Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6023 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6023 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 06/03/2025
IMU 2013 -RICORSO PER CASSAZIONE TARDIVO
sul ricorso iscritto al n. 11188/2020 del ruolo generale, proposto
DA
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , NOME COGNOME rappresentata e difesa, in ragione di procura speciale e nomina poste in calce al ricorso, dall’avv. NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE).
– RICORRENTE –
CONTRO
il COMUNE DI APRILIA (codice fiscale CODICE_FISCALE, in persona del Sindaco pro tempore , NOME COGNOME rappresentato e difeso, in ragione di procura speciale e nomina
poste in calce al controricorso, dall’avv. NOME COGNOMEcodice fiscale CODICE_FISCALE.
– CONTRORICORRENTE – per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio -Sezione distaccata di Latina -n. 7498/18/2018, depositata il 29 ottobre 2018, non notificata.
LETTE le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME depositate il 12 ottobre 2024, con le quali ha chiesto di dichiarare inammissibile o di rigettare il ricorso.
UDITA la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME all’udienza camerale del 4 dicembre 2024.
FATTI DI CAUSA
Oggetto di controversia è l’avviso indicato in atti, con cui il Comune di Aprilia accertò l’omesso versamento dell’IMU relativa all’anno di imposta 2013 in relazione a varie unità immobiliari di proprietà di C.A.G.IRAGIONE_SOCIALE per l’importo complessivo di 80.606,00 €.
La Commissione tributaria regionale del Lazio -Sezione distaccata di Latina – decidendo sugli appelli riuniti proposti dalla contribuente e dall’ente territoriale, rigettò il gravame proposto dalla società ed accolse quello avanzato dal Comune.
Con riferimento all’appello avanzato da RAGIONE_SOCIALE la Commissione ritenne che:
i motivi di appello si fossero limitati a riproporre le doglianze già espresse con il ricorso principale e che l’appellante non avesse « preso conoscenza delle argomentazioni, tutte coerenti, puntuali e fondate, con le quali
il primo giudice ha rigettato le recriminazioni della società» (così nella sentenza impugnata);
-la notifica dell’avviso di accertamento al legale rappresentante della società non avesse leso il diritto di difesa della contribuente, come già correttamente ritenuto dal primo Giudice, in termini nemmeno puntualmente contestati dalla società;
corretta fosse stata la motivazione del Giudice provinciale nella parte in cui aveva escluso la perdita della titolarità del bene in ragione della sottoposizione del bene a « procedura monitoria ( rectius esecutiva) e poi a sequestro penale;
Quanto, invece all’appello proposto dal Comune, il Giudice regionale lo accolse -come anticipato – ritenendo non dovuta la riduzione del 50% della tassazione, non essendo stata fornita dalla contribuente la prova dei relativi presupposti, in ragione del fatto che non vi era stata dichiarazione di inagibilità del bene, l’immobile non abbisognava di interventi strutturali per riportarlo alla sua completa fruibilità, ai fini sanitari e di sicurezza era stati impartiti ordini di esecuzione di lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria per il ripristino delle aree esterne, aggiungendo che il sito era stato per lungo tempo utilizzato ad uso abitativo da soggetti avventizi.
RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione avverso la suindicata sentenza, con atto notificato in data 28 febbraio/2 marzo 2020, formulando cinque motivi di impugnazione
Il Comune di Aprilia resisteva con controricorso notificato il 15 giugno 2020.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso la contribuente ha lamentato, in relazione al paradigma censorio di cui all’art. 360, primo comma, num. 5, c.p.c., l’«omessa motivazione su un punto essenziale della controversia. Violazione dell’art. 14 e 59 del D.lgs. n. 546 del 1992 del principio del contraddittorio» (v. pagine nn. 5 e 7 del ricorso), ponendo in rilievo che il Giudice regionale non si era espresso sulla predetta eccezione per non essere stata chiamata in causa l’Agenzia del Territorio, litisconsorte necessario.
