Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1556 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1556 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 351-2016, proposto da:
NOME RAGIONE_SOCIALE (C.F. P_IVA, in persona del legale rappresentante p.t., rapp. e dif., in virtù di procura speciale in calce al ricorso, dagli AVV.NOME COGNOME e COGNOME EMAIL, presso il cui studio è elett.te dom.ta in ROMA, alla INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F. P_IVA), in persona del Direttore p.t., legale rappresentante, dom.to in ROMA, alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rapp. e dif.;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 990 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE dell’ABRUZZO, sez. st. di PESCARA, depositata il 25/09/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/07/2023 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che l’ RAGIONE_SOCIALE notificò alla RAGIONE_SOCIALE un avviso di accertamento con cui l’Ufficio ha provveduto a riprese per I.R.A.P. ed I.V.A. relativamente all’anno di imposta 2006;
che la contribuente, in uno ai soci RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE impugnò detto provvedimento innanzi alla C.T.P. di Chieti che, con sentenza n. 62/4/12, accolse il ricorso;
che, tanto la RAGIONE_SOCIALE quanto la RAGIONE_SOCIALE proposero, rispettivamente, appello in via principale ed in via incidentale subordinata, innanzi alla C.T.R. della Abruzzo, sez. st. di Pescara, la quale, con sentenza n. 990, depositata il 25/09/2015, disattesa l’eccezione di inammissibilità dell’appello principale per difetto di specificità dei relativi motivi, lo accolse, con rigetto del gravame incidentale subordinato, osservando -per quanto in questa sede ancora rileva – da un lato, come (a) la notifica dell’atto impositivo, eseguita a mezzo posta, dovesse considerarsi corretta (anche per avere raggiunto il proprio scopo) e, dall’altro, (b) la contribuente non avesse fornito prova dell’esistenza e della deducibilità fiscale dei componenti negativi del reddito sottesi alle riprese dell’Ufficio, per non averne dimostrato la certezza ed inerenza;
che avverso tale decisione la NOME RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi; si è costituita con controricorso l’ AGENZIA DELLE ENTRATE;
Rilevato che il ricorso non è stato notificato nei confronti della RAGIONE_SOCIALE né della RAGIONE_SOCIALE sennonché, l’esito del
ricorso consente di non integrare il contraddittorio nei confronti delle predette società, trattandosi di un’attività processuale del tutto ininfluente sull’esito del giudizio né essendovi, in concreto, esigenze di tutela del contraddittorio, delle garanzie di difesa e del diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità (Cass., Sez. 2, 10.5.2018, n. 11287, Rv. 648501-01);
Rilevato che con il secondo motivo – da esaminare in via preliminare, per priorità logico-giuridica -parte ricorrente lamenta (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.) la ‘ nullità della sentenza per violazione degli artt. 24 e 111, VI comma Cost., 132, II comma, n. 4, 342 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c. e 36, II comma, n. 4 e 53 I comma del D.Lgs. n. 546/1992 ‘ (cfr. ricorso, p. 17), per avere la C.T.R. erroneamente ritenuto ammissibile il gravame principale dell’ AGENZIA, sebbene i relativi motivi non fossero specifici; che il motivo è inammissibile;
che è ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il principio per cui gli artt. 342 e 434 cod. proc. civ., nel testo formulato dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, come -per quanto in questa sede interessa l’art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di
appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata (Cass., Sez. U, 16.11.2017, n. 27199, Rv. 645991-01);
che a quanto precede aggiungasi che, avuto precipuo riguardo al processo tributario, la riproposizione, a supporto dell’appello, delle ragioni inizialmente poste a fondamento dell’impugnazione del provvedimento impositivo (per il contribuente) ovvero della dedotta legittimità dell’accertamento (per l’Amministrazione finanziaria), in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado, assolve l’onere di impugnazione specifica imposto dall’art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, quando il dissenso investa la decisione nella sua interezza e, comunque, ove dall’atto di gravame, interpretato nel suo complesso, le ragioni di censura siano ricavabili, seppur per implicito, in termini inequivoci (Cass., Sez. 5, 20.12.2018, n. 32954, Rv. 65214201);
che, premesso quanto precede, ove il ricorrente denunci la violazione e falsa applicazione dell’art. 342 cod. proc. civ. (ovvero, come nella specie, dell’art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992), conseguente alla mancata declaratoria di inammissibilità dell’atto di appello per genericità dei motivi, deve riportare nel ricorso, nel loro impianto specifico, i predetti motivi formulati dalla controparte, giacché l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un error in procedendo , presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dall’onere di specificare (a pena, appunto, di inammissibilità) il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche specificamente i fatti processuali alla base dell’errore
