Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26282 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Relatore: NOME COGNOME
– SEZIONE TRIBUTARIA –
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26282 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/09/2025
OGGETTO
composta dai seguenti magistrati:
NOME COGNOME
Presidente
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere – rel.-
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
Ud. 09/07/2025
MOTIVAZIONE APPARENTE COMPENSAZIONE SPESE DI LITE
ha deliberato di pronunciare la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9856/2022 del ruolo generale, proposto
DA
COGNOME NOME (codice fiscale CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa, in ragione di procura e nomina poste in calce al ricorso, dall’avv. NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE.
– RICORRENTE –
CONTRO
l’ RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE -già RAGIONE_SOCIALE
– INTIMATA – per la cassazione della sentenza n. 8826/13/2021 della Commissione tributaria regionale della Sicilia, depositata il 7 ottobre 2021, non notificata.
Numero registro generale 9856/2022
Numero sezionale 5878/2025
UDITA la relazione svolta all’udienza camerale del 9 luglio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME Numero di raccolta generale 26282/2025 Data pubblicazione 27/09/2025
FATTI DI CAUSA
Con l’impugnata sentenza la Commissione tributaria regionale della Sicilia, chiamata -per quanto ora occupa -a decidere sull’appello proposto dalla contribuente avverso la sentenza di primo grado che, pur accogliendo il ricorso per prescrizione del credito, aveva compensato le spese di lite, ha rigettato il gravame e confermato la pronuncia impugnata, assumendo che « Va confermata la compensazione delle spese di giudizio nonostante la regolare notifica della cartella di pagamento e della successiva intimazione che i giudici di primo grado hanno ritenuto di non accogliere per prescrizione » (così nella sentenza impugnata).
NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione avverso detta pronuncia con atto notificato il 7 aprile 2022, formulando tre motivi di impugnazione.
L’Agenzia delle Entrate – Riscossione è restata intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso la contribuente ha eccepito, ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 4, c.p.c., la violazione degli artt. 132 e 118, disp att., c.p.c., nonché degli artt. 36 e 61 d.lgs. n. 546/92 e dell’art. 111 Cost., eccependo l a nullità della sentenza stante l’assenza di una effettiva motivazione, essendosi il Giudice d’appello limitato a formulare delle considerazioni prive di apparente senso logico nella parte in cui aveva affermato che la Commissione Tributaria Provinciale non aveva accolto la domanda di
Numero sezionale 5878/2025
condanna alla refusione delle spese di lite, attesa l’intervenuta prescrizione del diritto. Numero di raccolta generale 26282/2025 Data pubblicazione 27/09/2025
Con la seconda censura la ricorrente ha eccepito, a mente dell’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., la violazione dell’art. 15 d.lgs. n. 546/1992 e dell’art. 92 c.p.c., nonchè degli artt. 24 e 111 Cost., per non avere la Commissione accolto l’appello e, in applicazione del principio di causalità, condannato la resistente alla refusione delle spese di lite.
Con la terza doglianza l’istante ha lamentato, a mente dell’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., la violazione dell’art. 15 d.lgs. n. 546/1992 per non avere la Commissione condannato la controparte al pagamento delle spese di lite.
Il ricorso va accolto nel suo secondo e terzo motivo, che vanno scrutinati congiuntamente in quanto connessi.
Va, infatti, respinta la prima censura relativa alla dedotta motivazione apparente della pronuncia in esame.
5.1. Sul piano dei principi va ricordato che questa Corte (a partire da Cass. Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053) ha ripetutamente precisato che deve ritenersi apparente la motivazione che, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non renda tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perchè munita di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’ iter logico seguito per la formazione del convincimento, in modo tale da non consentire alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture, restando, invece, esclusa qualunque
rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (v., tra le tante, Cass. Sez. U., 22 settembre 2014, n. 19881; Cass., Sez. U., 5 agosto 2016, n. 16599; Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232; Cass., 7 aprile 2017, n. 9105; Cass. Sez. U., 24 marzo 2017, n. 7667; Cass., Sez. U., 9 giugno 2017, n. 14430; Cass., Sez. U., 19 giugno 2018, n. 16159; Cass., Sez. U., 18 aprile 2018, n. 9558 e Cass., Sez. U., 31 dicembre 2018, n. 33679; Cass., 18 settembre 2019, n. 23216; Cass., 23 maggio 2019, n. 13977; Cass., Sez. T, 31 gennaio 2023, n. 2689; e da ultimo Cass., Sez. T., 29 luglio 2024, n. 21174). Numero sezionale 5878/2025 Numero di raccolta generale 26282/2025 Data pubblicazione 27/09/2025
5.2. Nella specie -come sopra esposto – la Commissione regionale ha confermato « la compensazione delle spese di giudizio nonostante la regolare notifica della cartella di pagamento e della successiva intimazione che i giudici di primo grado hanno ritenuto di non accogliere per prescrizione», con ciò, dunque, ribadendo la valutazione d el primo Giudice (oggetto di gravame), che aveva compensato le spese di lite «attese le modalità di accoglimento del ricorso» (così a pagina n. 2 del ricorso).