Con la seconda censura la società ha eccepito, con riferimento ai parametri di cui all’art. 360, primo comma, num. 3 e 5, c.p.c. la «violazione e falsa applicazione, nonchè omessa e carente motivazione su un punto essenziale della controversia. Difetto di motivazione: violazione degli artt. 3 della Legge n. 241/1990 e 7 della Legge n. 12 in relazione all’art. 5 del D.Lgs. n. 504 del 1992» (v. pagine nn. 6 ed 8 del ricorso), contestando alla Commissione territoriale di aver omesso di pronunciarsi sul motivo di gravame concernente il difetto di motivazione dell’avviso impugnato, carente per il fatto di essersi limitato solo ad indicare il valore dei beni, senza fornire i dati catastali e le rendite, né come esse si fossero formate, rendendo così non comprensibile la determinazione della base imponibile, i coefficienti applicati e senza allegare le risultanze catastali presenti presso l’Agenzia del Territorio.
Con la terza doglianza la società ha denunciato la «violazione e falsa applicazione, nonchè omessa e carente motivazione su un punto essenziale della controversia. Violazione falsa applicazione degli artt. 1 e 3 del D.Lgs. n. 504 del 1992 e del Regolamento Comunale per l’applicazione dell’Imposta Comunale sugli Immobili » (v. pagine nn. 6 e
13 del ricorso), rappresentando di non aver avuto il possesso del bene in quanto prima sottoposto a procedura esecutiva immobiliare, con nomina del custode giudiziario, e poi a sequestro penale.
Con la quarta ragione di contestazione la ricorrente ha dedotto, in base ai canoni censori di cui all’art. 360, primo comma, num. 3 e 5, c.p.c., la «violazione e falsa applicazione, nonchè omessa e carente motivazione su un punto essenziale della controversia. Violazione falsa applicazione dell’art. 5 del D.Lgs. n. 504 del 1992 e del Regolamento Comunale per l’applicazione dell’Imposta Comunale sugli Immobili » (v. pagine nn. 6, 7 e 16 del ricorso), duolendosi della non corrispondenza del valore catastale assegnato al bene, censito in categoria D01, al valore commerciale e nemmeno a quello contabile.
Con il quinto motivo di impugnazione la società s’è doluta, a mente dell’art. 360, primo comma, num. 3 c.p.c., della violazione dell’art. 8 d.lgs. n. 504/1992, assumendo che, contrariamente alla valutazione del Giudice regionale, « i beni sono stati rilevati dallo stesso Comune in stato di abbandono, dunque inagibili» (v. pagina n. 19 del ricorso).
Il ricorso va dichiarato inammissibile in quanto tardivamente notificato, come eccepito dalla difesa del Comune.
La sentenza impugnata, difatti, veniva pubblicata in data 29 ottobre 2018, mentre il ricorso in esame veniva spedito per la notifica il 28 febbraio 2020, vale a dire dopo un anno, quattro mesi e due giorni, ben oltre, quindi, il termine lungo di sei previsto dall’art. 327 c.p.c.
6.1. L’art. 6, comma 11, d.l. n. 119/2018 ha stabilito che «Per le controversie definibili sono sospesi per nove mesi i termini di impugnazione, anche incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione, nonchè per la proposizione del controricorso in Cassazione che scadono tra la data di entrata in vigore del presente decreto (ndr. 24 ottobre 2018) e il 31 luglio 2019».
L’art. 6, comma 16, d.l. n. 119/2018 ha, poi, previsto che gli enti territoriali, quindi anche i Comuni, possono prevedere (entro il 31 marzo 2019, che cadeva di domenica, e dunque entro il 1° aprile 2019) l’applicazione delle disposizioni dettate dal citato articolo alle controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui essi sono parte, con ciò consentendo la definizione della lite, a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione.
6.2. La ricorrente ha proposto il ricorso il 28 febbraio 2020 senza allegare e dimostrare che il Comune di Aprilia avesse adottato la procedura di definizione agevolata della lite contemplata dall’art. 6 d.l. n. 119/2018.
