Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15265 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15265 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12467/2022 R.G. proposto da : COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato presso l’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, pec EMAIL che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende
avverso SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della SICILIA SEZ.DIST. CATANIA n. 9923/2021 depositata il 08/11/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/03/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sez. dist. Catania ( hinc: CTR), con la sentenza n. 9923/2021 depositata in data 08/11/2021, ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dalla sig.ra NOME Anna contro la sentenza n. 382/2020, con cui la Commissione tributaria provinciale di Catania aveva respinto il ricorso del la contribuente contro l’avviso di accertamento, con il quale l’amministrazione finanziaria aveva proceduto al prelievo erariale unico per gli apparecchi da intrattenimento con vincita in denaro di cui all’art. 110, comma 6, R.D. 18/06/1931, n. 733 ( hinc: T.U.L.P.S.).
La CTR, richiamato il contenuto dell’art. 53 d.lgs. 31/12/1992, n. 546, ha rilevato che, sebbene l’indicazione dei motivi specifici dell’impugnazione non deve consistere in una rigorosa e formalistica enunciazione delle ragioni invocate a sostegno dell’appello, non si può tuttavia prescindere da una esposizione chiara ed univoca delle ragioni della doglianza, in relazione alla decisione impugnata. Rileva, inoltre, che se è vero che la riproposizione, a supporto dell’appello proposto dal contribuente, delle ragioni di impugnazione del provvedimento impositivo in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado potrebbe assolvere l’onere di impugnazione specifica imposto dall’art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, atteso il carattere devolutivo pieno, in tale giudizio,
dell’appello, quale mezzo di gravame non limitato al controllo di vizi specifici, ma volto ad ottenere il riesame della causa nel merito (Cass., 23/11/2018, n. 30525), resta, tuttavia, inalterato il principio secondo il quale perché si concretizzino specifici motivi d’impugnazione, come voluti dall’ art. 53 cit. , è imprescindibile che, in relazione al contenuto della sentenza appellata, siano indicati, oltre ai punti e ai capi formulati, anche, seppure in forma succinta, le ragioni per cui è chiesta la riforma della pronuncia di primo grado, con i rilievi posti a base dell’impugnazione, in modo tale che restino esattamente precisati il contenuto e la portata delle relative censure. Infatti, benché l’appello abbia carattere devolutivo pieno, le deduzioni dell’appellante devono essere svolte in contrapposizione alle argomentazioni poste alla base della decisione del giudice di prime cure. L ‘ indicazione di specifici motivi di impugnazione costituisce quindi un requisito essenziale dell’atto di appello, atteso che la sua funzione consiste esattamente nell’indicare i limiti della devoluzione, così consentendo al giudice di secondo grado di individuare l’oggetto e l’ambito del riesame, attraverso la specifica evidenziazione degli errori asseritamente commessi dal primo giudice e la connessione causale con il provvedimento impugnato di cui è chiesta la riforma.
Nella specie l’unico – peraltro assai generico – richiamo alla decisione impugnata è consistito nell’affermazione, che « la Commissione di prime cure non ha preso in argomento la doglianza sì come non fosse stata proposta» , senza tuttavia alcun collegamento con le motivazione esposte in sentenza, che appaiono invece assolutamente condivisibili.
Contro la sentenza della CTR, la contribuente ha proposto ricorso in cassazione con tre motivi.
L’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso.
La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è stata censurata la violazione degli artt. 1 e 53 d.lgs. n. 546 del 19 92 e 101 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e 4, c.p.c.
1.1. Con tale motivo la ricorrente censura la nullità della sentenza, che ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello d’ufficio, senza consentire alcun contraddittorio e difesa ex art. 101, comma 2, c.p.c. A tal fine ripercorre lo svolgimento del processo di appello, evidenziando di non essere mai stata resa edotta della questione preliminare di rito rilevata d’ufficio dal giudice di seconde cure.
1.2. Il motivo è infondato. Difatti, secondo questa Corte, il rilievo della tardività dell’impugnazione o dell’intervenuta decadenza dall’opposizione non soggiace al divieto posto dall’art. 101 c.p.c. di porre a fondamento della decisione una questione rilevata d’ufficio e non sottoposta al contraddittorio delle parti, in quanto l’osservanza dei termini perentori entro cui devono essere proposte le impugnazioni (artt. 325 e 327 c.p.c.) o avviate le cause di contenuto oppositivo (artt. 617 o 641 c.p.c.) costituisce un parametro di ammissibilità della domanda alla quale la parte che sia dotata una minima diligenza processuale deve prestare attenzione, dovendo considerare già “ex ante”, come possibile sviluppo della lite, la rilevazione d’ufficio dell’eventuale violazione (Cass., 04/11/2022, n. 32527).
È stato precisato altresì che il divieto della decisione sulla base di argomenti non sottoposti al previo contraddittorio delle parti non si applica alle questioni di rito relative a requisiti di ammissibilità della domanda previsti da norme la cui violazione è rilevabile in ogni stato e grado del processo, senza che tale esito processuale integri una
violazione dell’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, il quale – nell’interpretazione data dalla Corte Europea – ammette che il contraddittorio non venga previamente suscitato quando si tratti di questioni di rito che la parte, dotata di una minima diligenza processuale, avrebbe potuto e dovuto attendersi o prefigurarsi (Cass., 21/07/2016, n. 15019).
Con il secondo motivo è stata denunciata la violazione degli artt. 53 d.lgs. n. 546 del 1992 e 14 prel., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e 4, c.p.c.
