Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7669 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7669 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13696/2017 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. ROMA n. 6971/2016 depositata il 16/11/2016. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/01/2025
dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
A seguito di PVC in data 16.11.2012, l’Agenzia notificava il successivo 01.07.2013 un avviso di accertamento nei confronti della RAGIONE_SOCIALE per il recupero a tassazione di maggiori IRES e IRAP derivanti da spese ritenute non deducibili per l’anno d’imposta 2008 .
Fallito il procedimento di accertamento con adesione, la contribuente proponeva ricorso ritenendo violato l’art. 108 co. 2 TUIR, posto che -in tesi – i costi dovevano ritenersi integralmente deducibili (si trattava infatti di buoni carburante consegnati in omaggio a clienti per l’importo complessivo di oltre 124.000 euro oltre a beni di diversa natura del valore di 2.450 euro ). L’ufficio contestava tale conclusione, vuoi rispetto all’assenza delle condizioni di deducibilità previste dall’art. 108 cit., vuoi ritenendo indimostrato l’utilizzo dei buoni nella quantità contabilizzata e per l’effettivo svolgimento di spese e attività di rappresentanza.
Il ricorso della contribuente era respinto dalla CTP di Roma, con la sentenza n. 8275/2015 (contenente dichiarazione di cessazione della materia del contendere per l’IRAP a seguito di sgravio parziale).
Anche il successivo appello del contribuente è stato respinto dalla CTR del Lazio, con la sentenza n. 6971/2016, oggetto del presente ricorso.
Avverso detta decisione ha proposto ricorso per Cassazione la contribuente, sulla scorta di un unico mezzo.
Resiste l’ufficio con controricorso con il quale ha altresì eccepito l’inammissibilità del ricorso avversario.
E’stata , quindi, fissata udienza camerale per il 21.01.2025.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza della C.T.R. del Lazio -Roma, n. 6971/2016 si fonda sul seguente motivo:
violazione e/o falsa applicazione dell’art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione all’art. 108 co. 2 TUIR, come modificato dall’art. 1, co. 33, lett. p) della l. 24/12/2007, n. 244. Secondo la ricorrente la sentenza avrebbe ritenuto erroneamente indeducibili le spese di rappresentanza in quanto non dimostrate nella loro entità, nonché nella loro finalità, mentre la particolare tipologia di spesa (consistente nell’omaggio di buoni carburante di piccolo taglio ai clienti) avrebbe reso superflua o impossibile una rendicontazione analitica da parte della società stessa.
Il mezzo di impugnazione così proposto mira in realtà, al di là del formale richiamo al disposto dell’art. 360 m. 3 c.p.c., ad una diversa valutazione del materiale probatorio ed a sovvertire, in modo inammissibile, il giudizio di fatto compiuto dal giudice di merito di secondo grado, il quale, con apprezzamento in questa sede incensurabile ha accertato che (quanto alle spese contabilizzate) ‘…è di tutta evidenza che essendo del tutte ignote le circostanze della distribuzione dei beni nonché le identità dei beneficiari, e quindi in assenza di ogni elemento che consenta di valutare la rispondenza ai suddetti requisiti, non sarebbe possibile valutarne l’inerenza. che si risolverebbe tout court nel solo rispetto del rapporto percentuale con i ricavi e in una sorta di asseverazione contribuente’ (vds. p. 5); ed ancora ‘ nel caso di specie poi, trattandosi di buoni carburante, beni che notoriamente sono
caratterizzati da una fungibilità prossima al denaro contante e suscettibili -come è stato esattamente rilevato -di essere largamente utilizzati in luogo di questo per erogazioni a soci o famigliari, auto consumo, erogazioni a dipendenti o compensare altre prestazioni, un idoneo sistema di tracciamento che ne confermasse il loro effettivo impiego come spese di rappresentanza appare vieppiù indispensabile. Gli stessi militari rilevano inoltre (fogli 89 c 90 del p.v.c.) una gestione dei buoni carburante destinati a spese di rappresentanza promiscua con quella dei buoni carburante destinati a rivendita, sicché ancor più nel caso di specie solo un idoneo sistema di tracciamento avrebbe consentito di individuare quella parte dei buoni elettivamente destinata ad attività promozionali od a pubbliche relazioni In relazione a tali buoni