Si tratta questo di onere che deve ritenersi posto a carico del contribuente, che intende beneficiare della sospensione ope legis prevista dalla suddetta disposizione e, dunque, del più lungo termine di impugnazione, condizionato alla determinazione comunale, ponendosi la suddetta circostanza come fatto costitutivo del diritto alla sospensione in relazione a controversie che coinvolgono enti territoriali e per le quali, diversamente da quanto accade per le liti tributarie in cui è parte l’Agenzia delle Entrate, non opera il congegno dell’automatica sospensione del predetto termine, non dovendo, in tali ultimi casi, essere adottata alcuna delibera.
La facoltà di avvalersi della disciplina sulla sospensione dei termini di impugnazione è, invece, nel caso che occupa, strettamente collegata ad un espresso recepimento in apposito regolamento da parte dell’ente territoriale della procedura di definizione agevolata, la cui adozione deve essere specificamente allegata (e documentata) dalla parte interessata ad avvalersene, non operando, con riguardo alle norme secondarie, il principio iura novit curia e non rientrando, pertanto, la conoscenza dei regolamenti comunali tra i doveri del giudice, che, solo ove disponga di poteri istruttori, può acquisirne diretta conoscenza, indipendentemente dall’attività svolta dalle parti (cfr., tra le tante: Cass., Sez. V, 24 gennaio 2022, n. 1951; Cass., Sez. T., 25 gennaio 2024, nn. 2275 e 2422).
6.3. Non sfugge al collegio che la suindicata sospensione operi automaticamente nel senso che si applica a prescindere dal concreto intento della parte privata di avvalersi della procedura di definizione agevolata, trattandosi di una forma di sospensione ope legis (v. Cass. n. 33069/2022, che richiama Cass. n. 30397/2021; CASS 11913/2019 e Cass. n. 11531/2016).
Ciò, però, significa che non vi è margine di valutazione sulla sua operabilità per le liti definibili, ma ciò non esclude che, per usufruire del beneficio della sospensione dei termini di impugnazione, debba essere allegato e dimostrato, da chi intende usufruirne, il presupposto costitutivo della sua applicazione, vale a dire l’adesione del Comune al predetto modello procedurale di definizione della lite per la dirimente considerazione che per gli enti territoriali non opera la generale definibilità delle controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate,
aventi ad oggetto atti impositivi, pendenti in ogni stato e grado del giudizio.
6.4. Va, dunque, affermato il seguente principio di diritto: «il contribuente che intenda avvalersi della sospensione dall’art. 6, comma 11, d.l. n. 119/2018 del termine di impugnazione della pronuncia giurisdizionale avente ad oggetto una lite definibile, pendente con l’ente territoriale o un suo ente strumentale, ha l’onere di allegare e dimostrare, per non incorrere nella sanzione di inammissibilità del ricorso per sua tardività, l’intervenuta adozione da parte dell’ente territoriale della delibera con la quale è stata disciplinata la procedura di definizione agevolata relativamente alle controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte il medesimo ente o un suo ente strumentale».
6.5. Val poi la pena evidenziare come da altro precedente di questa Corte risulti che il Comune di Aprilia non abbia deliberato di avvalersi della procedura di cui al d.l. 119/2018 (cfr. Cass. n. 28470/2019), il che vale a confermare, per le ragioni innanzi dette, la valutazione della tardività del ricorso e, di conseguenza, la sua inammissibilità, con valore, ovviamente, assorbente rispetto all’esame dei motivi di impugnazione.
Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza.
Ricorrono, infine, i presupposti di cui all’art 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte della ricorrente di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per la proposizione del ricorso.
P.Q.M.
la Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in favore del Comune di Aprilia nella misura di 5.800,00 € per competenze, oltre accessori ed al pagamento della somma di 200,00 € per esborsi.
Dà atto che ricorrono i presupposti di cui all’art 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte del ricorrente di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per la proposizione del ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4 dicembre