Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26553 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26553 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME , rappresentato e difeso, giusta procura speciale allegata, dall’AVV_NOTAIO che ha indicato recapito EMAIL, ed elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore, alla INDIRIZZO in Roma;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’RAGIONE_SOCIALE, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma;
-controricorrente –
avverso
la sentenza n. 583, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte il 12.7.2021, e pubblicata il 20.7.2021; ascoltata la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; la Corte osserva:
Fatti di causa
L’RAGIONE_SOCIALE notificava a NOME COGNOME, libero professionista dedito all’attività di commercialista, l’avviso di
Oggetto: Irpef, Irap, 2013 Libero professionista -Spese di rappresentanza Deducibilità -Prova dell’inerenza – Necessita -* Principio di diritto.
accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, avente ad oggetto Irpef ed Irap con riferimento all’anno 2013, disconoscendo la deducibilità di oneri contabilizzati quali spese di rappresentanza, per un importo di Euro 24.280,00, a causa del difetto di prova dell’inerenza.
Il contribuente impugnava l’atto impositivo innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Torino contestando, innanzitutto, che l’accertamento risultava infondato perché gli oneri sostenuti per le spese di rappresentanza risultavano regolarmente deducibili. La CTP rigettava il suo ricorso.
NOME COGNOME spiegava appello avverso la decisione sfavorevole conseguita dai primi giudici, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, la quale confermava la decisione assunta dalla CTP.
Il contribuente ha proposto ricorso per cassazione avverso la decisione assunta dalla CTR, affidandosi a tre motivi di impugnazione. L’RAGIONE_SOCIALE resiste mediante controricorso. Il ricorrente ha pure depositato memoria.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il contribuente contesta la violazione degli artt. 54 e 108 del Dpr n. 917 del 1986, dell’art. 2697 cod. civ. e del Dm 19.11.2008, per avere la CTR erroneamente ritenuto che la deducibilità RAGIONE_SOCIALE spese di rappresentanza ‘sia subordinata all’indicazione analitica dei ‘clienti’ destinatari degli omaggi, piuttosto che ad un giudizio di ‘ragionevolezza e conformità agli usi di settore” (ric., p. 9 s.).
Mediante il suo secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., il ricorrente censura l’omesso esame di fatti rilevanti e decisivi ai fini del giudizio ed oggetto di discussione tra le parti, avendo il giudice dell’appello mancato di esaminare le specifiche circostanze allegate dal ricorrente al fine di dimostrare che gli oneri in
contestazione erano costituiti da finanziamenti e oggetti di pregio da donare come omaggi, con finalità di pubbliche relazioni e promozionali della propria attività lavorativa.
Con il terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il contribuente critica la violazione e falsa applicazione dell’art. 9 del D.Lgs n. 471 del 1997, per non avere la CTR rilevato l’illegittimità della sanzione, irrogata dall’Amministrazione finanziaria ai sensi del primo comma dell’art. 9 del citato decreto, norma inconferente con le violazioni contestate.
Mediante il primo motivo di ricorso il ricorrente censura la violazione di legge in cui ritiene essere incorso il giudice del gravame per aver erroneamente ritenuto che la deducibilità RAGIONE_SOCIALE spese di rappresentanza sia subordinata all’indicazione analitica dei clienti destinatari degli omaggi, piuttosto che ad un giudizio di ragionevolezza e conformità agli usi di settore.
4.1. Sembra opportuno ricordare che il ricorrente NOME COGNOME svolge attività professionale quale affermato commercialista, conseguendo redditi ingenti. Al ricorrere RAGIONE_SOCIALE condizioni di legge, gli esborsi sostenuti per le spese di rappresentanza, per finalità promozionali dell’attività e di pubbliche relazioni, sono potenzialmente deducibili nella misura dell’1%, limite che è stato di per sé rispettato dal professionista nell’anno 2013.
L’Amministrazione finanziaria contesta però che difetta la prova, da parte del contribuente, dell’inerenza RAGIONE_SOCIALE spese sostenute con l’attività professionale svolta, trattandosi peraltro di oneri, acquisti di gioielli etc., che ben possono essere stati sostenuti per finalità personali e non professionali.
4.2. La CTR ha correttamente confermato la decisione dei primi giudici secondo cui la prova dell’inerenza degli oneri deducibili compete al contribuente, e quindi ha esaminato ogni categoria di spesa, tra quelle contestate dal contribuente, ed ha ritenuto che
manchi la prova della destinazione a finalità promozionale dell’attività, non essendo stata dimostrata ‘la effettiva destinazione dei singoli beni’ (sent. CTR, p. VI).