2.1. La ricorrente censura la decisione della CTR, nella parte in cui ha dichiarato inammissibile l’appello per mancanza di specificità dei motivi di impugnazione, in contrasto con quanto stabilito dall’art. 53 d.lgs. n. 546 del 1992. A tal fine, dopo aver citato la giurisprudenza di legittimità, ha richiamato (pag. 11 ss. del ricorso in cassazione) i motivi di gravame. Rileva, in particolare, che sin dal ricorso davanti al giudice di prime cure ha contestato l’accertamento in quanto l’Agenzia aveva adopera to il metodo forfettario senza, tuttavia, fornire alcuna descrizione relativamente agli apparecchi sottoposti a sequestro e alla lettura dei dati, della quale non è data alcuna giustificazione. Ha poi, aggiunto che la quantificazione forfettaria è ammessa solo ove sia impossibile la lettura dei contatori o gli stessi siano alterati o illeggibili. Pertanto, ha insistito nell’illegittimità dell’avviso di accertamento per mancanza dei requisiti richiesti dall’art. 39 quater, commi secondo e terzo, legge n. 269 del 2003 secondo cui il metodo di accertamento forfettario richiede, quale presupposto, che i dati relativi alle somme giocate non siano memorizzati o leggibili ovvero risultino memorizzati in modo non corretto o siano stati alterati e per non essere stata correttamente quantificata l’imposta. Su tale ultimo aspetto, si è rifatta alle proprie note difensive, finalizzate a richiamare la lettura dei dati insiti nelle
apparecchiature sequestrate, senza che, tuttavia, l’amministrazione abbia proceduto al la rilettura dei dati in contraddittorio. Infine, ha ribadito che, nonostante le contestazioni formulate, le apparecchiature sequestrate erano state distrutte pregiudicando il diritto di difesa della contribuente e privandola della possibilità di riverificare i dati.
Ha poi rilevato di aver censurato la decisione di primo grado per non aver considerato tali censure. Dalla lettura dell’atto d’appello si rilevano, quindi, le censure svolte nei confronti della sentenza di primo grado.
2.2. Il secondo motivo deve ritenersi fondato, Secondo questa Corte, infatti, in tema di contenzioso tributario, la riproposizione in appello delle ragioni poste a fondamento dell’originaria impugnazione del provvedimento impositivo da parte del contribuente ovvero della legittimità dell’accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria, in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado, assolve l’onere di impugnazione specifica imposto dall’art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, quando il dissenso investa la decisione nella sua interezza e, comunque, ove dall’atto di gravame, interpretato nel suo complesso, siano ricavabili in modo inequivoco, seppur per implicito, i motivi di censura (Cass., 10/01/2024, n. 1030).
Questa Corte ha precisato altresì che: « Nel processo tributario, la riproposizione, a supporto dell’appello proposto dal contribuente, delle ragioni di impugnazione del provvedimento impositivo in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado assolve l’onere di impugnazione specifica imposto dall’art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, atteso il carattere devolutivo pieno, in tale giudizio, dell’appello, quale mezzo di gravame non limitato al controllo di vizi specifici, ma volto ad ottenere il riesame della causa
nel merito. (Nella specie, in applicazione del principio, la SRAGIONE_SOCIALE ha annullato la decisione impugnata che aveva ritenuto inammissibile l’appello, per la mancanza di critica alla motivazione della pronuncia di primo grado, pur avendo il ricorrente riproposto i motivi d’opposizione all’atto impositivo evidenziando la correlazione degli stessi con la documentazione prodotta che ne specificava la valenza, con conseguente possibilità per il giudice del gravame di individuare con chiarezza il contenuto delle censure). » (Cass., 23/11/2018, n. 30525).
Nel caso di specie la sentenza impugnata non si è attenuta ai principi delineati nella giurisprudenza di questa Corte, con particolare riferimento al carattere devolutivo pieno del giudizio d’appello, quale mezzo di gravame non limitato al controllo di vizi specifici, ma volto ad ottenere il riesame della causa nel merito. Dalla lettura di quanto riportato a pag. 11 ss. del ricorso in cassazione risulta che la parte ricorrente abbia assolto ai requisiti di ammissibilità dell’atto di appello disciplinati nel l’art. 53 d.lgs. n. 546 del 1992, riproponendo -e con ciò chiedendo una rivalutazione da parte della CTR, in conformità all’effetto devolutivo pieno dello strumento di impugnazione impiegato -le censure relative al metodo di accertamento impiegato dall’a mministrazione finanziaria con riferimento a circostanze fattuali puntualmente indicate ed enucleabili, alla luce dei contenuti dell’atto d’appello riportati nel ricorso in cassazione.
Con il terzo motivo la ricorrente ha, infine, denunciato la motivazione omessa e/o apparente, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.
3.1. Ad avviso della ricorrente la sentenza è nulla per violazione dell’art. 36 d.lgs. n. 546 del 1992 e 132 c.p.c. e, conseguentemente, per motivazione del tutto omessa o apparente, in quanto, dopo aver
affermato l’inammissibilità del gravame, ha rilevato che le motivazioni esposte in sentenza appaiono completamente condivisibili.
3.1. Il motivo è inammissibile, in quanto, in materia di vizi “in procedendo”, non è consentito alla parte interessata di formulare in sede di legittimità la relativa censura in termini di omessa motivazione, in quanto spetta alla Corte di cassazione accertare se vi sia stato o meno il denunciato vizio di attività, attraverso l’esame diretto degli atti, indipendentemente dall’esistenza o dalla sufficienza e logicità dell’eventuale motivazione del giudice di merito sul punto (Cass., 02/09/2019, n. 21944).
In conclusione, deve essere accolto il secondo motivo, mentre devono essere rigettati il primo e il terzo motivo di ricorso.
4.1. La sentenza impugnata deve essere, pertanto, cassata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, che in diversa composizione deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
…
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo di ricorso e rigetta il primo e il terzo motivo di ricorso;
cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 27/03/2025.