Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24223 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24223 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21787/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore , rappresentate e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato
-ricorrente –
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del liquidatore Notarini COGNOME cancellata dal registro delle imprese in data 10.9.2019
-intimata –
NOTARINI COGNOME, in qualità di ex socio,
-intimato- avverso la sentenza n. 1256/09/21 della Commissione tributaria regionale della Campania, sez. distaccata di Salerno, depositata in data 10.2.2021, non notificata;
udita la relazione svolta all’udienza camerale del 17.6.2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.L’Agenzia delle Entrate impugna la sentenza indicata in epigrafe, con la quale la C.T.R. della Campania, sez. distaccata di Salerno, ha respinto l’appello avverso la sentenza della C.T.P. di Avellino che
OGGETTO: IRES -IVA -Art. 53 del decreto legislativo n. 546/92 -requisiti atto di appello.
aveva accolto il ricorso presentato dalla società RAGIONE_SOCIALE avverso l’avviso di accertamento n. TFK030200300/2017, scaturito dal P.V.C. della Guardia di Finanza dell’8.3.2016, con il quale si contestava, per l’anno di imposta 2008, la contabilizzazione di fatture per operazioni soggettivamente ed oggettivamente inesistenti, emesse dalla CORAGIONE_SOCIALE per l’imponibile complessivo di euro 403.448,47 e la conseguente indebita detrazione IVA.
2.La C.T.R. dopo aver rilevato l’inammissibilità dell’appello per violazione dell’art. 53 del decreto legislativo n. 546/1992, riteneva di ‘soprassedere’ dall’eccezione di inammissibilità sollevata dall’appellata, in quanto il gravame era in ogni caso infondato nel merito.
3.La società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione è rimasta intimata.
4.Notarini NOME è rimasto intimato.
5.E’ stata fissata l’udienza camerale del 17.6.2025.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Deve darsi preliminarmente atto della rituale e tempestiva notifica del ricorso per cassazione alla società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del liquidatore, posto che essa è intervenuta entro cinque anni dalla cancellazione della predetta società dal registro delle imprese, con conseguente operatività dell’art. 28, co. 4, del D.Lgs. 175/2014, che dispone che ‘ ai soli fini della validità e dell’efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi’, l’estinzione della società di cui all’art. 2495 c.c. ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione dal registro delle imprese.
Questa Corte ha infatti avuto modo di precisare che in tema di cancellazione della società dal registro delle imprese, il differimento quinquennale degli effetti dell’estinzione, previsto dall’art. 28,
comma 4, del d.lgs. n. 175 del 2014 – disposizione di natura sostanziale, operante solo nei confronti dell’amministrazione finanziaria e degli altri enti creditori o di riscossione indicati, con riguardo a tributi o contributi – implica che il liquidatore conservi tutti i poteri di rappresentanza della società sul piano sostanziale e processuale, con la conseguenza che egli è legittimato non soltanto a ricevere le notificazioni degli atti impositivi, ma anche ad opporsi ad essi, conferendo mandato alle liti, mentre sono privi di legittimazione i soci, poiché gli effetti previsti dall’art. 2495, comma 2, c.c. sono posticipati anche ai fini dell’efficacia e validità degli atti del contenzioso. In merito alla rappresentanza processuale dell’ente societario estinto dopo l’entrata in vigore della norma, deve ritenersi, conformemente all’opinione della prevalente dottrina ed ai primi arresti di questa Corte sul punto specifico (Cass. 31/05/2022, n. 17492; Cass. 3/06/2021, n. 15320), che la disposizione non si limiti a prevedere una posticipazione degli effetti dell’estinzione al solo fine di consentire e facilitare la notificazione dell’atto impositivo. Il liquidatore deve necessariamente conservare tutti i poteri di rappresentanza della società, sul piano sostanziale e processuale, nella misura in cui questi rispondano ai fini indicati dall’art. 28, comma 4, che, altrimenti opinando, non potrebbe operare. Pertanto, egli deve poter non soltanto ricevere le notifiche degli atti dagli enti creditori, ma anche opporsi agli stessi e conferire mandato alle liti, come è confermato dalla circostanza che l’estinzione è posticipata anche ai fini della efficacia e validità degli atti del contenzioso. (cfr. Cass. 36892/2022). Questa stessa Corte (cfr. Cass. 2/04/2015, n. 6743) ha anche avuto modo di precisare, sebbene in una fattispecie alla quale la disposizione non era applicabile ratione temporis , che per «atti di (…) contenzioso» debbono intendersi gli atti del processo, perché, nell’impreciso lessico della legge delega n. 23 del 2014 (alla cui stregua, come è noto, deve procedersi nell’interpretazione
dei decreti legislativi di attuazione), si intende per «contenzioso tributario» il «processo tributario» e la «tutela giurisdizionale» (espressioni usate promiscuamente nella rubrica e nel testo dell’art. 10 della legge di delegazione) e che la norma intende limitare (per il periodo da essa previsto) gli effetti dell’estinzione societaria previsti dal codice civile, mantenendo parzialmente per la società una capacità e una soggettività (anche processuali) altrimenti inesistenti, al «solo» fine di garantire (per il medesimo periodo) l’efficacia dell’attività (sostanziale e processuale) degli enti legittimati a richiedere tributi o contributi. Per le stesse ragioni NOMECOGNOME cui il ricorso è stato notificato anche nella sua qualità di ex socio, è privo di legittimazione a contraddire nel presente giudizio nella predetta qualità.
2.Con la prima censura l’Agenzia delle Entrate lamenta « violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c. e dell’art. 53 del decreto legislativo n. 546/92 in relazione all’art. 360, comma 1, numero 4 c.p.c .», in quanto i motivi di gravame, riprodotti integralmente nel presente ricorso, erano al contrario, sufficientemente specifici.
3.Con il secondo mezzo, proposto in via subordinata, deduce « motivazione apparente in violazione degli articoli 132, comma 2, n. 4 c.p.c., 118 disp att. c.p.c., art. 11, comma 6 Cost. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.» assumendo che la C.T.R. in primo luogo non poteva esaminare il merito del gravame, essendosi spogliata della potestas decidendi . In ogni caso, la C.T.R. non avrebbe espresso alcuna argomentazione in ordine alle circostanze dedotte in appello a sostegno della pretesa erariale, né in merito alla denunciata inefficienza della controprova allegata dalla società. Non vi erano riferimenti di fatto relativi alla complessa vicenda, né alla relazione del C.T.U, nominato dalla Procura di Cagliari. La motivazione si palesava illogica nella parte in cui ribadiva che il subappalto era lecito in quanto di natura privatistica, argomentazione del tutto avulsa dalla fattispecie
concreta e su questione mai sollevata dalle parti, essendo desumibile dall’avviso di accertamento e dalle difese svolte in giudizio che la violazione del contratto di appalto originario era stara valorizzata onde sottolineare la manipolazione della vicenda ad opera del sig. NOME COGNOME e la predisposizione del piano criminoso finalizzato all’emissione di fatture per operazioni inesistenti. In definitiva, tutto il complesso di elementi offerti dall’Ufficio , che si sarebbero dovuti esaminare globalmente e complessivamente, come richiede la Suprema Corte (Cass. 5374/2017) sarebbe rimasto del tutto privo di disamina da parte della C.T.R., che aveva invece valorizzato solo alcuni elementi del tutto generici ed irrilevanti. Il deficit motivazionale che assiste la tecnica del rinvio per relationem alla motivazione di altre sentenze tra le medesime parti era particolarmente evidente laddove la C.T.R. richiamava sentenze relative ad anni di imposta diversi solo perché gli avvisi di accertamento derivavano dallo ‘stesso p.v.c. con medesime motivazioni’.
4.Con il terzo motivo, rubricato « violazione dell’art. 39 del d.p.r. n. 600/73, degli articoli 2697 e 2729 c.c. e degli articoli 19, 21 e 54 del d.p.r. 633/72 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c ., la difesa erariale deduce, in ulteriore subordine, che l’Agenzia delle Entrate aveva proceduto sulla base di molteplici elementi presuntivi di rilevante gravità a seguito delle indagini della G.D.F., che avevano accertato una condotta senza scrupoli volta non solo a truffare i condomini, ma anche lo Stato, data l’enorme evasione fiscale posta in essere mediante emissione di fatture false, che aveva legittimato il recupero fiscale per operazioni inesistenti, mentre controparte non aveva fornito alcuna prova contraria. Riprodotto il p.v.c. integralmente e per riassunto, l’Ufficio evidenzia che, a fronte di discordanze che evidenziavano la sostanziale inattendibilità dell’impianto di rendicontazione del cantiere e l’emissione da parte dell’appaltatrice di fatture per lavori non
effettuati o per valori sensibilmente superiori a quelli effettivi, il giudice non aveva osservato le regole di riparto degli oneri probatori enucleati dalla Corte di cassazione.
5.Il primo motivo è fondato ed assume rilievo assorbente.
5.1.La C.T.R. ha statuito l’inammissibilità del gravame per violazione dell’art. 53, comma 1, del decreto legislativo n. 546/1992, affermando: ‘ prima di analizzare i motivi di appello, deve preliminarmente rilevarsi un profilo di complessiva inattendibilità dello stesso, connesso alla assenza di motivi specifici di censura volti a confutare le argomentazioni reiettive recate dalla sentenza appellata, essendosi la parte appellante sostanzialmente limitata a riproporre le ragioni poste a fondamento dell’avviso impugnato ed emergenti dal relativo impianto motivazionale. Invero, le surriportate affermazioni del giudice di primo grado, lungi dal denotare mancata considerazione dei fatti rilevanti, espongono in forma sintetica ma nondimeno esaustiva, i motivi per i quali esso ha ritenuto di accogliere la domanda di parte ricorrente: sì che sarebbe stato onere di quella appellante confutarle in maniera diretta e specifica, nell’assolvimento dell’onere di cui all’art. 53, comma 1, d.lvo n. 546/92’.
Il giudice di seconde cure si è pertanto spogliato, come fondatamente sostenuto dalla difesa erariale, della potestas decidendi sul merito del gravame, con la conseguenza che non gli era consentito ‘ soprassedere dall’eccezione di inammissibilità dell’appello ‘ sollevata dalla società appellata, dopo averla motivatamente accolta, siccome l’appello era ‘ in ogni caso infondato ‘. Le successive argomentazioni sono pertanto da ritenersi tamquam non essent e dunque prive di valenza decisoria (cfr. Cass. n. 32092/2024).
5.2. Tanto premesso, la statuizione di inammissibilità del gravame non può essere condivisa, alla luce del consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui nel rito tributario la specificità dei motivi
di appello, prescritta dall’art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, non è esclusa dalla riproposizione delle ragioni e delle argomentazioni già poste a fondamento del ricorso introduttivo del giudizio o della memoria di costituzione. La norma sopra citata, infatti, deve essere interpretata restrittivamente, in conformità all’art. 14 delle disposizioni preliminari del codice civile, trattandosi di prescrizione eccezionale che limita l’accesso alla giustizia, sicchè ogni qual volta sia espressa la volontà di contestare la decisione di primo grado deve essere consentito il sindacato sul merito dell’impugnazione. Di conseguenza, la specificità dei motivi d’appello va correlata al tenore complessivo dell’atto di gravame, ove, dunque, le ragioni di critica del decisum fatto oggetto di impugnazione debbono desumersi, anche per implicito, dall’intero atto di impugnazione considerato nel suo complesso, comprese le premesse in fatto, la parte espositiva e le conclusioni. (Cass Sez V 21 sett 2016 n. 18455; Cass. sez. V, n. 1224 del 19/01/2007). La norma in questione prevede infatti che il ricorso in appello debba contenere i «motivi specifici dell’impugnazione» che non devono essere però necessariamente «motivi nuovi», dato il carattere devolutivo pieno dell’appello, che è un mezzo di impugnazione non limitato al controllo di vizi specifici della sentenza di primo grado, ma rivolto ad ottenere il riesame della causa nel merito (Cass. n. 3064/12, tra le più recenti, Cass. n. 1571/2021 e Cass. n. 30341/2019).
6.I restanti motivi sono da ritenere assorbiti.
7.La sentenza va dunque cassata in relazione al motivo accolto e rinviata alla CGT2 della Campania, sezione distaccata di Salerno, in diversa composizione, che procederà ad esaminare il merito dell’appello dell’Ufficio, oltre che a liquidare le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il primo motivo, assorbiti i restanti;
cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla CGT2 della Campania, sezione distaccata di Salerno, in diversa composizione, che procederà ad esaminare il merito dell’appello, oltre che a liquidare le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 17.6.2025.