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Spese di rappresentanza: la prova spetta al contribuente

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 7668/2025, ha rigettato il ricorso di una società petrolifera, confermando che le spese di rappresentanza, come i buoni carburante offerti ai clienti, sono deducibili solo se il contribuente fornisce prova rigorosa della loro inerenza, effettività e finalità promozionale. L’onere della prova non viene meno neanche per omaggi di valore inferiore a 50 euro o in presenza di un elevato volume d’affari.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Spese di rappresentanza: la Cassazione ribadisce, la prova è sempre a carico del contribuente

Con la recente ordinanza n. 7668 del 2025, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sulla deducibilità delle spese di rappresentanza, chiarendo in modo inequivocabile che l’onere di dimostrare tutti i requisiti di legge spetta interamente al contribuente. Questa pronuncia è di fondamentale importanza per le imprese che utilizzano omaggi e liberalità, come i buoni carburante, per fidelizzare la clientela.

Il caso in esame: buoni carburante non deducibili

Una società operante nel settore petrolifero si è vista notificare un avviso di accertamento con cui l’Amministrazione Finanziaria recuperava a tassazione costi per oltre 134.000 euro, relativi a buoni carburante regalati ai clienti, qualificandoli come spese di rappresentanza non deducibili per l’anno d’imposta 2009. L’azienda sosteneva la piena deducibilità di tali costi, ma sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale (quest’ultima in via parziale) avevano dato ragione all’ufficio.

La controversia è quindi giunta dinanzi alla Corte di Cassazione, con l’azienda che lamentava principalmente tre aspetti:
1. La mancata considerazione del proprio ingente volume d’affari (superiore a 100 milioni di euro), che a suo dire rendeva pacifico il rispetto dei limiti di congruità.
2. L’errata applicazione dei requisiti di inerenza e congruità.
3. L’omesso esame di fatti decisivi come il volume d’affari e il valore unitario dei buoni.

Le regole sulle spese di rappresentanza: l’onere della prova

La normativa fiscale (art. 108, co. 2, TUIR e il D.M. 19.11.2008) stabilisce che le spese di rappresentanza sono deducibili se rispondono a precisi requisiti. Devono essere spese sostenute con finalità promozionali o di pubbliche relazioni, volte a generare, anche potenzialmente, benefici economici per l’impresa e coerenti con le pratiche commerciali del settore.

Il punto cruciale, evidenziato dalla Cassazione, è che la legge richiede sempre una triplice prova a carico del contribuente:
* Effettività: Il costo deve essere stato realmente sostenuto.
* Documentazione: La spesa deve essere adeguatamente documentata.
* Inerenza: Deve essere dimostrato il collegamento della spesa con l’attività d’impresa e la sua finalità promozionale.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della società, fornendo chiarimenti essenziali. In primo luogo, i giudici hanno stabilito che generiche affermazioni dell’Amministrazione Finanziaria in altre fasi del giudizio non possono configurare una “non contestazione” sul volume d’affari del contribuente. Quest’ultimo ha l’obbligo di allegare e provare specificamente i fatti su cui fonda le proprie pretese.

In secondo luogo, la Corte ha sottolineato che anche gli omaggi di valore unitario inferiore a 50 euro, sebbene non concorrano al calcolo del plafond di deducibilità, non godono di una deducibilità automatica. Essi devono comunque rispettare i requisiti generali di effettività, documentazione e inerenza. Il contribuente deve essere in grado di dimostrare che tali omaggi sono stati effettivamente impiegati in attività promozionali. Consentire una deducibilità automatica sulla base del solo valore unitario aprirebbe la porta a facili elusioni, permettendo di frazionare artificiosamente gli omaggi per renderli deducibili senza alcun controllo sulla loro effettiva finalità.

La Corte ha concluso che il ricorso dell’azienda mirava, in realtà, a un riesame del merito della vicenda, cercando di ottenere una nuova valutazione delle prove, attività preclusa nel giudizio di legittimità. La decisione della Commissione Tributaria Regionale, che aveva ritenuto insufficiente la prova fornita dall’azienda, è stata giudicata corretta e adeguatamente motivata.

Le conclusioni

La decisione in commento rafforza un principio cardine del diritto tributario: chi intende dedurre un costo ha l’onere di provarne la legittimità in ogni suo aspetto. Per le spese di rappresentanza, questo significa non solo conservare la documentazione contabile (fatture, ricevute), ma anche essere in grado di dimostrare, in caso di contestazione, la finalità promozionale e il nesso con l’attività d’impresa. Le aziende devono quindi implementare procedure interne che permettano di tracciare e giustificare tali spese, per non rischiare di vedersele disconoscere in sede di controllo fiscale. L’appartenenza alla categoria dei “grandi contribuenti” o il basso valore unitario degli omaggi non costituiscono una scorciatoia probatoria.

A chi spetta l’onere di provare la deducibilità delle spese di rappresentanza?
L’onere della prova spetta interamente al contribuente. Egli deve dimostrare non solo che la spesa è stata effettivamente sostenuta e documentata, ma anche la sua inerenza, ovvero la sua finalità promozionale e il suo collegamento con l’attività d’impresa.

Gli omaggi a clienti di valore inferiore a 50 euro sono sempre deducibili?
No. Sebbene non concorrano alla formazione del plafond di deducibilità, anche per questi omaggi il contribuente deve sempre dimostrare i requisiti di effettività, documentazione e inerenza. La deducibilità non è automatica.

L’elevato volume d’affari di un’azienda semplifica la prova della deducibilità delle spese di rappresentanza?
No. Secondo la Corte, un elevato volume d’affari non esonera il contribuente dall’obbligo di fornire la prova puntuale del rispetto di tutti i requisiti previsti dalla legge per la deducibilità delle spese di rappresentanza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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