4.3. Ha osservato più specificamente il giudice dell’appello, in proposito, che l’acquisto di un vaso Gallé rosso epoca 1900 si risolve nell’acquisto di un’opera d’arte, che può rientrare le spese di rappresentanza, ma nel caso di specie non risulta integrata la prova dell’inerenza con l’attività professionale.
La spesa sostenuta per la corresponsione di un premio agli allievi di una scuola del Comune natale della madre del contribuente, Strevi (AL), è certamente meritoria, ma non vi è la prova che presenti un rapporto di inerenza con l’attività professionale, e pertanto che si risolva in una spesa di rappresentanza deducibile.
In ordine all’acquisto di oggetti di pregio e di gioielli, il contribuente sostiene che si tratti di oneri sostenuti, anche profittando di favorevoli condizioni di acquisto, per omaggi da distribuire alla clientela con finalità promozionali, anche in anni futuri, ma difetta ogni prova in ordine alla reale destinazione di tali oggetti, e pertanto la dimostrazione dell’inerenza.
4.4. Replica il contribuente che il giudice dell’appello ha erroneamente ritenuto che la deducibilità RAGIONE_SOCIALE spese di rappresentanza sia subordinata all’indicazione analitica dei clienti destinatari degli omaggi, piuttosto che ad un giudizio di ragionevolezza e conformità agli usi di settore.
4.5. Invero la CTR segnala che il contribuente non ha indicato a quali clienti avrebbe consegnato i beni acquistati, ma evidenzia pure che non ha provato in alcun modo la realizzata destinazione dei beni a finalità promozionali dell’attività professionale e di pubbliche relazioni, da cui dipende il riconoscimento del requisito dell’inerenza.
Il contribuente afferma che l’inerenza sarebbe desumibile da un giudizio di ragionevolezza e conformità agli usi di settore della spesa sostenuta, ma neppure indica quali siano gli usi di settore invocati, né come la circostanza sia stata provata.
Il primo motivo di ricorso risulta pertanto infondato, e deve perciò essere respinto.
4.5.1. Può in proposito indicarsi il principio di diritto secondo cui ‘in tema di deducibilità RAGIONE_SOCIALE spese promozionali da parte del professionista, non è sufficiente la dimostrazione dell’astratta possibilità di ricomprendere un bene acquistato tra le spese di rappresentanza, in considerazione della sua natura, per rendere in concreto deducibile l’onere sostenuto per l’acquisto, occorrendo assicurare la prova che l’acquisto sia stato effettivamente destinato a finalità promozionali dell’attività professionale e non personali, e che pertanto gli esborsi sostenuti rispettino il requisito dell’inerenza’.
Mediante il suo secondo strumento di impugnazione il contribuente censura il vizio di motivazione della decisione del giudice dell’appello, per aver omesso di esaminare le specifiche circostanze allegate dal ricorrente al fine di dimostrare che gli oneri in contestazione erano costituiti da finanziamenti e oggetti di pregio da donare come omaggi, con finalità promozionali della propria attività lavorativa.
5.1. Il contribuente propone rilievi volti a dimostrare che le due decisioni dei giudici del merito differiscono per alcuni profili, e pertanto la contestazione non viola il divieto costituito dalla c.d. doppia conforme. In realtà le due decisioni coincidono nelle valutazioni essenziali.
In particolare il ricorrente evidenzia le finalità promozionali del contributo offerto per la consegna di premi agli alunni di un istituto scolastico, offrendo documentazione dell’effettivo svolgimento della manifestazione e della consegna dei premi in denaro agli studenti.
Inoltre sostiene che gli oggetti di pregio acquistati, per la loro natura, siano riconducibili alle spese di rappresentanza deducibili.
5.2. In realtà, come illustrato anche dalla CTR, non è sufficiente che siano stati sostenuti oneri riconducibili alle spese di rappresentanza, perché i costi affrontati siano deducibili, ma deve assicurarsi la prova dell’inerenza della spesa sostenuta.