carburante la G.d.F. annota ulteriormente che la società, nel mese di dicembre, mese corrispondente all’acquisto dì gran parte di tali buoni, registrato con tre fatture per oltre 112.000 euro, non aveva partecipato a mostre, fiere o convegni che dimostrasse la necessità di una così consistente distribuzione: inoltre si è evidenziato che la società si occupa di distribuzione extra rete di prodotti petroliferi senza quindi contatti diretti con il pubblico. Parimenti dicasi per gli altri beni recuperati a tassazione e consistenti in alcuni acquisti di vasi di cristallo, candelieri, suppellettili di argento ecc., presso una gioielleria ed un negozio dì antichità: nonostante il loro rilevante costo individuale e la non corrispondenza ad alcuna pratica del settore, la società non è stata in grado di dimostrarne minimamente l’inerenza Peraltro, non avendo adottato la società alcun metodo di rilevazione, essendo del tutto ignoti sia i beneficiari che le modalità di erogazione, non vi è questione in questa sede sulla idoneità o meno del metodo valido per tracciare la distribuzione dci buoni carburante. E non vi è dubbio che spettasse alla società dare dimostrazione del requisito dell'”inerenza” come sopra specificato’.
Tale accertamento ed il giudizio di fatto contenuto nella sentenza impugnata, così come l’apprezzamento delle prove non possono, come anticipato, essere nuovamente svolti, quasi che si trattasse di un ulteriore e non consentito terzo grado di merito.
A tal riguardo è sufficiente ricordare, sulla scia di un costante indirizzo, la più recente Sez. 2, ord. n. 10927 del 23/04/2024 (Rv. 670888 -01), per la quale ‘deve ritenersi inammissibile il motivo di impugnazione con cui la parte ricorrente sostenga un’alternativa ricostruzione della vicenda fattuale, pur ove risultino allegati al ricorso gli atti processuali sui quali fonda la propria diversa interpretazione, essendo precluso nel giudizio di legittimità un vaglio che riporti a un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio nel suo insieme’; in precedenza anche Sez. U, sent. n. 34476 del 27/12/2019 (Rv. 656492 -03) ha affermato esplicitamente che ‘È inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito’. Del resto, con più specifico riferimento alla valutazione probatoria dei documenti operata dal giudice del merito, Sez. 2, ord. n. 20553 del 19/07/2021 (Rv. 661734 01), secondo cui ‘La valutazione delle prove raccolte, anche se si tratta di presunzioni, costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione, sicché rimane estranea al vizio previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. qualsiasi censura volta a criticare il “convincimento” che il giudice si è formato, a norma dell’art. 116, commi 1 e 2, c.p.c., in esito all’esame del materiale istruttorio mediante la valutazione della maggiore o minore attendibilità delle fonti di prova, atteso che la deduzione del vizio di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c. non consente di
censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali, contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendo alla stessa una diversa interpretazione al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito’.
Il motivo di impugnazione così proposto, peraltro, oltre a svolgere una diversa ed inammissibile rilettura dei fatti e delle prove valutate dal giudice di merito, è comunque infondato.
Del tutto correttamente, infatti, la decisione impugnata ha posto a carico del contribuente l’onere di dimostrare l’esistenza e l’inerenza dei costi deducibili oggetto di contestazione (cfr. Cass. Sez. 5, n. 30366/2019, nonché Cass. Sez. 5, n. 28724/2024 non mass.). E gli argomenti spesi al riguardo dalla sentenza di merito, così come in precedenza richiamati, superano certamente la soglia minima di costituzionalità.
In definitiva, pertanto, il ricorso deve essere respinto con aggravio di spese, liquidate come in dispositivo.
Occorre, infine, dare atto dei presupposti per il raddoppio del contributo unificato, se ed in quanto dovuto per legge.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese processuali, che liquida in euro 4.100#, oltre spese prenotate a debito; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.p.r. 115/2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato,
nella misura prevista per il ricorso, se ed in quanto dovuto per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta Sezione