Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1259 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1259 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 19/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7763/2024 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO LOMBARDIA n. 4110/17/22 depositata il 27/10/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 4110/17/22 del 27/10/2022, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia (di seguito CGT2) dichiarava inammissibile l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate (di seguito AE) nei confronti della sentenza n. 3852/16/21 della Commissione tributaria provinciale di Milano (di seguito CTP), che aveva accolto il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) avverso due avvisi di accertamento per IRES e IVA relativi all’anno d’imposta 2014.
1.1. Come evincibile dalla sentenza impugnata, gli avvisi di accertamento erano stati emessi in ragione della contestazione, in capo ad RAGIONE_SOCIALE, dell’effettuazione di un’operazione complessivamente elusiva.
1.2. In particolare, l’operazione abusiva era così articolata: i) RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) aveva un contratto di fornitura con RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) per la produzione di alcuni medicinali; ii) a seguito di accordi intercorsi tra le parti e RAGIONE_SOCIALE, si era convenuto che Corden fatturasse le proprie prestazioni ad RAGIONE_SOCIALE in regime di IVA e che quest’ultima fatturasse ad RAGIONE_SOCIALE il corrispettivo dell’attività di gestione in regime di esenzione, essendo RAGIONE_SOCIALE residente all’estero; iii) nella prospettazione dell’Amministrazione finanziaria tale accordo aveva comportato, da un lato, che RAGIONE_SOCIALE potesse detrarre l’IVA versata in favore di Corden (IVA precedentemente non dovuta nel caso di rapporto diretto con il soggetto estero) e, dall’altro, che quest’ultima società potesse beneficiare di un finanziamento per il quale RAGIONE_SOCIALE aveva omesso di indicare gli interessi.
1.3. La CGT2 dichiarava inammissibile l’appello di AE evidenziando che: a) la CTP aveva «considerato quale presupposto costitutivo perché considerarsi integrata la fattispecie elusiva-abusiva l’esistenza di un danno per l’erario, costituente l’altra faccia del vantaggio fiscale indebito che aver realizzato il contribuente
affinché l’abuso gli addebitato»; b) tale punto della decisione della CTP non era stato impugnato specificamente dall’Ufficio, atteso che nell’atto di appello quest’ultimo, pur assumendo l’esistenza di un vantaggio fiscale realizzato indebitamente dal contribuente, non aveva sostenuto né un assunto contrario alla ritenuta inesistenza di un danno per l’Erario, né la tesi secondo cui un vantaggio fiscale avrebbe potuto sussistere anche in mancanza di un danno per l’Erario; c) siccome il punto della decisione che aveva escluso la sussistenza di un danno fiscale per l’Erario integrava una ratio decidendi in grado di sorreggere da sola la statuizione di annullamento degli atti impugnati, detto punto era passato in giudicato, non essendo stata proposta alcuna specifica impugnativa sullo stesso.
Avverso la sentenza di appello AE proponeva ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
RAGIONE_SOCIALE resisteva in giudizio con controricorso e depositava memoria ex art. 380 bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso di AE è affidato a quattro motivi, di seguito riassunti.
1.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 53, primo comma, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per avere la CGT2 indebitamente dichiarato l’inammissibilità dell’appello proposto dall’Amministrazione finanziaria.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si contesta violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e dell’art. 10 bis della l. 27 luglio 2000, n. 212, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 4, cod. proc. civ., per avere la CGT2 erroneamente escluso, da un lato, che l’Ufficio abbia contestato la sussistenza di un vantaggio fiscale indebito per RAGIONE_SOCIALE e, dall’altro, che l’abuso del diritto non
possa configurarsi in presenza di un vantaggio a favore di un soggetto diverso da quello sottoposto ad accertamento.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 19 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e dell’art. 10 bis della l. n. 212 del 2000, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CGT2 erroneamente ritenuto che: a) il diritto di detrazione sorga per il semplice versamento dell’IVA, anche in caso di operazioni compiute in favore di altri soggetti (nella specie, sebbene il reale rapporto d’imposta si sarebbe instaurato tra Corden e AZ UK e non tra la prima e RAGIONE_SOCIALE); b) che per la configurazione dell’abuso del diritto sia necessario un danno diretto per l’Erario.
Il primo motivo è fondato mentre gli altri motivi sono inammissibili per difetto di interesse.
2.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, « nel processo tributario la riproposizione a supporto dell’appello delle ragioni inizialmente poste a fondamento dell’impugnazione del provvedimento impositivo (per il contribuente) ovvero della dedotta legittimità dell’accertamento (per l’Amministrazione finanziaria), in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado, assolve l’onere di impugnazione specifica imposto dall’art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, quando il dissenso investa la decisione nella sua interezza e, comunque, ove dall’atto di gravame, interpretato nel suo complesso, le ragioni di censura siano ricavabili, seppur per implicito, in termini inequivoci » (così da ultimo, Cass. n. 32954 del 20/12/2018).
2.1.1. Ciò in ragione del carattere devolutivo pieno dell’appello nel processo tributario, costituente un mezzo di gravame non limitato al controllo di vizi specifici, ma volto ad ottenere il riesame della causa nel merito (Cass. n. 32838 del 19/12/2018; Cass. n. 30525 del 23/11/2018; Cass. n. 1200 del 22/01/2016), sicché l’onere di
specificità dei motivi può ritenersi assolto anche allorquando l’Amministrazione finanziaria si limiti a ribadire ed a riproporre in appello le stesse ragioni ed argomentazioni poste a sostegno della legittimità del proprio operato già dedotte in primo grado (Cass. n. 24641 del 05/10/2018).
2.1.2. Del resto, « nel processo tributario la sanzione di inammissibilità dell’appello per difetto di specificità dei motivi, prevista dall’art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, deve essere interpretata restrittivamente, in conformità all’art. 14 disp. prel. c.c., trattandosi di disposizione eccezionale che limita l’accesso alla giustizia, dovendosi consentire, ogni qual volta nell’atto sia comunque espressa la volontà di contestare la decisione di primo grado, l’effettività del sindacato sul merito dell’impugnazione » (Cass. n. 707 del 15/01/2019).
2.2. Nel caso di specie, il giudice di appello ha osservato che la difesa erariale non avrebbe specificamente impugnato la statuizione assunta dal giudice di primo grado, secondo la quale l’operazione posta in essere da RAGIONE_SOCIALE non avrebbe arrecato alcun pregiudizio all’Erario, statuizione di per sé sola idonea a sorreggere la motivazione di rigetto della CTP.
2.2.1. In particolare, la CTR ha affermato che l’appello proposto dall’Ufficio non avrebbe sostenuto né un assunto contrario alla ritenuta inesistenza di un danno per l’Erario, né la tesi secondo cui un vantaggio fiscale avrebbe potuto sussistere anche in mancanza di un danno per l’Erario.
2.3. Orbene, una semplice lettura dell’atto di appello dell’Ufficio (riprodotto in ricorso ai fini del rispetto del principio di autosufficienza e che prende, tra l’altro, specificamente in considerazione il capo della sentenza su cui si ritiene caduto il giudicato) alla luce dei principi più sopra evidenziati in materia di specificità dell’appello, induce chiaramente a ritenere che l’appello proposto da AE valutato
nel suo complesso -abbia inteso mettere in discussione la sentenza di primo grado nella sua interezza, chiedendosi sostanzialmente l’integrale conferma della tesi sostenuta con gli atti impositivi impugnati dalla società contribuente.
2.4. Ha errato, pertanto, la CGT2 a ritenere inammissibile l’appello proposto dall’Ufficio, con ciò spogliandosi del proprio potere di decidere nel merito la controversia. Di qui anche l’inammissibilità del secondo e del terzo motivo di ricorso.
2.5. Invero, « qualora il giudice, dopo una statuizione di inammissibilità (o declinatoria di giurisdizione o di competenza), con la quale si sia spogliato della “potestas iudicandi” sul merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha l’onere né l’interesse ad impugnare tale statuizione, sicché è ammissibile l’impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale, mentre è inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta “ad abundantiam” nella sentenza gravata » (così Cass. n. 17004 del 20/08/2015; conf. Cass. S.U. n. 15122 del 17/06/2013; Cass. S.U. n. 3840 del 20/02/2007; Cass. n. 27049 del 19/12/2014; si vedano, altresì, Cass. S.U. n. 24469 del 30/10/2013; Cass. n. 30393 del 19/12/2017).
In conclusione, va accolto il primo motivo di ricorso, inammissibili i restanti motivi; la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara inammissibili i restanti motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della
Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del presente procedimento.
Così deciso in Roma, il 23/10/2024.