Non si verte in materia di un giudizio di verosimiglianza della riconducibilità di una spesa a finalità promozionali o di pubbliche relazioni, ma di assicurare la prova che le spese siano state effettivamente sostenute per tali finalità, difettando, in caso contrario, la necessaria dimostrazione del rispetto del requisito legale dell’inerenza. Il giudice del merito, esprimendo il giudizio sul fatto processuale che gli compete ha ritenuto che la prova dell’inerenza non sia stata fornita, fornendo valutazioni adeguate in cui non si rinviene vizio.
Anche il secondo strumento di impugnazione risulta pertanto infondato e deve perciò essere respinto.
Con il terzo motivo di ricorso il contribuente critica la violazione di legge in cui ritiene essere incorso il giudice del gravame per non aver rilevato l’illegittimità della sanzione irrogata dall’Amministrazione finanziaria ai sensi del primo comma dell’art. 9 del D.Lgs n. 471 del 1997, norma inconferente con le violazioni contestate, perché finalizzata a sanzionare violazioni formali, mentre le violazioni sostanziali, come la errata indicazione in dichiarazione di costi indeducibili, possono essere, se del caso, contestate ai sensi del comma 2, dell’art. 1 del D.Lgs. n. 471 del 1997.
6.1. Occorre pertanto ricordare che, nella versione ratione temporis applicabile, l’art. 9, comma 1, del D.Lgs. n. 471 del 1997 prevede che ‘ 1. Chi non tiene o non conserva secondo le prescrizioni le scritture contabili, i documenti e i registri previsti dalle leggi in materia di imposte dirette e di imposta sul valore
aggiunto ovvero i libri, i documenti e i registri, la tenuta e la conservazione dei quali è imposta da altre disposizioni della legge tributaria, è punito con la sanzione amministrativa da lire due milioni a lire quindici milioni ‘.
L’art. 1, comma 2, RAGIONE_SOCIALE stesso testo dispone invece che ‘ 2. Se nella dichiarazione è indicato, ai fini RAGIONE_SOCIALE singole imposte, un reddito imponibile inferiore a quello accertato, o, comunque, un’imposta inferiore a quella dovuta o un credito superiore a quello spettante, si applica la sanzione amministrativa dal cento al duecento per cento della maggior imposta o della differenza del credito. La stessa sanzione si applica se nella dichiarazione sono esposte indebite detrazioni d’imposta ovvero indebite deduzioni dall’imponibile, anche se esse sono state attribuite in sede di ritenuta alla fonte ‘.
6.2. La CTR ha osservato in proposito che ‘viene chiesta la disapplicazione della sanzione per irregolare tenuta della contabilità, la sanzione prevista dall’art. 9, comma 1, D.Lgs. 471/1997 -viene irrogata quando emergono contabilizzazioni non corrette, tra cui rientra anche l’indebita deduzione di costi non inerenti’ (sent. CTR, p. 5).
6.3. Nella complessa materia della distinzione tra le violazioni di carattere formale o sostanziale commesse dal contribuente nella dichiarazione, questa Corte regolatrice ha avuto modo di statuire che ‘in tema di sanzioni amministrative tributarie, per distinguere tra violazioni formali e sostanziali è necessario accertare in concreto, con valutazione in fatto riservata al giudice di merito, se la condotta abbia cagionato un danno erariale, incidendo sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta o del versamento del tributo; in assenza di tale pregiudizio la violazione resta formale perché lesiva per l’esercizio RAGIONE_SOCIALE azioni e dei poteri di controllo da parte dell’amministrazione finanziaria’, Cass. sez. V, 10.6.2021, n. 16450.
6.4. Nel caso di specie la possibilità di ipotizzare l’integrazione di una violazione sostanziale nella condotta del contribuente non esclude la commissione di una violazione di carattere formale nella tenuta della contabilità che il giudice del merito, esprimendo il giudizio sul fatto processuale che gli compete, ha condivisibilmente ritenuto che risultasse comunque integrata.
Pertanto anche il terzo motivo di ricorso deve essere rigettato.
In definitiva, il ricorso deve essere respinto.
Le spese di lite seguono l’ordinario criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo in considerazione della natura RAGIONE_SOCIALE questioni affrontate e del valore della controversia.
7.1. Deve ancora darsi atto che ricorrono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, anche del c.d. doppio contributo.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M.
rigetta il ricorso proposto da COGNOME NOME , che condanna al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di lite in favore della costituita controricorrente, e le liquida in complessivi Euro 2.500,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater , dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis , se dovuto.
Così deciso in Roma il 25 settembre 2025.
Il Presidente est. NOME COGNOME