Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25544 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25544 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28446/2017 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO (domicilio digitale: EMAIL)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DEL LAZIO, SEZIONE STACCATA DI LATINA, n. 3257/19/17 depositata il 5 giugno 2017
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale dell’11 settembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
A sèguito di verifica fiscale condotta dalla Guardia di Finanza, la Direzione Provinciale di Latina dell’RAGIONE_SOCIALE notificava alla RAGIONE_SOCIALE un avviso di
accertamento con il quale recuperava a tassazione ritenute non versate all’erario dalla predetta società, in veste di sostituto d’imposta, con riferimento a somme di denaro dalla stessa corrisposte a propri dipendenti nell’anno 2010 in esecuzione di accordi transattivi conclusi inter partes .
La RAGIONE_SOCIALE impugnava il predetto atto impositivo dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Latina, che respingeva il suo ricorso.
La decisione veniva successivamente confermata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, che con sentenza n. 3257/19/17 del 5 giugno 2017 rigettava l’appello della parte privata.
A fondamento della decisione assunta, per quanto qui ancora interessa, il collegio regionale osservava che: – indipendentemente dalla circostanza se le ritenute non effettuate dalla contribuente fossero previste «a titolo di imposta o a titolo di acconto, il fatto che il d.P.R. n. 600 del 1973, art. 64, comma 1, definisca il sostituto d’imposta come colui che in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri, ed anche a titolo di acconto, non toglie che, in ogni caso, anche il sostituito debba ritenersi già originariamente (e non solo in fase di riscossione…) obbligato solidale al pagamento dell’imposta: soggetto, perciò, egli stesso all’accertamento ed a tutti i conseguenti oneri» ; – resta «fermo…, ovviamente, il diritto di regresso verso il sostituto che, dopo avere eseguito la ritenuta, non l’abbia versata all’erario, esponendolo così all’azione del fisco» .
Avverso tale sentenza la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
Nel termine di cui al comma 1, terzo periodo, dello stesso articolo
la ricorrente ha depositato sintetica memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è lamentata la violazione dell’art. 64 del D.P.R. n. 600 del 1973.
1.1 Si sostiene che avrebbe errato la CTR nell’affermare che il sostituto d’imposta è solidalmente obbligato al pagamento RAGIONE_SOCIALE ritenute a titolo di acconto anche nell’ipotesi in cui abbia omesso di operarle alla fonte, come nella fattispecie in esame.
Con il secondo motivo, proposto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., è denunciata la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c..
2.1 Si rimprovera al collegio di secondo grado di aver omesso di pronunciare su alcuni motivi di impugnazione articolati dalla contribuente nel proprio atto d’appello, in particolare su quello con il quale era stato posto in evidenza come la pretesa tributaria avanzata dal Fisco non risultasse ancorata ad alcun criterio legale di riferimento.
La prima censura è infondata e va, pertanto, respinta, pur dovendosi emendare la motivazione addotta a sostegno del «dictum» della CTR.
3.1 Questa Corte ha ripetutamente affermato che nel sistema della ritenuta d’acconto, diretto ad agevolare non solo la riscossione ma anche l’accertamento degli obblighi del percettore del reddito, la mancata effettuazione della ritenuta da parte del sostituto non elimina il suo obbligo di versare all’erario la somma corrispondente ( «perpetuatio obligationis» ), fermo il diritto di rivalsa nei confronti del sostituito, ai sensi dell’art. 64, comma 1, del D.P.R. n. 600 del 1973 (cd. rivalsa successiva: cfr. Cass. n. 8903/2021, Cass. n. 34727/2019, Cass. n. 31028/2017, Cass. n. 17515/2002).
3.2 È stato, inoltre, precisato che la pretesa erariale nei confronti del sostituto viene meno solamente ove il rapporto tributario sia già
stato regolato dal sostituito, reale soggetto passivo dell’imposta (cfr. Cass. n. 8903/2021, Cass. n. 31028/2017).