denunciato, e tale specificazione deve essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione, proprio per assicurare il rispetto del principio di autosufficienza di esso (arg. da Cass., Sez. 1, 23.12.2020, n. 29495, Rv. 660190-01);
che ciò implica, in ultima analisi che, ove censuri la mancata statuizione di inammissibilità dell’appello proposto dalla controparte, per difetto di specificità dei relativi motivi, il ricorrente per cassazione non può limitarsi a rinviare all’atto di appello, ma deve riportarne il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa carenza di specificità;
che il principio è stato anche recentemente affermato da questa Corte con riferimento alle ricadute, sul giudizio di legittimità, delle indicazioni fornite dalla sentenza CEDU del 28 ottobre 2021 (causa COGNOME ed altri c/Italia): la deduzione della questione dell’inammissibilità dell’appello, a norma dell’art. 342 cod. proc. civ. (nella specie in esame, dell’art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992), integrante error in procedendo , che legittima l’esercizio, ad opera del giudice di legittimità, del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, presuppone pur sempre l’ammissibilità del motivo di censura, avuto riguardo al principio di specificità di cui all’art. 366, comma 1, n. 4 e n, 6, cod. proc. civ., che deve essere modulato, in conformità alle indicazioni della richiamata pronunzia, secondo criteri di sinteticità e chiarezza, realizzati dalla trascrizione essenziale degli atti e dei documenti per la parte d’interesse, in modo da contemperare il fine legittimo di semplificare l’attività del giudice di legittimità e garantire al tempo stesso la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte ed il diritto di accesso della parte ad un organo giudiziario in misura
tale da non inciderne la stessa sostanza (Cass., Sez. L, 4.2.2022, n. 3612, Rv. 663837-01);
che alla luce di quanto precede, dunque, il motivo è carente di specificità, ex art. 366, comma 1, n. 6, cod. proc. civ., non avendo la difesa della RAGIONE_SOCIALE provveduto a trascrivere in ricorso l’atto di appello dell’ RAGIONE_SOCIALE, si da precludere a questa Corte, già in astratto, la delibazione circa la fondatezza o meno delle doglianze in esame;
che con il primo motivo parte ricorrente si duole (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.) della ‘ nullità della sentenza per violazione degli artt. 24 e 111, VI comma Cost., 132, II comma, n. 4, c.p.c., 118 disp. att. c.p.c. e 36, II comma, n. 4, del D.Lgs. m. 546/1992 ‘ (cfr. ricorso, p. 11), per avere la C.T.R. reso, con precipuo riferimento alla ripresa relativa alla fattura n. 2808 del 30.11.2005 emessa dalla RAGIONE_SOCIALE, una motivazione apparente, essendosi i giudici di appello limitati a ‘ ricopia letteralmente e acriticamente la motivazione il contenuto degli atti difensivi depositati dall’Ufficio nel corso del giudizio di merito ‘;
che con il terzo motivo parte ricorrente lamenta (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.) la ‘ nullità della sentenza per violazione degli artt. 115 e 116 del c.p.c., per avere i giudici di seconde cure erroneamente valutato i documenti prodotti in giudizio, ritenendo che la società ricorrente sarebbe stata consapevole della circostanza che la società RAGIONE_SOCIALE sarebbe stata ‘non operativa’ ‘ (cfr. ricorso, p. 23) e, in particolare, per non avere la C.T.R. tenuto conto (a) che la stessa Guardia di Finanza aveva dato atto dell’esistenza dei flussi finanziari connessi all’acquisto, da parte di essa RAGIONE_SOCIALE, del contratto di associazione in partecipazione dalla RAGIONE_SOCIALE, nonché (b) della
documentazione prodotta fin dal primo grado di lite, attestante l’operatività commerciale della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE e (c) delle sentenze n. 9312 del 2011 del Tribunale penale di Milano e n. 262 del 2013 del Tribunale penale di Lanciano (entrambe passate in cosa giudicata), attestanti l’effettiva esistenza della RAGIONE_SOCIALE e della sua succursale di Lugano, oltre (d) a non avere considerato che lo stato di buona fede di essa NOME RAGIONE_SOCIALE era comprovato dal parere pro veritate del 15.11.2000 del Dr. COGNOME;
che i motivi -suscettibili di trattazione congiunta, per identità delle questioni agli stessi sottese -sono, in parte, inammissibili e, in parte, infondati;
che va anzitutto rilevato come: a) nel processo civile ed in quello tributario, la sentenza la cui motivazione si limiti a riprodurre il contenuto di un atto di parte (o di altri atti processuali o provvedimenti giudiziari), senza niente aggiungervi, non è nulla qualora le ragioni della decisione siano, in ogni caso, attribuibili all’organo giudicante e risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo, atteso che, in base alle disposizioni costituzionali e processuali, tale tecnica di redazione non può ritenersi, di per sé, sintomatica di un difetto d’imparzialità del giudice, al quale non è imposta l’originalità dei contenuti, né delle relative modalità espositive (arg. da Cass., Sez. U, 16.1.2015, n. 642, Rv. 634091-01; Cass., Sez. 5, 6.10.2022, n. 29028, Rv. 666078-01); b) il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne
