere -neppure con l’atto di appello, per come riportato dalla sentenza impugnata- che l’attività di sponsorizzazione sia stata effettivamente svolta, osservando invece, con il ricorso introduttivo: ‘che nel caso di cui si discute, la reclamizzazione dell’impresa era quasi totalmente assente, ovvero il servizio pubblicitario risultava inadeguato ed inadatto a giustificare costi così elevati’. E ciò perché, come si riporta nell’atto di accertamento, trascritto in ricorso e riprodotto dal giudice di appello, il numero delle partite dell’associazione sponsorizzata era troppo esiguo per spiegare un simile impiego di somme in attività pubblicitarie, rivelandosi un ‘importo esagerato’ quello destinato alla sponsorizzazione.
Si insiste, dunque, non sull’inesistenza di per sé delle attività sponsorizzate, ma sulla necessità che lo sponsor fornisca la prova della coerenza e congruità fra le somme che il contribuente assume di avere sborsato nell’attività di sponsorizzazione e le effettive attività svolte.
Ora, pur dovendosi concordare sul presupposto che muove il ragionamento dell’Agenzia delle Entrate in forza del quale ‘la presunzione della natura del costo’ non può tradursi nella ‘presunzione di esistenza del costo’, vi è che a fronte della prova dello svolgimento di una specifica attività promozionale, ai sensi
della lett. d) richiamata -non efficacemente contestata dall’Ufficio, che anzi parzialmente la riconosce – e dei pagamenti ad essa connessi, nessuna valutazione sulla congruità delle somme impiegate è prevista dalla disposizione di cui all’art. 90, comma 8 l. 289/2002. La disposizione, infatti, introduce, come si è detto, una presunzione assoluta di inerenza e congruità delle sponsorizzazioni rese a favore di imprese sportive dilettantistiche, a fronte della prova della specifica attività da parte del beneficiario, indipendentemente sia dalla antieconomicità della spesa, che della irragionevole sproporzione tra l’entità della stessa ed il fatturato o l’utile di esercizio della società contribuente (cfr. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 8981 del 06/04/2017, in motivazione; cfr. nello stesso senso: Sez. 5, Ordinanza n. 15179 del 30/01/2020, in motivazione, secondo cui la ‘presunzione legale riguarda sia la “natura” del costo, quale spesa pubblicitaria, sia l’inerenza del costo stesso sino alla soglia, normativamente fissata, dell’importo di euro 200.000, appunto perché quella in esame è una presunzione legale “assoluta”, la cui ratio evidente non riguarda la determinazione del reddito di impresa (…) ma il sostegno finanziario dei privati alle attività sportive dilettantistiche. In altri termini l’interpretazione teleologica e sostanziale della speciale norma in esame induce a ritenere che essa ha in via primaria finalità sociali extrafiscali, che normativamente sancisce come prevalenti sulle finalità fiscali ‘ ).
Quanto fin qui detto conduce, altresì, ad escludere la violazione, da parte del giudice di appello, degli artt. 2697 e 2729 cod. civ., avuto riguardo al fatto che la sentenza impugnata non elude affatto le regole sull’onere probatorio, ma semplicemente considera provata l’effettività dell’attività sponsorizzata, facendo riferimento a quanto non disconosciuto dall’Ufficio, nonché alle fatture ed agli assegni di pagamento
prodotti dal contribuente a dimostrazione della sussistenza dell’attività medesima.
Il ricorso deve, essere, pertanto respinto. L’assenza dell’esplicazione di attività difensiva da parte dell’intimata esonera dalla liquidazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma il 13 novembre 2024