3.3 Sul tema sono intervenute anche le Sezioni Unite, le quali, con sentenza n. 10378/2019, risolutiva di un contrasto interno di giurisprudenza, hanno chiarito che «in subiecta materia» occorre distinguere fra solidarietà e sostituzione, in quanto soggetto passivo dell’imposta rimane comunque il sostituito, mentre il versamento della ritenuta d’acconto costituisce un’obbligazione autonoma che la legge pone unicamente a carico del sostituto a mezzo degli artt. 23 e seguenti del D.P.R. n. 600 del 1973, come arguibile dal fatto che nei confronti del sostituito la solidarietà prevista dall’art. 35 del D.P.R. n. 602 del 1973 opera nel solo caso in cui il sostituto non abbia effettuato le ritenute, né i relativi versamenti.
3.4 Alla stregua del surriferito insegnamento giurisprudenziale di legittimità, al quale si intende qui dare sèguito, deve escludersi che l’impugnata sentenza sia affetta dal prospettato vizio ex art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sebbene in essa la «quaestio iuris» dirimente sia stata erroneamente affrontata dal punto di vista del sostituito, anziché da quello del sostituto d’imposta.
3.5 Peraltro, non risulta accertato dalla CTR che le ritenute di cui si discorre fossero già state versate all’erario dai debitori sostituiti .
Né dalla lettura del ricorso si evince che una siffatta circostanza fosse stata dedotta e comprovata nei gradi di merito dalla RAGIONE_SOCIALE, la quale in questa sede si limita ad asserire apoditticamente che (pag. 9 del controricorso), senza tuttavia indicare donde ciò emergerebbe.
Tanto si osserva a prescindere dall’assorbente rilievo che la denuncia del vizio di violazione di legge non può presupporre una diversa ricostruzione dei fatti di causa rispetto a quella compiuta dal giudice di merito (cfr. Cass. n. 16442/2024, Cass. n.
34817/2022, Cass. n. 15568/2020).
4. Il secondo mezzo appare inammissibile per difetto di autosufficienza, non essendo stati trascritti o quantomeno riportati in sintesi nel ricorso i motivi di gravame asseritamente non esaminati dalla CTR, con l’indicazione specifica degli atti processuali in cui erano contenuti, sì da consentire alla Corte di verificare, in primo luogo, che le questioni ad essa sottoposte non siano nuove, e quindi di valutare la fondatezza RAGIONE_SOCIALE censure senza dover procedere all’esame dei fascicoli di parte o d’ufficio (cfr. Cass. n. 28072/2021, Cass. n. 15594/2020, Cass. n. 3610/2016, Cass. n. 17049/2015).
Oltretutto, dall ‘esposizio ne della vicenda processuale operata dalla ricorrente nemmeno è possibile stabilire se le domande da essa proposte in appello coincidessero con i motivi di impugnazione dell’avviso di accertamento originariamente formulati con il libello introduttivo del giudizio di primo grado, sì da potersi escludere la violazione del divieto di «ius novorum» sancito dall’art. 57, comma 1, del D. Lgs. n. 546 del 1992.
4.1 Fermo quanto precede, la lagnanza è comunque destituita di fondamento, alla luce della costante giurisprudenza di legittimità secondo cui non ricorre il vizio di omessa pronuncia quando, pur in mancanza di un’espressa statuizione sul punto, la decisione adottata dal giudice comporti l’implicito rigetto RAGIONE_SOCIALE questioni non trattate, presupponendo come suo necessario antecedente logicogiuridico il riconoscimento della loro irrilevanza o infondatezza (cfr. Cass. n. 12131/2023, Cass. n. 24667/2021, Cass. n. 7662/2020).
4.2 Tale appunto è la situazione sottesa al caso di specie, atteso che i motivi di appello in ordine ai quali si assume essere mancato ogni provvedimento giudiziale devono ritenersi implicitamente disattesi dalla CTR, la quale, respingendo «in toto» il gravame esperito dalla parte privata, ha confermato la piena legittimità dell’atto impositivo impugnato.
Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato, previa correzione della motivazione della sentenza, ai sensi dell’art. 384, ultimo comma, c.p.c., nei termini sopra esplicitati.
Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Stante l’esito dell’impugnazione, viene resa nei confronti della ricorrente l’attestazione di cui all’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico RAGIONE_SOCIALE spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , a rifondere all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi 5.600 euro, oltre ad eventuali oneri prenotati a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico RAGIONE_SOCIALE spese di giustizia), dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la proposta impugnazione, a norma del comma 1bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione