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Sospensione termini impugnazione: onere della prova

Una società propone ricorso in Cassazione contro una sentenza in materia di IMU, notificandolo oltre il termine di sei mesi. La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile per tardività. La motivazione si fonda sul fatto che la sospensione termini impugnazione, prevista da una norma speciale per la definizione agevolata delle liti, non era automatica per le controversie con gli enti locali. Spettava al ricorrente, quale onere della prova, dimostrare l’adesione del Comune alla procedura, cosa che non è avvenuta.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Sospensione Termini Impugnazione: L’Onere della Prova sul Contribuente

Nel complesso mondo del contenzioso tributario, il rispetto dei termini è un pilastro fondamentale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto cruciale riguardo la sospensione termini impugnazione nelle liti con gli enti locali, stabilendo che non si tratta di un beneficio automatico e che l’onere di provarne i presupposti ricade interamente sul contribuente.

I Fatti del Caso

Una società si vedeva recapitare un avviso di accertamento per omesso versamento dell’IMU relativo all’anno 2013 da parte di un Comune. Dopo un complesso iter giudiziario nei gradi di merito, la società decideva di ricorrere in Cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale.

Tuttavia, il ricorso veniva notificato ben oltre il termine ‘lungo’ di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza. La società, per giustificare il ritardo, invocava la speciale sospensione dei termini processuali introdotta dall’art. 6 del D.L. n. 119/2018, una norma che consentiva la definizione agevolata delle liti pendenti.

La Questione della Sospensione Termini Impugnazione con gli Enti Locali

Il cuore della controversia non verteva sul merito della pretesa tributaria, ma su una questione puramente procedurale: la sospensione termini impugnazione era applicabile in automatico anche alle liti con i Comuni? Secondo la difesa della società, la norma doveva intendersi come una sospensione ope legis, ovvero operante per il solo fatto che la legge la prevedeva, a prescindere da atti specifici dell’ente locale.

La difesa del Comune, al contrario, eccepiva la tardività del ricorso, sostenendo che tale sospensione fosse condizionata a una scelta discrezionale dell’ente territoriale, che doveva essere formalizzata con un’apposita delibera.

L’Onere della Prova come Elemento Decisivo

La Corte di Cassazione, nel risolvere la questione, ha dato piena ragione al Comune. Ha stabilito un principio di diritto chiaro e rigoroso, distinguendo nettamente tra le liti in cui è parte l’Agenzia delle Entrate e quelle che coinvolgono gli enti territoriali.

Le Motivazioni della Suprema Corte

I Giudici hanno chiarito che, mentre per le controversie con le agenzie fiscali nazionali la sospensione dei termini era automatica, per quelle con Comuni, Province e Regioni la situazione era differente. L’art. 6, comma 16, del D.L. 119/2018 prevedeva che gli enti territoriali ‘possono’ disporre l’applicazione di tali procedure. L’uso del verbo ‘potere’ indica una facoltà, non un obbligo.

Di conseguenza, la sospensione dei termini non era un effetto automatico della legge, ma era subordinata alla specifica decisione del Comune di aderire alla procedura di definizione agevolata. Tale decisione doveva essere manifestata attraverso un atto formale, come un regolamento o una delibera.

La Corte ha quindi affermato che l’adesione del Comune a tale procedura costituisce il ‘fatto costitutivo’ del diritto alla sospensione. In base al principio generale dell’onere della prova, spetta a chi intende beneficiare di un diritto (in questo caso, il contribuente che invoca la sospensione) allegare e dimostrare l’esistenza del fatto che ne è il fondamento. La società ricorrente, non avendo prodotto in giudizio la delibera comunale di adesione, non ha assolto a tale onere. Pertanto, la sospensione non poteva essere applicata e il ricorso, notificato oltre i sei mesi, è stato correttamente giudicato tardivo e, di conseguenza, inammissibile.

Le Conclusioni

La pronuncia in esame offre un importante monito per contribuenti e professionisti. Quando si invoca un beneficio procedurale, come la sospensione dei termini, in una lite contro un ente locale, non si può dare per scontata la sua applicabilità. È indispensabile verificare se l’ente abbia effettivamente adottato gli atti necessari per rendere operativa la norma e, in sede di giudizio, è fondamentale essere pronti a fornire la prova documentale di tale adozione. La negligenza su questo punto procedurale può avere conseguenze fatali, come in questo caso, precludendo l’esame nel merito delle proprie ragioni e determinando la definitiva soccombenza.

La sospensione dei termini di impugnazione prevista dal d.l. 119/2018 era automatica per le liti con i Comuni?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la sospensione non era automatica. Era condizionata all’adozione di una specifica delibera da parte dell’ente territoriale con la quale si decideva di aderire alla procedura di definizione agevolata delle liti.

Su chi ricade l’onere di dimostrare che un Comune ha aderito a una procedura di definizione agevolata delle liti?
L’onere ricade sul contribuente che intende beneficiare della sospensione dei termini. È il contribuente che deve allegare e dimostrare in giudizio l’avvenuta adozione della delibera da parte dell’ente territoriale, poiché questo è il fatto costitutivo del suo diritto alla sospensione.

Qual è la conseguenza se un ricorso per cassazione viene notificato oltre il termine di sei mesi senza una valida causa di sospensione?
La conseguenza è la dichiarazione di inammissibilità del ricorso per tardività. Questo significa che la Corte non entra nel merito della questione, ma si ferma a una valutazione preliminare di carattere procedurale, e la sentenza impugnata diventa definitiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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