l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass., Sez. 6-1, 13.1.2020, n. 331, Rv. 656802-01); c) una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. non può, pertanto, porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass., Sez. 1, 1.3.2022, n. 6774, Rv. 664106-02), sicché è inammissibile la diversa doglianza concernente la circostanza che il giudice di merito, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 cod. proc. civ. (Cass., Sez. U, 30.9.2020, n. 20867, Rv. 659037-01); d) il giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prova che ritenga più attendibili e idonee alla formazione dello stesso, né gli è richiesto di dar conto, nella motivazione, dell’esame di tutte le allegazioni e prospettazioni delle parti e di tutte le prove acquisite al processo, essendo sufficiente che egli esponga – in maniera concisa ma logicamente adeguata – gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione e le prove ritenute idonee a confortarla, dovendo
reputarsi implicitamente disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo svolto (Cass., Sez. 5, 29.12.2020, n. 29730, Rv. 660157-01);
che premesso, dunque, che, già in astratto, nulla vietava alla C.T.R. di riprodurre, in parte qua, il contenuto degli atti difensivi dell’ AGENZIA, senza altro aggiungervi, da un lato non essendovi prova che la argomentazione motivazionale in questione sia stata emessa in assenza di un vaglio critico delle contrapposte posizioni assunte dalle parti in giudizio (così espressamente Cass., Sez. 5, 6.10.2022, n. 29028, Rv. 666078-01, in motivazione, p. 4, sub § 8) e, dall’altro, risultando chiaramente dalla lettura complessiva della motivazione della decisione impugnata che, al contrario, questa ha rappresentato il frutto della ragionata valutazione delle allegazioni difensive, nonché delle produzioni documentali delle parti (e, in specie, della stessa società contribuente) rispetto ai principi applicabili in materia di inerenza dei costi (come evincibile, d’altronde, dalla stessa premessa svolta alla p. 3 della motivazione, terzultimo cpv. e ss.), osserva il Collegio come le censure disvelano, in realtà, un vizio motivazionale ex art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., il quale è, tuttavia, inammissibile per rientrare nel potere discrezionale -come tale insindacabile -del giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento, apprezzare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (arg. da Cass., Sez. L, 27.7.2017, n. 18665, Rv. 645113-01);
che con il quarto motivo parte ricorrente lamenta (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.) la ‘ violazione e falsa applicazione dell’art. 12 ultimo comma L. 212/2000 e dei principi comunitari in materia ‘ (cfr. ricorso, p. 36) per avere la C.T.R. erroneamente escluso la necessità, ai fini della legittimità dell’atto impositivo (sempre con riferimento alla ripresa conseguente alla fattura n. 2808 del 30.11.2005, per quanto emerge dal contenuto del motivo), di un richiamo espresso a tutte le osservazioni svolte dalla contribuente rispetto alla verifica compiuta nei propri confronti;
che il motivo è infondato;
che è sufficiente richiamare il consolidato principio affermato da questa Corte (cui si è puntualmente attenuta la C.T.R., laddove ha chiarito -cfr. p. 6 della motivazione, secondo e terzo rigo che ‘ il mancato espresso richiamo a tutte le osservazioni effettuate dalla parte non costituisce motivo di nullità’ ), alla cui stregua è valido l’avviso di accertamento che non menzioni le osservazioni del contribuente ex art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, atteso che, da un lato, la nullità consegue solo alle irregolarità per le quali sia espressamente prevista dalla legge oppure da cui derivi una lesione di specifici diritti o garanzie tale da impedire la produzione di ogni effetto e, dall’altro lato, l’Amministrazione ha l’obbligo di valutare tali osservazioni, ma non di esplicitare detta valutazione nell’atto impositivo (cfr. Cass., Sez. 6-5, 31.3.2017, n. 8378, Rv. 643641-01, con particolare approfondimento alle pp. 3 e seguenti della motivazione. Cfr. anche, più recentemente, ex multis, Cass., Sez. 5, 27.4.2023, n. 11081, in motivazione, p. 5);
Ritenuto, in conclusione che il ricorso debba essere rigettato, con la condanna della RAGIONE_SOCIALE, in persona del
legale rappresentante p.t. , al pagamento, in favore dell’ AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t. , delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano come da dispositivo;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Per l’effetto, condanna la RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t. , al pagamento, in favore dell’ AGENZIA DELLE RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore p.t. , delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in € 5.600,00 (cinquemilaseicento/00) per compenso professionale, oltre spese prenotate a debito.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della RAGIONE_SOCIALE, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione