Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 12542 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 12542 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 12/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13865/2021 R.G. proposto da :
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DEL PIEMONTE n. 673/04/20 depositata il 13/11/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 673/04/20 del 13/11/2020, la Commissione tributaria regionale del Piemonte (di seguito CTR) respingeva l’appello
proposto dal sig. NOME COGNOME avverso la sentenza n. 382/01/19 della Commissione tributaria provinciale di Cuneo (di seguito CTP), che aveva respinto il ricorso del contribuente relativo a due avvisi di accertamento per IRPEF, IRAP e IVA relative agli anni di imposta 2013 e 2014.
1.1. Come emerge dalla sentenza impugnata, gli atti impositivi erano stati emessi in ragione della condizione di evasore totale del contribuente.
1.2. La CTR respingeva l’appello di NOME COGNOME in quanto: a) il ricorso all’accertamento induttivo era sufficientemente motivato; b) l’Amministrazione finanziaria, in ragione della condizione di evasore totale del COGNOME, aveva legittimamente fatto ricorso alle fatture comunque rinvenute nella banca dati dalla stessa gestita, essendo plausibile che le stesse provenissero dall’attività esercitata dal contribuente nel suo locale (musica, combustione di legna per la preparazione delle pizze, ecc.).
NOME COGNOME impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, illustrati da memoria ex art. 380 bis .1 cod. proc. civ.
L’Agenzia delle entrate (di seguito AE) resisteva con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso di NOME COGNOME è affidato a cinque motivi, di seguito riassunti.
1.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 42, primo e terzo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, per avere la CTR ritenuto la sufficiente motivazione degli avvisi di accertamento sebbene AE abbia omesso di allegare la documentazione presa in considerazione ai fini della determinazione della redditività media del settore.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si contesta violazione e falsa applicazione dell’art. 39, secondo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, nonché degli artt. 3, 24 e 111 Cost., per avere la CTR avallato una ricostruzione induttiva del reddito fondata su dati almeno parzialmente errati.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 42, secondo e terzo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, per avere la CTR reso motivazione apparente in ordine alla necessità di allegare agli atti impositivi ovvero a trascrivere nel contesto degli stessi gli elementi utilizzati per la ricostruzione induttiva del reddito.
1.4. Con il quarto motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 42, terzo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, per avere i giudici di secondo grado omesso di pronunciare sulla nullità degli avvisi di accertamento per mancata allegazione degli elementi utilizzati per la ricostruzione induttiva del reddito.
1.5. Con il quinto motivo di ricorso si contesta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973, per avere la CTR reso motivazione apparente in ordine alla sufficienza degli elementi contenuti nell’avviso di accertamento ai fini della motivazione di quest’ultimo .
I motivi di ricorso possono essere congiuntamente esaminati e sono inammissibili sotto plurimi profili.
2.1. In primo luogo, il ricorrente non trascrive né riassume, quanto meno nelle parti rilevanti, l’avviso di accertamento impugnato nel contesto del ricorso, con conseguente grave vizio di specificità del ricorso.
2.2. Invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte, affinché il principio di autosufficienza sia rispettato occorre che nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno
delle censure, anche per riassunto, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (Cass. S.U. n. 8950 del 18/03/2022; Cass. n. 12481 del 19/04/2022).
2.3. In secondo luogo, l’intera narrazione di parte ricorrente è caratterizzata da un’estrema genericità, non avendo il sig. COGNOME chiarito su quali specifici elementi si sia fondata la motivazione degli atti impugnati, ritenuta insufficiente, e quali specifici atti e/o documenti non siano stati allegati agli avvisi di accertamento ovvero sufficientemente riportati nel contesto di questi ultimi.
2.4. In particolare, il ricorrente che intende censurare la violazione o falsa applicazione di norme di diritto deve indicare e trascrivere nel ricorso, a pena di inammissibilità, anche i riferimenti di carattere fattuale in concreto condizionanti gli ambiti di operatività della violazione denunciata (Cass. n. 9888 del 13/05/2016; Cass. n. 16872 del 24/07/2014; Cass. n. 7846 del 04/04/2006).
2.5. Infine, in tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4), cod. proc. civ., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare -con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni -la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (Cass. S.U. n. 23745 del 28/10/2020).
In conclusione, il ricorso va rigettato e il ricorrente va condannato al pagamento, in favore della controricorrente, delle
spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo avuto conto di un valore dichiarato della lite di euro 286.195,00.
1.1. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente procedimento, liquidate in euro 8.200,00, oltre alle spese di prenotazione a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 24/04/2025.