Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25657 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25657 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 19/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6229/2017 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE DI COGNOME RAGIONE_SOCIALE, COGNOME IVAN, COGNOME, COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE PROVINCIALE BERGAMO, elettivamente domiciliate in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che la rappresenta e difende
-controricorrenti- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELLA LOMBARDIA n. 217/29/17, depositata il 27/01/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 217/29/17 del 27/01/2017, la Commissione tributaria regionale della Lombardia (di seguito CTR) respingeva l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME RAGIONE_SOCIALE (di seguito PS), NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso la sentenza n. 159/02/14 della Commissione tributaria provinciale di Bergamo (di seguito CTP), che aveva respinto i ricorsi riuniti dei contribuenti nei confronti di un avviso di accertamento per IRAP e IVA relative all’anno d’imposta 200 6.
1.1. Come emerge dalla sentenza impugnata, con l’atto impositivo veniva contestata la soggettiva inesistenza di alcune fatture nonché il difetto di inerenza dei costi di sponsorizzazione.
1.2. La CTR respingeva l’appello d i PS e soci evidenziando che: a) la contestazione di AE riguardava fatti penalmente rilevanti, con conseguente sussistenza del raddoppio dei termini per l’accertamento ai sensi dell’art. 43 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600; b) nel merito, i costi dedotti attenevano ad operazioni soggettivamente inesistenti e, comunque, si trattava di spese di rappresentanza e non di sponsorizzazione, computabili quindi per un terzo.
PS e soci impugnavano la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
NOME resisteva con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso di PS è affidato a quattro motivi, di seguito riassunti.
1.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 43, terzo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, dell’art. 57 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (decreto IVA) e dell’art. 3 della l. 27 luglio 2000, n. 212, nonché , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omessa e/o insufficiente
motivazione, per avere la CTR erroneamente ritenuto applicabile il regime del raddoppio dei termini, senza motivare sufficientemente in ordine all’eventuale sussistenza dei requisiti legittimanti il ricorso a tale regime.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 108, comma 2, e 109 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR), nonché dell’art. 2697 cod. civ., per avere la CTR erroneamente qualificato i costi sostenuti dai ricorrenti come spese di rappresentanza e non di pubblicità, così ammettendone la deducibilità in misura inferiore rispetto a quella spettante, in contrasto con la normativa in materia di ripartizione dell’onere della prova.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 5 bis del d.lgs 15 dicembre 1997, n. 446, per aver la CTR, nel confermare la sentenza di primo grado, implicitamente ritenuto solo parzialmente deducibili ai fini dell’imposta IRAP i costi sostenuti ed erroneamente qualificati come spese di rappresentanza.
1.4. Con il quarto motivo di ricorso si lamenta , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 36, 53 e 61 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e degli artt. 54 e 56 del decreto IVA, nonché , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di fatti decisivi che sono stati oggetto di discussione tra le parti, per non aver la CTR valutato tutte le doglianze avanzate dai ricorrenti in sede di appello con particolare riferimento alla detraibilità dell’IVA .
Il primo motivo è fondato nei termini di cui appresso si dirà.
2.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, che ha tenuto ampiamente conto di Corte cost. n. 247 del 2011, « i termini previsti dagli artt. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 per l’IRPEF e 57 del d.P.R. n. 633 del 1972 per l’IVA, nella versione applicabile “ratione temporis”, sono raddoppiati in presenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di presentazione di denuncia penale, anche se questa sia archiviata o presentata oltre i termini di decadenza, senza che, con riguardo agli avvisi di accertamento per i periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016 e già notificati, incidano le modifiche introdotte dall’art. 1, commi da 130 a 132, della l. n. 208 del 2015, attesa la disposizione transitoria ivi introdotta, che richiama l’applicazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 128 del 2015, che fa salvi gli effetti degli avvisi già notificati » (Cass. n. 16728 del 09/08/2016; Cass. n. 22337 del 13/09/2018; Cass. n. 11620 del 14/05/2018; Cass. n. 26037 del 16/12/2016; Cass. n. 11171 del 30/05/2016; Cass. n. 22587 del 11/12/2012).
2.1.1. Peraltro, « il cd. “raddoppio dei termini”, previsto dall’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973, non può trovare applicazione anche per l’IRAP, poiché le violazioni delle relative disposizioni non sono presidiate da sanzioni penali » (Cass. n. 10483 del 03/05/2018; conf. Cass. n. 14204 del 24/05/2019; Cass. n. 10973 del 18/04/2019; Cass. 2862 del 31/01/2019; Cass. n. 28713 del 09/11/2018);
2.2. Nel caso di specie, l’avviso di accertamento è stato notificato in data 28/11/2012 e, quindi, non è necessaria la formale presentazione di una denuncia penale, essendo sufficiente che le violazioni poste in essere dalla società contribuente rientrino astrattamente tra quelle per le quali è previsto un obbligo di denuncia, quali le violazioni in tema di detraibilità dell’IVA.
2.3. Orbene, dalla complessiva esposizione contenuta nella sentenza impugnata si evince che il giudice di appello abbia ritenuto
la sussistenza di tale obbligo di denuncia e, del resto, i ricorrenti non hanno in alcun modo dedotto, con la necessaria autosufficienza, le ragioni per le quali tale obbligo di denuncia non sussista.
2.4. Peraltro, se è vero che l’accertamento è legittimo con riferimento all’IVA, deve ritenersi la decadenza dall’accertamento con riferimento alla indebita deduzione di costi a fini IRAP, non applicandosi la disciplina del raddoppio dei termini anche a tale imposta.
