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Spese di pubblicità e inerenza: la decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una società contro un avviso di accertamento che negava la deducibilità di ingenti spese di pubblicità per una sponsorizzazione sportiva. L’ordinanza conferma che spetta al contribuente dimostrare l’effettività e l’inerenza dei costi sostenuti. Vengono inoltre respinte tutte le eccezioni procedurali, inclusa quella sulla mancata attivazione del contraddittorio preventivo, poiché la società non ha fornito la necessaria ‘prova di resistenza’, ovvero non ha dimostrato come un esito diverso sarebbe stato possibile.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Spese di pubblicità e inerenza: la decisione della Corte

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale per le imprese: la deducibilità delle spese di pubblicità. La decisione ribadisce principi fondamentali riguardo l’onere della prova a carico del contribuente e la rilevanza dei vizi procedurali sollevati contro l’operato dell’Agenzia delle Entrate. Analizziamo nel dettaglio questa importante pronuncia.

I Fatti di Causa

Una società si è vista notificare un avviso di accertamento con cui l’Amministrazione Finanziaria contestava la deducibilità di significative spese di pubblicità sostenute nell’anno 2007. Tali costi derivavano da un contratto di sponsorizzazione con un’associazione sportiva dilettantistica locale.

L’Agenzia delle Entrate metteva in dubbio l’effettività e, soprattutto, l’inerenza di tali spese, ovvero la loro reale correlazione con l’attività d’impresa e la loro idoneità a generare ricavi. Sia la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) che la Commissione Tributaria Regionale (CTR) avevano dato ragione al Fisco, confermando la legittimità del recupero fiscale. La società, ritenendo la decisione ingiusta, ha quindi proposto ricorso per cassazione.

I Motivi del Ricorso e la Deducibilità delle Spese di Pubblicità

Il contribuente ha basato il proprio ricorso su sei distinti motivi, che possono essere raggruppati in due categorie: vizi procedurali e questioni di merito.

Tra i vizi procedurali, la società lamentava:
1. La violazione del diritto di difesa per il mancato rinvio di un’udienza.
2. La presunta nullità dell’avviso per difetto di firma o delega valida.
3. L’irregolarità della notifica dell’atto.
4. La mancata esplicitazione delle ragioni che avevano dato origine al controllo fiscale.
5. La violazione del principio del contraddittorio preventivo.

Nel merito, la società contestava la decisione dei giudici di secondo grado di aver ritenuto infondata la pretesa deducibilità delle spese di pubblicità, nonostante le prove fornite sulla loro effettività e inerenza.

L’Analisi della Corte sui Vizi Formali

La Suprema Corte ha respinto tutte le censure di carattere procedurale. In particolare, ha chiarito che:
* Rinvio dell’udienza: L’impedimento del difensore giustifica un rinvio solo se è impossibile delegare un sostituto, altrimenti rientra nella normale organizzazione professionale.
* Firma dell’atto: La firma apposta da un funzionario dell’ufficio si presume legittima. Spetta al contribuente provare il contrario, ad esempio dimostrando l’usurpazione di potere.
* Notifica: La notifica diretta a mezzo posta da parte degli uffici finanziari segue le regole del servizio postale ordinario, più semplici di quelle previste per le notifiche giudiziarie, ed è da considerarsi valida se il plico giunge all’indirizzo del destinatario.
* Contraddittorio preventivo: La sua violazione non comporta l’automatica nullità dell’atto. Il contribuente deve superare la cosiddetta “prova di resistenza”, ossia dimostrare che, se fosse stato ascoltato, l’esito del procedimento sarebbe stato diverso e a lui favorevole. Nel caso di specie, tale prova non è stata fornita.

L’Indeducibilità delle Spese di Pubblicità: Le Motivazioni

Il cuore della decisione riguarda il sesto motivo, relativo alla non deducibilità delle spese di pubblicità. La Corte di Cassazione ha confermato la sentenza della CTR, sottolineando come la valutazione sull’inerenza dei costi sia un accertamento di fatto riservato ai giudici di merito.

La CTR aveva basato la sua decisione su elementi concreti, come la cronologia dei pagamenti e l’entità delle somme, ritenendoli “disallineati” rispetto alle previsioni contrattuali. Questo ha portato i giudici a concludere per un “deficit di inerenza” degli esborsi. In sostanza, il contribuente non è riuscito a dimostrare in modo convincente che quelle spese fossero state realmente sostenute per promuovere la propria attività e non per altre finalità.

La Corte di Cassazione, non potendo riesaminare i fatti, ha ritenuto l’operato del giudice regionale immune da vizi logici o giuridici, confermando che il tentativo del contribuente era quello di ottenere una inammissibile rivisitazione del merito della controversia.

Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida due principi fondamentali in materia tributaria. In primo luogo, l’onere di provare l’inerenza e l’effettività delle spese di pubblicità ricade interamente sul contribuente, che deve fornire documentazione e prove concrete a supporto della propria tesi. In secondo luogo, le contestazioni puramente formali contro un avviso di accertamento hanno scarsa probabilità di successo se non sono accompagnate dalla prova di un effettivo e concreto pregiudizio al diritto di difesa. Per le imprese, la lezione è chiara: la massima attenzione alla documentazione e alla trasparenza è essenziale per poter legittimamente dedurre i costi sostenuti.

Quando è possibile ottenere il rinvio di un’udienza per un grave impedimento del difensore?
Secondo la Corte, il rinvio è giustificato solo quando l’impedimento rende impossibile la sostituzione del difensore tramite delega a un collega. Se la sostituzione è possibile, la mancata partecipazione è considerata una questione di organizzazione interna dello studio legale e non una violazione del diritto di difesa.

La mancanza del contraddittorio preventivo rende sempre nullo l’avviso di accertamento?
No. La violazione del contraddittorio preventivo determina l’invalidità dell’atto solo se il contribuente fornisce la cosiddetta ‘prova di resistenza’. Deve cioè dimostrare in modo specifico che, se avesse potuto partecipare al procedimento prima dell’emissione dell’atto, avrebbe fornito elementi tali da condurre a un risultato finale diverso e a lui più favorevole.

Chi deve provare che le spese di pubblicità sono deducibili dal reddito d’impresa?
L’onere della prova spetta interamente al contribuente. Egli deve dimostrare non solo di aver effettivamente sostenuto il costo (prova dell’effettività), ma anche che tale costo è strettamente collegato all’attività d’impresa e finalizzato a produrre ricavi (prova dell’inerenza). In questo caso, la Corte ha confermato che il contribuente non aveva adeguatamente provato l’inerenza delle spese di sponsorizzazione contestate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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