Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 95 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 95 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14616/2016 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (DPDGPP66B15F052A)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (ADS80224030587) che la rappresenta e difende -controricorrente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELLA PUGLIA n. 2560/2015 depositata il 02/12/2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/11/2024 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
La contribuente ha impugnato con sei motivi di ricorso per cassazione la sentenza della CTR di Bari che, nel rigettarne l’appello, aveva statuito la legittimità e fondatezza dell’avviso di accertamento finalizzato al recupero nei confronti della società di maggiori importi fiscali dovuti. La CTP aveva respinto l’originario ricorso della contribuente, che aveva intrattenuto rapporti con l’associazione sportiva RAGIONE_SOCIALE, erogandole somme. A fronte delle fatture esibite dalla contribuente, in risposta al questionario dell’Agenzia, quest’ultima ha notificato l’atto impositivo impugnato, con il quale ha contestato l’effettività e l’inerenza delle spese di pubblicità. Nel 2007 la società aveva, infatti, registrato un’unica fattura di euro 84.000 per prestazioni pubblicitarie, deducendo spese per euro 35.000, oltre all’IVA. L’Agenzia si è costituita dinanzi a questa Corte con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 24 Cost., dell’art. 59, co. 1, lett. b), D.Lgs. n. 546 del 1992, dell’art. 115 disp.att. c.p.c., per avere il giudice d’appello trascurato di statuire la nullità della sentenza di primo grado e di disporre la rimessione della causa alla CTP competente, ancorché il giudice di primo grado avesse omesso di rinviare l’udienza di trattazione della causa ad altra data successiva, pur a fronte dell’esplicita e motivata richiesta di rinvio da parte del difensore, violando in tal modo -contemporaneamente -il diritto al contraddittorio e il diritto di difesa.
Con il secondo motivo di ricorso si censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 42, co. 1, d.P.R. n. 600 del 1973, dell’art. 21 -septies L. n. 241 del 1990 e dell’art. 2, co. 1, L. n. 148 del 2002, nonché dell’art. 2697 c.c., in quanto il giudice d’appello, nonostante l’espressa contestazione, di esistenza di una legittima ‘ delega alla
firma dell’atto ‘, non prodotta in giudizio, ha concluso per la validità dell’avviso di accertamento.
Con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 60, co. 1, d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 110 d.P.R. n. 1229 del 1959, in quanto il giudice d’appello non ha concluso per la nullità dell’avviso, stante l’inesistenza della relativa notifica, invero priva di relata e inidonea a dimostrare l’effettuazione a cura di un messo speciale autorizzato dall’Ufficio.
Con il quarto motivo si lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 12, co. 2, L. n. 212 del 2000, in quanto il giudice d’appello ha concluso per la legittimità dell’avviso di accertamento, benché non constasse ‘ plausibile spiegazione riguardo alle ragioni che avrebbero dato origine al controllo, quali la fonte di innesco, il criterio selettivo di segnalazione del ricorrente, l’input della verifica ‘.
Con il quinto motivo si censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 D.Lgs. n. 218 del 1997 e degli artt. 6 e 12, co. 7, L. n. 212 del 2000, in quanto il giudice ha concluso per la legittimità dell’avviso, ancorché non preceduto dal contraddittorio preventivo.
Con il sesto motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e 25 L. n. 133 del 1999, per avere il giudice d’appello concluso per la fondatezza del recupero operato dall’Ufficio nonostante quest’ultimo non avesse dimostrato l’indeducibilità nell’anno 2007 delle spese di pubblicità sostenute in dipendenza del contratto stipulato con l’associazione sportiva RAGIONE_SOCIALE, pur a fronte della provata inerenza ed effettività delle stesse.
Il primo motivo è infondato.
La CTR ha fatto applicazione dell’insegnamento nomofilattico, alla stregua del quale ‘ L’istanza di rinvio dell’udienza di discussione della causa per grave impedimento del difensore, ai sensi dell’art. 115 disp. att. cod. proc. civ., deve fare riferimento all’impossibilità
di sostituzione mediante delega conferita ad un collega (facoltà generalmente consentita dall’art. 9 del r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578 e tale da rendere riconducibile all’esercizio professionale del sostituito l’attività processuale svolta dal sostituto), venendo altrimenti a prospettarsi soltanto un problema attinente all’organizzazione professionale del difensore, non rilevante ai fini del differimento dell’udienza ‘ (Cass., Sez. Un., n. 4773 del 2012). Questa Corte ancor più di recente ha affermato che ‘ Il rinvio dell’udienza di discussione della causa per grave impedimento del difensore, ai sensi dell’art. 115 disp. att. c.p.c., applicabile anche nel processo tributario ex art. 1 del d.lgs. n. 546 del 1992, presuppone l’impossibilità di sostituzione dello stesso, venendo in difetto in rilievo una carenza organizzativa del professionista incaricato che non consente la concessione del differimento di tale udienza, con conseguente legittimità della sentenza pronunciata a seguito del legittimo diniego del provvedimento di rinvio ‘ (Cass. n. 25783 del 2018).
Il secondo motivo è inammissibile.
Consta un accertamento di fatto della CTR, la quale ha evidenziato il deposito di ‘ disposizione di servizio ‘, con ‘ conferimento deleghe di firma ‘, soggiungendo che ‘ la Dottoressa NOME COGNOME ha sottoscritto l’avviso di accertamento ‘ ed ‘ era legittimata a farlo ‘.
A questo accertamento, espresso dal giudice d’appello nell’esercizio del sindacato ad esso riservato, la contribuente contrappone una diversa ricostruzione, che non veicola una violazione di legge, ma tende a rivisitare il merito della controversia. Eppure, il giudice d’appello ha chiarito sia il profilo della provenienza dell’atto, sia quello della sua idoneità ad esprimere la volontà dell’ente. Tanto la provenienza dell’atto dall’ufficio, quanto la sua idoneità ad manifestarne la volontà, d’altronde, si presumono, finché non venga provata la non appartenenza del sottoscrittore all’ufficio o,
comunque, l’usurpazione dei relativi poteri (cfr. Cass. n. 220 del 2014; Cass. n. 874 del 2009).
Il terzo motivo è infondato.
La CTR ha accertato la regolarità della notifica contestata, evidenziando come l’Ufficio abbia ‘ prodotto gli avvisi di ricevimento delle raccomandate ‘, tra l’altro ritualmente firmati ‘ da persona abilitata, oltreché dall’agente postale’.
Come è noto, a partire dal 15 maggio 1998, data di entrata in vigore dell’art. 20 della L n. 146 del 1998 (che ha modificato l’art. 14 della L. n. 890 del 1982), gli uffici finanziari possono procedere alla notificazione a mezzo posta ed in modo diretto degli avvisi e degli atti che per legge vanno notificati al contribuente. Ne consegue che, quando il predetto ufficio si sia avvalso di tale facoltà di notificazione semplificata, alla spedizione dell’atto si applicano le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle della L. n. 890 del 1982 (in quanto le disposizioni di cui alla L. 20 novembre 1982, n. 890 concernono esclusivamente la notifica eseguita dall’ufficiale giudiziario ex art. 149 c.p.c.). Ne deriva altresì che non va redatta alcuna relata di notifica o annotazione specifica sull’avviso di ricevimento in ordine alla persona cui è stato consegnato il plico, e l’atto pervenuto all’indirizzo del destinatario deve ritenersi ritualmente consegnato a quest’ultimo, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c., superabile solo se il medesimo dia prova di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilità di prenderne cognizione (Cass. n. 15315 del 2014; Cass. n. 14501 del 2016), non rendendosi affatto necessario l’invio della raccomandata al destinatario (Cass. n. 8293 del 2018). D’altra parte, in siffatta evenienza, ai fini della validità della notifica, è sufficiente che il plico sia consegnato al domicilio del destinatario e che il relativo avviso di ricevimento sia sottoscritto dalla persona rinvenuta dall’ufficiale postale, non essendo
necessario che da esso risulti anche la qualità del consegnatario o la sua relazione con il destinatario (Cass. n. 19795 del 2017).
Il quarto motivo è inammissibile.
La CTR ha accertato che l’avvio del controllo è correlato alla ‘ verifica dei rapporti di sponsorizzazione intrattenuti dalla contribuente con l’Associazione Sportiva RAGIONE_SOCIALE ‘Noicattaro RAGIONE_SOCIALE‘ al fine dell’accertamento del regolare trattamento fiscale della predette spese in rapporto al reddito dichiarato ‘. Nella pedissequa riproposizione della censura puntualmente disattesa in appello si scorge il tentativo inammissibile di ottenere una rivisitazione del merito della controversia, invero preclusa nella presente sede. Il motivo traligna il recinto della violazione di legge per invocare, in effetti, un nuovo apprezzamento di fatto.
Il quinto motivo non coglie nel segno e va disatteso.
Con esso si reitera la doglianza tesa a rimarcare l’inosservanza del contraddittorio preventivo rispetto alla notifica dell’atto impositivo.
Ora, il rispetto del contraddittorio costituisce un principio generale del diritto unionale, che trova applicazione ogni qualvolta l’Amministrazione possa o debba assumere nei confronti di un soggetto un atto lesivo.
Tuttavia, la violazione del detto principio è suscettibile di determinare l’invalidità del provvedimento solo se il contribuente dimostri che il rispetto dello stesso avrebbe condotto ad un risultato diverso, quindi provi un pregiudizio concreto al proprio diritto di difesa (cd. prova di resistenza).
Nella specie, detta dimostrazione non è avvenuta, essendo mancata a monte persino la deduzione del risultato diverso e del pregiudizio subito. In altri termini, la violazione del contraddittorio è stata veicolata dalla contribuente alla stregua di contestazione generica e puramente formale. Il contribuente non ha, invero, prospettato in ricorso, men che meno dimostrato, che al netto dell’irregolarità lamentata il procedimento avrebbe potuto sortire
un esito diverso. Ciò comporta che la censura debba essere disattesa.
Il sesto motivo è infondato.
La CTR osserva il deficit di inerenza degli esborsi oggetto di causa, avuto riguardo essenzialmente alla cronologia dei pagamenti e alla loro entità disallineata rispetto alle previsioni contrattuali.
Appare evidente che il giudice regionale abbia compiuto un accertamento di fatto, esercitando un sindacato di merito sulla pretesa fiscale. L’ambizione della contribuente di ottenere una più appagante rivisitazione del merito in parola traligna vistosamente il paradigma del vizio di cui al n. 3 dell’art. 360 c.p.c., volgendolo a finalità eccentriche rispetto alla sua connotazione.
Il ricorso va, in ultima analisi, rigettato. Le spese sono regolate dalla soccombenza, nella misura esplicitata in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.300,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 06/11/2024.