Il secondo motivo, concernente la qualificazione dei costi dedotti quali spese di rappresentanza anziché di pubblicità, è fondato nei termini di seguito precisati.
3.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, « il criterio discretivo tra spese di pubblicità e spese di rappresentanza è rappresentato dagli obiettivi immediatamente perseguiti mediante gli esborsi sostenuti, i quali, per iscriversi alla prima categoria, devono necessariamente rispondere ad una finalità promozionale specificamente incentrata sui prodotti e compiuta attraverso un’attività reclamistica e organizzativa direttamente calibrata sulla loro vendita, mentre rientrano tra le seconde i costi di iniziative imperniate sull’ente e orientate a potenziarne, quale patrocinatore o sovvenzionatore di eventi culturali, il grado di conoscenza, l’immagine e il prestigio fra potenziali e selezionati clienti, ancorché da esse possa derivare, collateralmente e di riflesso, un incremento delle vendite dei prodotti » (così, da ultimo, Cass. n. 10781 del 21/04/2023; si veda anche Cass. n. 10440 del 21/04/2021).
3.2. Nel caso di specie, la CTR non ha escluso l’inerenza della spesa (come pure sostenuto dalla ricorrente), ma ha confermato la qualificazione delle spese di sponsorizzazione sostenute dalla ricorrente con riferimento ai loghi apposti sulle auto da rally quali spese di rappresentanza e non di pubblicità, sulla base della seguente
considerazione: il logo della RAGIONE_SOCIALE era faticosamente individuabile, sicché è difficile («bizzarro» secondo il giudice di merito) sostenere che lo stesso possa costituire un richiamo generalizzato verso i prodotti della società contribuente.
3.3. Così argomentando, peraltro, la CTR ha qualificato le spese non già in ragione dell’obiettivo perseguito, ma in relazione all’efficacia della forma di sponsorizzazione prescelta, efficacia che, peraltro, rientra nella valutazione discrezionale dell’imprenditore e non è sindacabile dal giudice tributario e, prima ancora, dall’Amministrazione finanziaria.
3.4. In altri termini, la CTR avrebbe dovuto operare la distinzione non già in relazione all’idoneità del mezzo prescelto, ma alle finalità perseguite con il contratto di sponsorizzazione . L’errore di valutazione compiuto giustifica la cassazione della sentenza impugnata in parte qua .
La fondatezza del primo motivo per quanto riguarda l’IRAP implica l’assorbimento del terzo motivo di ricorso (concernente la integrale deducibilità dei costi a fini IRAP).
Il quarto motivo, concernente la detraibilità dell’IVA, è inammissibile.
5.1. In proposito, la CTR parte dal presupposto -ritenuto in sede di accertamento -che, trattandosi di operazioni soggettivamente inesistenti quanto all’emittente delle fatture, l’IVA non sarebbe detraibile.
5.2. Orbene, è noto che, secondo la giurisprudenza di questa Corte e con riferimento all’IVA, « l’Amministrazione finanziaria, la quale contesti che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, anche solo in via indiziaria, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore ma anche la consapevolezza del
destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta; la prova della consapevolezza dell’evasione richiede che l’Amministrazione finanziaria dimostri, in base ad elementi oggettivi e specifici non limitati alla mera fittizietà del fornitore, che il contribuente sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’ordinaria diligenza in rapporto alla qualità professionale ricoperta, che l’operazione si inseriva in una evasione fiscale, ossia che egli disponeva di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto sulla sostanziale inesistenza del contraente; incombe sul contribuente la prova contraria di aver agito in assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato, per non essere coinvolto in una tale situazione, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi » (così Cass. n. 9851 del 20/04/2018, alla cui motivazione integralmente si rimanda; conf., tra le tante, Cass. n. 11873 del 15/05/2018; Cass. n. 17619 del 05/07/2018; Cass. n. 21104 del 24/08/2018; Cass. n. 27555 del 30/10/2018; Cass. n. 27566 del 30/10/2018; Cass. n. 5873 del 28/02/2019; Cass. n. 15369 del 20/07/2020).
5.3. Tuttavia, dalle deduzioni di cui al ricorso, non risulta (in ciò difettando il ricorso della necessaria specificità) che PS e soci abbiano mai contestato l’inesistenza soggettiva delle fatture, essendosi limitati a ritenere la deducibilità dei costi di sponsorizzazione e la detraibilità dell’IVA sotto il profilo della qualificazione giuridica del contratto intercorso con l’ente finanziato e delle spese sostenute (di sponsorizzazione o di rappresentanza), nonché sotto il profilo dell’inerenza del costo.
5.4. Ne consegue che la contestazione, per la prima volta in sede di ricorso per cassazione, dell’inesistenza delle operazioni per come ritenute dall’Amministrazione finanziaria deve ritenersi tardiva e, dunque, inammissibile.
5.5. Ed è chiaro che, essendo l’IVA afferente ad operazioni soggettivamente inesistenti comunque indetraibile (a differenza dei costi), le considerazioni svolte con il quarto motivo sono precluse.
In conclusione, vanno accolti nei limiti più sopra precisati, il primo e il secondo motivo, con conseguente assorbimento del terzo motivo di ricorso e rigetto del quarto. La sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente procedimento.
P.Q.M.
La Corte accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il primo motivo e il secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo motivo e rigettato il quarto; cassa la sentenza impugnata con riferimento ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del presente procedimento.
Così deciso in Roma, il 27/03/2025.
Il Presidente
NOME COGNOME