Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14949 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14949 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: CORTESI NOME
Data pubblicazione: 04/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 2458/2018, proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso, per procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME il quale indica, ai fini delle comunicazioni, il proprio indirizzo di posta elettronica certificata EMAIL
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale è domiciliata ex lege a ROMA, in INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 10717/2016 della Commissione tributaria regionale della Campania, depositata il 30 novembre 2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15 aprile 2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME impugnò davanti alla Commissione tributaria provinciale di Salerno l’avviso di accertamento con il quale era stato determinato presuntivamente il suo reddito ai fini Irpef per l’anno d’imposta 2007, previo disconoscimento di poste passive effettuato dall’Amministrazione all’esito di indagini sulla movimentazione bancaria.
I giudici adìti riconobbero le ragioni del contribuente limitatamente ad alcune specifiche voci di costo, confermando, per il resto, la pretesa erariale.
Il successivo appello del COGNOME fu parzialmente accolto con la sentenza indicata in epigrafe.
I giudici regionali, respinte le eccezioni preliminari del contribuente, ritennero fondate le sue doglianze nel merito con esclusivo riferimento ad alcuni versamenti in contanti non tassabili, in realtà riconducibili a un precedente prelievo effettuato sul medesimo conto corrente.
Osservarono, inoltre, che il maggior reddito accertato, in quanto reddito da capitale, andava assoggettato ad imposta con l’aliquota del 12,5%.
La sentenza d’appello è stata impugnata dal contribuente con ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.
L’Amministrazione ha resistito con controricorso.
Il ricorrente ha depositato memoria in prossimità dell’udienza.
Considerato che:
Con il primo motivo è dedotta violazione dell’art. 12, comma 7, della l. n. 212/2000.
Secondo il ricorrente, i giudici d’appello avrebbero errato nel ritenere insussistente l’obbligo di redazione di un processo verbale da parte dell’Ufficio, a pena di nullità dell’atto impositivo, al termine della verifica finanziaria.
Con il secondo motivo il ricorrente si duole del mancato rilievo della nullità dell’atto impositivo in difetto di acquisizione della delega rilasciata al funzionario sottoscrittore, privo di qualifica direttiva.
Con il terzo motivo, deducendo violazione degli artt. 32 del d.P.R. n. 600/1973 e 2697 cod. civ., il ricorrente lamenta il mancato rilievo del fatto che, in relazione ad alcune sue operazioni ritenute ingiustificate, non gli era stata rilasciata la documentazione richiesta agli istituti di credito.
Con il quarto motivo il ricorrente svolge analoga censura, riferita tuttavia a diverse operazioni di prelievo e pagamento.
Anche il quinto motivo, infine, si appunta sui medesimi parametri, relativamente alla documentazione giustificativa di diverse operazioni.
L’esame dei motivi è assorbito dal preliminare rilievo di inammissibilità del ricorso, che è stato proposto tardivamente.
6.1. Invero, per quanto documentato e comunemente attestato dalle parti, la sentenza d’appello fu depositata il 30 novembre 2016; la sua impugnazione, pertanto, era soggetta al termine semestrale di cui all’art. 327, comma primo, cod. proc. civ., sicché il termine per proporre ricorso scadeva il 30 maggio 2017.
Del pari, è pacifico che al presente giudizio si applica l ‘ art. 11, comma 9, del d.l. n. 50/2017, conv. nella l. n. 96 del 2017, a mente del quale, nelle controversie soggette a definizione secondo i criteri ivi
specificati, sono sospesi per sei mesi i termini di impugnazione delle pronunce che scadano fra il 24 aprile e il 30 settembre 2017.
6.2. È su tale ultimo aspetto che le posizioni delle parti divergono. Secondo l’Amministrazione, infatti, in applicazione dell’ultima disposizione richiamata il termine per impugnare la sentenza d’appello scadeva il 30 novembre 2017; di qui l’inammissibilità del ricorso, notificato il 2 gennaio 2018.
Il ricorrente assume invece che alla sospensione semestrale prevista dalla disciplina speciale per la definizione agevolata dovrebbe aggiungersi, mediante computo ulteriore, l’ordinario periodo di sospensione feriale; ne deriverebbe lo slittamento del l’ultimo giorno utile per l’impugnazione al 31 dicembre 2017 e, poiché tale ultimo giorno cadeva di domenica ed era seguito da un ‘ ulteriore festività, la definitiva fissazione della scadenza, per l’appunto, al 2 gennaio 2018.
6.3. La tesi del ricorrente non è fondata.
Questa Corte ha da tempo affermato che la previsione di cui all’art. 11, comma 9, del d.l. n. 50/2017, che ha comportato una sospensione ope legis dei termini per impugnare per un periodo di sei mesi, comporta che quest’ultima resti tale anche laddove si sovrapponga al periodo di sospensione dei termini feriali (così, ex plurimis , Cass. n. 28398/2021; Cass. n. 17371/2021; Cass. n. 12488/2021, Cass. n. 10252/2020; Cass. n. 19587/2019).
La sospensione feriale dei termini risulta infatti già compresa nel periodo previsto dal citato art. 11, né è ipotizzabile, in assenza di espressa disposizione normativa, che in relazione allo stesso periodo di tempo si applichi una doppia sospensione.
Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi € 7.800,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un importo pari al contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 15 aprile 2025.