Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20047 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20047 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7370/2022 R.G. proposto da: COGNOME rappresentato e difeso da sé medesimo -ricorrente- contro
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocatura generale dello Stato
-controricorrente-
nonchè contro
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE (GIÀ EQUITALIA RAGIONE_SOCIALE)
-intimata- avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LAZIO n. 4662/2021 depositata il 20/10/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.La Commissione Tributaria Regionale del Lazio, con sentenza n. 4662 /2021, respingeva l’appello proposto da Daniel del Monte avverso la sentenza della C.T.P. di Roma e lo condannava al pagamento delle spese di giudizio per un importo di 440 euro. In
particolare, la Corte distrettuale statuiva che .
Avverso detta pronuncia, ricorre per la sua cassazione il contribuente, sulla base di due motivi.
Replica con controricorso l’ufficio del giudice di pace.
Il ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 -bis1 c.p.c., in prossimità dell’udienza.
MOTIVI DI DIRITTO
1.Il primo articolato strumento di impugnazione deduce la .
Il giudicante avrebbe errato nel condannare il ricorrente al pagamento delle spese di lite, in quanto la controparte Agenzia delle Entrate Riscossione non era costituita, mentre Ufficio del Giudice di Pace risulta essersi costituito in giudizio mediante il funzionario delegato e non mediante Avvocato.
Si afferma che l’autorità amministrativa che ha emesso il provvedimento sanzionatorio, quando sta in giudizio personalmente o avvalendosi di un funzionario appositamente delegato, non può ottenere la condanna dell’opponente, che sia soccombente, al pagamento dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato, difettando le relative qualità nel funzionario amministrativo che sta in giudizio, per cui sono, in tal caso, liquidabili in favore dell’ente le spese, diverse da quelle generali, che abbia concretamente affrontato in quel giudizio e purché risultino da apposita nota.
Inoltre, si evidenzia che vi erano giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese, in virtù della complessità e novità delle
questioni giuridiche, nonché della responsabilità anche della controparte nell’instaurazione della lite.
Il ricorrente – ravvisando nella condotta della controparte che ha richiesto la condanna al pagamento delle spese del giudizio di merito una condotta ingannevole che avrebbe ingenerato la conseguente erronea condanna al pagamento delle spese di lite pronunciata dal Giudice di appello -propone domanda di condanna del controricorrente ai sensi dell’art. 96, terzo comma, c.p.c.
3.Il primo motivo non ha pregio, assorbita la domanda di condanna ex art. 96, terzo comma, c.p.c.
3.1.Il decreto-legge 8 agosto 1996, n. 437, coordinato con la legge di conversione 24 ottobre 1996, n. 556, prevedeva all’art. art. 12. (Modifiche alla disciplina sul processo tributario) comma 1 lett. b) quanto segue: >; con successiva modifica, a far data dal 1.1.2013, in forza della legge 24 dicembre 2012, n. 228, all’arti comma 32, la disposizione veniva così precisata: .( Cass. n. 20530/2021; Cass. n. 4180/2024, Cass. n. 4222/2024).
3.2.Infine con la previsione attualmente vigente di cui al d.lgs. 24 settembre 2015, n. 156, Misure per la revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario, con decorrenza 01/01/2016, all’art. 9 comma 1 lett. f) n. 2-sexies, attualmente in vigore, si prevede che .
3.3.Pur con alcune varianti, attinenti, tuttavia (nelle varie novelle succedutesi), alle modalità di determinazione dei compensi, il principio della ripetibilità delle spese, in caso di contenzioso con enti, assistiti da propri funzionari, è stato sempre confermato, e per completezza, non va omesso che del tema è stata investita anche la Corte Costituzionale (ord. 8/10/2010, n. 292), che, tuttavia, non ha esaminato la questione nel merito, avendo ritenuto il quesito proposto manifestamente inammissibile per carenza di chiarezza motivazionale nell’ordinanza di rimessione.
3.4.Considerato che in tutte le disposizioni che si sono succedute, pur mantenendo costante il parametro del compenso spettante agli avvocati, si è stabilito che il compenso debba essere riconosciuto, è evidente che, in materia tributaria, il processo ha una sua autonomia, non solo per specifiche disposizioni normative, ma anche, evidentemente, per la gestione del processo stesso, che, al di là di quello che avviene nel contesto di altri procedimenti, richiede una particolare competenza nella trattazione, sia che ci si
trovi in presenza di difesa tecnica, sia che questa difesa, sulla base delle stesse norme procedurali, sia svolta da un funzionario o dipendente all’uopo delegato.
3.5.Sotto altro profilo, va evidenziato come la Corte Costituzionale, con ordinanza n. 117 del 1999, investita, tra l’altro, del tema della disparità di trattamento tra la normativa di cui all’art. 23 legge n. 689/81 (modifiche al sistema penale) e dell’art. 91 c.p.c., in ragione dell’inoperatività dell’onere delle spese processuali a carico del soccombente, abbia ritenuto la manifesta infondatezza della questione, in ragione del riconoscimento al legislatore della più ampia discrezionalità nel dettare le norme processuali, con il solo limite della non irrazionale predisposizione degli strumenti di tutela, ed in particolare, la Corte ha affermato che: a) l’istituto della condanna del soccombente al pagamento delle spese di giudizio, pur avendo carattere generale, non ha portata assoluta ed inderogabile; che b) il regolamento delle spese processuali non incide sulla tutela giurisdizionale del diritto di chi agisce o si difende in giudizio; che, infine, c) un modello processuale non necessariamente deve costituire un parametro per un rito diverso, essendo giustificata la non simmetrica costruzione delle norme processuali in tema di spese di lite, allorquando esse si sostanzino in strumenti processuali ricollegati a differenti sistemi, in sé compiuti ed affatto autonomi, diretti a regolare materie non omogenee. In tal senso, la Corte ha fatto esplicito riferimento al processo tributario (art. 15 d.lgs n. 546/1992), indicandolo come riferimento inidoneo per ritenere sussistente la violazione del principio di uguaglianza tra le norme citate.
3.6.Da quanto argomentato, si ritiene possa ritenersi la particolarità normativa prevista in materia di spese e compensi processuali nell’ambito del processo tributario, che, come visto, è stata mantenuta costante nel tempo e che impedisce di decidere in senso difforme dal Collegio d’appello, in violazione di una volontà
chiaramente espressa dal legislatore, e si deve, quindi, anche in questa sede, in aderenza al dettato normativo, riconoscere come corretta la condanna alle spese in favore dell’amministrazione.
Sotto il diverso profilo della censurata statuizione di condanna alle spese di lite, si osserva che correttamente il decidente ha posto le spese di lite a carico della ricorrente, in virtù del principio di causalità.
5.In ogni caso, il motivo non supera il vaglio di ammissibilità.
5.1. E’ pacifico in giurisprudenza che la facoltà di disporre la compensazione delle spese processuali tra le parti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non è tenuto a dare ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l’eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione (ex multis, Cass. Sez. Unite, 15 luglio 2005, n. 14989). Non è sindacabile, dunque, in sede di legittimità come violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. la decisione del giudice di merito di non procedere alla compensazione tra le parte delle spese di lite in caso di rinuncia al ricorso (Cass. n. 33751/2022).
6.Sulla scorta di quanto precede, il primo motivo di ricorso va pertanto respinto, assorbita la domanda di condanna per responsabilità aggravata del controricorrente.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il contribuente al pagamento delle spese di questo giudizio in favore dell’Ufficio del Giudice di Pace di Roma controricorrente che liquida in euro 500,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di