Si desume da tale affermazione che il motivo per considerare corretta la decisione di compensare le spese di lite sia stata la circostanza che il ricorso fosse stato accolto ‘solo’ per la sopravvenuta prescrizione del credito, così dando rilevanza, ai fini delle spese, al comportamento della contribuente che non aveva assolto all’obbligo tributario, nonostante le varie richieste dell’agente della riscossione.
In tale prospettiva va riconosciuto che la motivazione esiste nel suo minimo costituzionale ed è intellegibile; solo che è palesemente errata, il che -come anticipato -giustifica l’accoglimento degli altri due motivi.
6. La decisione impugnata si è, infatti, posta in violazione dell’art. 15, commi 1 e 2, d.lgs. n. 546/1992, siccome contraria al principio di causalità, cui si correla la regola della soccombenza, che governa la disciplina delle spese di giudizio. Numero sezionale 5878/2025 Numero di raccolta generale 26282/2025 Data pubblicazione 27/09/2025
Va rammentato che le Sezioni Unite di questa Corte, nel condividere l’individuazione del principio di soccombenza quale canone generale in tema di regolamentazione delle spese di lite hanno evidenziato che la Corte costituzionale « ha tenuto a ribadire la portata generale del principio di soccombenza, affermando che «l’alea del processo grava sulla parte soccombente perché è quella che ha dato causa alla lite, non riconoscendo, o contrastando, il diritto della parte vittoriosa ovvero azionando una pretesa rivelatasi insussistente» ed aggiungendo che « è giusto, secondo un principio di responsabilità, che chi è risultato essere nel torto si faccia carico, di norma, anche delle spese di lite, delle quali invece debba essere ristorata la parte vittoriosa»; ciò ponendo « in risalto anche l’accessorietà della regolamentazione delle spese rispetto alla pronuncia che definisce il giudizio, nonché il carattere funzionalmente servente di tale regolamentazione rispetto alla realizzazione della tutela giurisdizionale come diritto costituzionalmente garantito, precisando che, sebbene non costituisca una regola assoluta, la liquidazione delle spese e delle competenze in favore della parte vittoriosa costituisce il normale complemento dell’accoglimento della domanda (cfr. sent. n. 77 del 2018; v. anche sent. n. 303 del 1986)» (così Cass., Sez. Un., 31 ottobre 2022, n. 32061).
6.1. Ciò posto, va riconosciuto che la decisione impugnata si sia posta contro l’operatività di tali principi sulla scorta di una valutazione palesemente illogica, inconsistente o
Numero registro generale 9856/2022
Numero sezionale 5878/2025
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manifestamente erronea, configurandosi sotto tale prospettiva il vizio di violazione di legge, denunciabile in sede di legittimità sotto il profilo (non della scelta di compensare le spese, ma) dell’insussistenza delle gravi ed eccezionali ragioni per farlo, come poste a base della pronuncia in rassegna (cfr., su tali principi, tra le tante, Cass. Sez. 6-3, ord. 3 luglio 2019, n. 17816; Cass., Sez. III, 8 marzo 2024, n. 6424; Cass., Sez. V., 9 marzo 2017, n. 6059; Cass., Sez. VI/V, 31 maggio 2016, n. 11222). Data pubblicazione 27/09/2025
Vero è, difatti, che la prescrizione è una causa di estinzione dell’obbligazione tributaria, che però non è certamente imputabile alla contribuente, mentre l’impugnazione da parte di questa si è resa necessaria per evitare il consolidarsi di una pretesa ormai estinta.
A nulla vale la circostanza dell’omesso pagamento del tributo, integrando tale fatto la ragione per esigerlo nei tempi normativamente stabiliti, senza però escludere la piena operatività del principio di causalità nei termini sopra considerati una volta accertata l’inerzia dell’agente della riscossone e, dunque, il ritardo con cui ha rinnovato la richiesta di pagamento, inducendo la contribuente ad introdurre il processo, il cui costo non può esserle nemmeno in parte addebitato per la ragione indicata dal Giudice regionale, la quale giustifica, in realtà, solo l’esito vittorioso del giudizio per l’istante e, dunque, la condanna alle spese quale suo epilogo naturale.
Per tali ragioni la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari accertamenti in fatto, la causa va decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, c.p.c., condannando l’Agenzia delle Entrate -Riscossione al pagamento delle spese di giudizio a favore della ricorrente, che liquida per
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ciascuno dei gradi merito nella misura di 300,00 € per competenze, oltre accessori e per il presente grado nella somma di 400,00 € per competenze, sempre oltre accessori. Numero di raccolta generale 26282/2025 Data pubblicazione 27/09/2025
P.Q.M.
la Corte accoglie il secondo ed il terzo motivo di ricorso, rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo la causa nel merito, condanna l’Agenzia delle Entrate-Riscossione al pagamento delle spese di giudizio a favore della ricorrente, che liquida per ciascuno dei gradi merito nella misura di 300,00 € per competenze, oltre accessori e per il presente grado nella somma di 400,00 € per competenze, oltre accessori.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9 luglio 2025.
IL PRESIDENTE
NOME COGNOME